I metalmeccanici turchi si ribellano alla povertà e al sindacato

di NURAN GÜLENÇ → Turco Nel settore metalmeccanico, una delle locomotive del paese, all’interno delle grandi fabbriche del settore automobilistico, i lavoratori turchi hanno iniziato uno sciopero che ha attirato l’attenzione della stampa internazionale. La protesta, partita dalla fabbrica della Renault, ha rapidamente contagiato altre fabbriche del settore. Le due richieste dei lavoratori sono centrali nell’attuale panorama lavorativo turco: l’aumento dei salari e la fine del monopolio del Sindacato metalmeccanico turco (Türk Metal Sendikası) in modo che i lavoratori possano scegliersi direttamente i loro rappresentanti. Il movimento di protesta si è propagato ad altre fabbriche nelle quali era presente […]
Condividi:

di NURAN GÜLENÇ

Sciopero TurchiaTurco

Nel settore metalmeccanico, una delle locomotive del paese, all’interno delle grandi fabbriche del settore automobilistico, i lavoratori turchi hanno iniziato uno sciopero che ha attirato l’attenzione della stampa internazionale. La protesta, partita dalla fabbrica della Renault, ha rapidamente contagiato altre fabbriche del settore. Le due richieste dei lavoratori sono centrali nell’attuale panorama lavorativo turco: l’aumento dei salari e la fine del monopolio del Sindacato metalmeccanico turco (Türk Metal Sendikası) in modo che i lavoratori possano scegliersi direttamente i loro rappresentanti. Il movimento di protesta si è propagato ad altre fabbriche nelle quali era presente il Türk Metal Sendikası e al cui interno sono state presentate le prime dimissioni.

Per comprendere le ragioni dei lavoratori che protestano contro il Türk Metal Sendikası è necessario guardare alla normativa in vigore e alla missione stessa del sindacato. Nel settore metalmeccanico, che occupa 1,5 milioni di persone, il Türk Metal Sendikası, con i suoi 177.125 membri è la principale organizzazione sindacale, seguito dal Çelik-Iş collegato alla confederazione Hak-Iş e vicino al partito AKP, con 28.823 membri, e dal Birleşik Metal-Iş collegato alla DISK (Confederazione dei sindacati rivoluzionari), con 25.595 membri, solitamente considerato più a sinistra. Il Türk Metal Sendikası è anche il più importante sindacato della Confederazione turca Türk-Iş.

Fino al 1980 il Türk Metal Sendikası era un piccolo sindacato che però nella sua lotta contro il sindacato Türkiye Maden-Iş Sendikasi, collegato alla DISK, poteva contare sull’appoggio del più potente datore di lavoro in Turchia, il MESS (Türkiye Metal Sanayicileri Sendikasi, la federmeccanica turca). In seguito al colpo di stato del 12 settembre 1980 il Türk Metal Sendikası si è rafforzato anche perché la DISK e i sindacati a essa collegati sono stati messi fuori legge e i lavoratori sono stati costretti su pressione e indicazione dei datori di lavoro ad aderire al Türk Metal Sendikası. Dopo il ritorno alla democrazia parlamentare, grazie al sostegno dei datori di lavoro e del governo, il Türk Metal Sendikası è cresciuto e ha acquisito un enorme potere finanziario. Inoltre i datori di lavoro hanno usato il Türk Metal Sendikası per ostacolare l’organizzazione di altri sindacati, in particolar modo Birleşik Metal-Iş.

I metalmeccanici si ribellano

La pressione e i turni di lavoro dei lavoratori metalmeccanici sono diventati sempre più pesanti, mentre i loro standard di vita sono peggiorati. Il sindacato non ha fatto alcuno sforzo per migliorare queste condizioni. Il 15 dicembre 2014 il Türk Metal Sendikası e il MESS hanno firmato un accordo che coinvolgeva circa 100 mila operai: esso prevedeva modesti aumenti salariali e un prolungamento della durata del contratto collettivo da 2 a 3 anni. Man mano che la pressione da parte del sindacato aumentava, anche la determinazione dei lavoratori prendeva forza. Il 13 aprile 2015, lo stesso sindacato sotto la spinta operaia ha così firmato un accordo con la Bosch che migliorava le condizioni di lavoro, innescando involontariamente anche gli scioperi.

Dopo l’accordo alla Bosch, i 4500 operai della Renault hanno chiesto alla direzione un contratto analogo, ma l’unico risultato immediato è stato il licenziamento dei 14 operai più attivi nelle proteste. I lavoratori hanno quindi iniziato uno sciopero perché i colleghi licenziati venissero reintegrati. I dirigenti della Renault, dopo aver prontamente reintegrato gli operai licenziati, hanno chiesto 15 giorni di tempo per valutare la richiesta di aumento salariale, ponendo fine alla protesta. Prima ancora che i 15 giorni terminassero, però, la direzione ha fatto sapere che non ci sarebbe stato alcun aumento, provocando così l’immediata reazione operaia: nella notte del 14 maggio gli operai alla fine del turno di lavoro sono rimasti in fabbrica e hanno iniziato la protesta. Gli operai dei turni successivi si sono poi uniti ai primi.

