Il salvataggio della Franco Tosi Meccanica passa attraverso il taglio del salario e dei diritti.

Redazione di O.C. Sono 350 tra operai e impiegati della Franco Tosi Meccanica di Legnano in attesa di sapere quale sarà il loro futuro, dopo che la proprietà dell’azienda, la società Indiana Gammon Group, proprietaria della fabbrica dal 2009, ha posto la società in amministrazione straordinaria nel luglio del 2013. La sezione fallimentare del tribunale di Milano ha così assegnato al commissario straordinario il compito di trovare dei compratori disposti a rilevare l’azienda applicando l’ex articolo 47 legge n.428/90 (cessione di ramo d’azienda) e conseguentemente l’assunzione di tutti i lavoratori. Dopo diverse proroghe dovute alla difficoltà di reperire uno […]
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Redazione di O.C.

Sono 350 tra operai e impiegati della Franco Tosi Meccanica di Legnano in attesa di sapere quale sarà il loro futuro, dopo che la proprietà dell’azienda, la società Indiana Gammon Group, proprietaria della fabbrica dal 2009, ha posto la società in amministrazione straordinaria nel luglio del 2013.

La sezione fallimentare del tribunale di Milano ha così assegnato al commissario straordinario il compito di trovare dei compratori disposti a rilevare l’azienda applicando l’ex articolo 47 legge n.428/90 (cessione di ramo d’azienda) e conseguentemente l’assunzione di tutti i lavoratori.

Dopo diverse proroghe dovute alla difficoltà di reperire uno o più compratori il commissario straordinario ha individuato in quattro le società cui cedere, oltre la proprietà azionaria della Franco Tosi anche un “pacchetto” di nuove commesse che la stessa Franco Tosi aveva nel proprio portafoglio ordini. Commesse per la costruzione di impianti per la produzione di energia elettrica in Nicaragua, Messico e Iran.

Le quattro aziende in corsa erano: TMP termo meccanica di La Spezia, De Pretto Industria di Schio (Vicenza), la Patel Engineering di Mumbai (India) e la Presezzi Bruno s.p.a. di Burago Molgora (Milano). Di queste, dopo che le due società di La Spezia e di Schio avevano gettato la spugna facendo offerte non adeguate alla vendita o pensando di non acquisire la fabbrica ma solo di affittarla (la TMP), spinte probabilmente dal proposito di acquisire più le commesse che la fabbrica, sono rimaste in gare la Presezzi e la Patel, presentando al mise (ministero dello sviluppo economico) la loro offerta di acquisto.

Il mise nel mese di novembre dopo aver tagliato fuori la TMP ha escluso dalla procedura di vendita anche la Patel giustificando il fatto che nella proposta di acquisto “risultava mancante di alcuni documenti tra cui la fideiussione bancaria”. Non si sa bene se effettivamente il mise ha agito solo per interesse legato alla procedura burocratica oppure per tutelare gli interessi del capitalismo nazionale, fatto sta che in questo iter burocratico per vendere la Franco Tosi in lizza è rimasto solo la Bruno Presezzi SPA, e il commissario straordinario ha chiesto al mise di dare l’autorizzazione all’accettazione dell’offerta in data 06/03/2015 e il mise ha dato l’approvazione ad avviare la procedure di consultazione con Fim Fiom e Uilm.

La Bruno Presezzi s.p.a. ha da subito rivelato il suo vero volto di “padrone delle ferriere”, infatti nell’accordo che intendeva sottoscrivere con il sindacato, i lavoratori che venivano assunti subito (su un totale di 350) sarebbero stati 170, ma per farsi assumere dovevano subito firmare una lettera di licenziamento, in barba alla norma di legge che garantisce la continuità del rapporto di lavoro ex art. 47, oltre che finire in cassa integrazione sino al 31 dicembre 2015, per poi essere collocati in mobilità, da dove a secondo delle esigenze padronali sarebbero stati ripescati per essere assunti con le nuove normative introdotte dal governo Renzi (job acts) . Per i restanti lavoratori (esclusi quelli che sarebbero stati trasferiti alla Presezzi spa e di altri 16 lavoratori il cui destino sarebbe legato alla procedura di mobilità da subito) la loro sorte sarebbe stata quella di essere collocati in cassa integrazione sino al dicembre del 2015 e poi licenziati e trasferiti in mobilità, con la solita fandonia di essere ricollocati in aziende esterne sia alla Franco Tosi che alla Presezzi. Questo è il piano che la Presezzi ha presentato passando come salvatore della patria, ma forse il loro unico e reale interesse è quello di impadronirsi del pacchetto ordini già acquisiti dalla Franco Tosi oltre che disporre di mano d’opera da utilizzare a loro piacimento.

Gli operai si sono resi subito conto del pericolo che avrebbero corso se fosse passato l’accordo, infatti il 21 aprile, riuniti in assemblea hanno rifiutato e respinto l’intesa con 122 voti contrari, con buona pace di Fim e Uilm favorevoli alla firma del patto sindacale, e della fiom che, come Ponzio Pilato, ha scaricato la responsabilità sugli operai. Con una nota del 28 aprile infatti la fiom ha fatto sapere che: “Non siamo noi ad aver respinto l’ipotesi d’accordo separato ma i lavoratori della Tosi esprimendosi attraverso il referendum.” nota sibillina ,che fa intendere che sono stati i “lavoratori” ad assumersi la responsabilità del mancato accordo. Al posto di sostenere gli operai più determinati a non farsi sottomettere, come al solito ha preferito assumere una posizione ambigua per non compromettersi troppo davanti al padrone.

A distanza di 25 giorni la trattativa è ancora ferma, la Presezzi ha riconfermato l’impianto dell’accordo : «costituisce un punto fermo», Fim e Uilm come già all’inizio della trattativa sono disposti a firmare qualsiasi cosa gli passi sotto il naso, mentre la Fiom con un commento nel comunicato del 11/05/2015 afferma quanto segue: ”A fronte di una indisponibilità a modificare tale testo si considera essenziale un chiaro e preciso impegno vincolante, quale parte integrante dell’accordo, al fine di escludere il ricorso ai licenziamenti collettivi e/o per giustificato motivo oggettivo ed economici per tutta la durata quinquennale del piano industriale.”

Come al solito gli operai sono da soli a lottare per i propri interessi, abbandonati da tutti, senza che nessuno faccia una seria critica al fatto che l’accordo mette in discussione il salario e i diritti acquisiti nel tempo, il salvataggio della fabbrica è per loro solo il salvataggio del proprio salario. Per tutti la società civile (giornalisti, sindacalisti, commercianti e piccola borghesia della zona) l’importante è non disturbare il padrone nei suoi interessi fondamentali, fare profitti , così se riparte la fabbrica forse qualche briciola può cadere nelle loro tasche.

Per gli operai della Tosi che hanno respinto l’accordo la solidarietà di altri operai che sostengano la loro caparbietà a non farsi piegare è importante e solo così, facendoli sentire meno soli, dando loro un appoggio morale e materiale potranno ancora resistere alla boria dei padroni e delle classi superiori che vogliono piegarli ad ogni costo.

C.D. operaio di Milano

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