I lavoratori hanno chiesto una revisione dell’accordo collettivo, l’allontanamento del Türk Metal Sendikası, la possibilità di scegliere i propri rappresentanti sindacali e la garanzia che nessun lavoratore venisse licenziato per aver aderito alla protesta. Le conseguenze sono state del tutto inaspettate perché a Bursa, nelle fabbriche in cui è presente il Türk Metal Sendikası quali la Tofas (Fiat), la Çoşkonuz, la Mako e l’Otoritim, è dilagata la protesta. Nel giro di una settimana gli scioperi si sono propagati in altre province. Si è passati così all’azione a Kocaeli, presso la Ford Otosan, e ad Ankara, presso la Türk Traktorler. A queste iniziative sono presto seguite quelle dei lavoratori della Ford di Eskişehir e della Arçelik di Gebze. In poco tempo, 14.000 operai hanno aderito agli scioperi. Al momento in molte fabbriche in cui è presente il Türk Metal Sendikası continuano le proteste e molti membri e rappresentanti del sindacato stanno presentando le dimissioni.

Le proteste non si sono ancora placate e i colloqui fra i lavoratori e i datori di lavoro vengono portati avanti dai rappresentanti degli operai scelti in modo indipendente. Intanto, dopo aver raggiunto un accordo, il 25 maggio, sono tornati al lavoro gli operai delle fabbriche di Tofaş, Otoritim, Coşkonuz e Mako. Nella fabbrica della Renault, dove la protesta aveva avuto inizio, i colloqui sono terminati e un accordo è stato siglato il 27 maggio. Gli accordi stipulati prevedono la garanzia che gli operai che hanno aderito alla protesta non verranno licenziati, la promessa di rispettare il diritto da parte dei lavoratori di scegliere i propri rappresentanti, la libertà di scelta del sindacato a cui aderire, il pagamento di un bonus allo scopo di migliorare il livello di vita operaio e l’avvio di una trattativa per l’aumento dei salari. Nelle altre province le proteste continuano.

Dall’inizio della protesta i lavoratori che si ribellavano al Türk Metal Sendikası non sono stati appoggiati da nessun rappresentante degli altri sindacati del settore. D’ora in avanti, hanno spiegato, decideranno in modo autonomo la propria sorte. Per comprendere questa presa di posizione bisogna guardare ai movimenti sindacali in Turchia.

La protesta dei lavoratori ha superato i sindacati

Nei comportamenti delle organizzazioni sindacali turche si riflettono dilemmi derivanti sia dalla legge sia dalle tradizioni. Nel 2012 la norma sui contratti collettivi, in quanto figlia del golpe militare del 1980, è stata modificata. Peccato che questa nuova norma ponga forti limiti sia alla libertà di organizzazione sindacale sia al diritto di sciopero. Sotto la pressione del governo dell’AKP la struttura democratica interna ad alcune organizzazioni sindacali si è ulteriormente indebolita. Messe da parte le richieste dei lavoratori, essi si sono trasformati in pesanti e passivi mostri burocratici. Invece che difendere i diritti dei lavoratori e portarne avanti le richieste sono diventati degli strumenti per controllare le attività dei lavoratori stessi e limitare gli effetti delle loro azioni.

Di fronte agli attacchi e alle pratiche arbitrarie del governo nei confronti dei diritti dei lavoratori, le organizzazioni sindacali non sono riuscite a opporre alcun tipo di resistenza. Il culmine di queste pratiche arbitrarie si è raggiunto con la decisione del consiglio dei ministri di sospendere sistematicamente gli scioperi dopo la loro proclamazione, come è successo nel gennaio 2015.

La sospensione degli scioperi, che il governo può proclamare quando ritenga che essi compromettono la salute pubblica o la sicurezza nazionale, si è di fatto rivelata come un divieto di scioperare. D’altra parte, nel febbraio 2015 anche il più combattivo sindacato, il Birleşik Metal-Iş Sendikası, dopo aver annunciato uno sciopero per cercare di sbloccare la trattativa per il rinnovo del contratto collettivo con il MESS, lo ha annullato.

Le proteste, le conquiste, il coraggio, la determinazione dei metalmeccanici possono costituire una svolta nella storia dei rapporti tra operai e sindacato, in particolare per le loro capacità di organizzazione attraverso i comitati sui luoghi di lavoro. Le proteste della base operaia contro organizzazioni sindacali sempre più autoritarie e scarsamente democratiche, che non concedono ai lavoratori nemmeno la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, costituisce un passaggio cruciale. Gli operai ricordano a sindacati sempre più passivi che lo sciopero è un diritto inalienabile e garantito dalla legge. In Turchia queste proteste rappresentano un punto di rottura rispetto a precedenti movimenti, dove le uniche discussioni riguardavano la legalità o meno dei movimenti stessi. Ora, dopo tanti sforzi, i metalmeccanici turchi decideranno come organizzarsi. Ma già da ora le proteste hanno suscitato nuove speranze ed emozioni in tutti gli operai, che sono sempre più costretti a condizioni di vita ai limiti della povertà e messi in un angolo sia dai datori di lavoro sia dai sindacati.

Intanto le dimissioni dal Türk Metal Sendikası continuano, seppure nel silenzio assordante dei vertici sindacali. Alla Ford Otosan a Kocaeli e a Eskişehir le azioni di protesta non si fermano, mentre alla Tofas (Fiat) i lavoratori vengono spinti ad aderire al sindacato più conservatore, il Çelik-Iş. Sotto il cielo turco regna la confusione e quotidianamente dalle fabbriche giungono notizie diverse e contradditorie. Forse la risposta migliore potrebbe essere la creazione di un sindacato che risponda alle esigenze operaie.

Download this article as an e-book

[tratto da http://www.connessioniprecarie.org]

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.