BLOCCO NAVALE PER STERMINARE UN MILIONE DI IMMIGRATI

Redazione di Operai Contro, i padroni occidentali con in testa l’Italia stanno preparando un blocco navale delle coste libiche per sterminare un milione di immigrati I padroni occidentali non sono contenti: malgrado la strage nel mediterraneo qualche immigrato riusciva ad arrivare in Europa. Hanno deciso di preparare un blocco navale per sterminare gli immigrati Questo è un crimine contro l’umanità, ma nessun maiale di giornalista oserà denunciarlo Solo gli operai possono far sentire la loro lotta contro questo crimine Operai aiutateci Un senegalese Dal Corriere «C’è una misura che l’Unione Europea può prendere subito: presidiare in forze il mare […]
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Redazione di Operai Contro,

i padroni occidentali con in testa l’Italia stanno preparando un blocco navale delle coste libiche per sterminare un milione di immigrati

I padroni occidentali non sono contenti: malgrado la strage nel mediterraneo qualche immigrato riusciva ad arrivare in Europa. Hanno deciso di preparare un blocco navale per sterminare gli immigrati

Questo è un crimine contro l’umanità, ma nessun maiale di giornalista oserà denunciarlo

Solo gli operai possono far sentire la loro lotta contro questo crimine

Operai aiutateci

Un senegalese

Dal Corriere

«C’è una misura che l’Unione Europea può prendere subito: presidiare in forze il mare davanti alla Libia. L’Italia non può farlo da sola, ha bisogno di aiuto. Sono certo che il Consiglio di sicurezza dell’Onu appoggerebbe l’iniziativa». Sono parole di Bernardino León, l’inviato delle Nazioni Unite che media tra le fazioni libiche per spingerle a formare un governo di unità nazionale, con l’obiettivo di arginare l’espansione dell’Isis nel Paese. Intanto Frontex, l’Agenzia europea che si occupa degli sbarchi di migranti sulle coste europee, lancia l’allarme: in Libia un milione di disperati sono pronti a varcare il Mediterraneo. Il ministro degli Esteri Gentiloni: no a inutili allarmismi. La diplomazia internazionale sta tentando forse l’ultima mediazione sulla Libia. Il dossier è nelle mani dell’inviato delle Nazioni Unite, lo spagnolo Bernardino León, 50 anni, già segretario generale del premier socialista José Luis Zapatero. «Ma c’è una misura che l’Unione Europea può prendere subito: presidiare in forze il mare davanti alla Libia. L’Italia non può farlo da sola, ha bisogno di aiuto. Sono certo che il Consiglio di sicurezza dell’Onu appoggerebbe questa iniziativa». Da due giorni León guida il vertice tra le fazioni libiche, ospite del governo marocchino nel Centro congressi Mohammed VI, a Rabat. Obiettivo principale: un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale.

Finora a Rabat le fazioni contrapposte di Tripoli e di Tobruk non si sono neanche incontrate direttamente. C’è almeno un punto condiviso da tutti?
«Intanto fin dall’inizio hanno concordato di mettere in agenda i temi più brucianti. Sono consapevoli che i libici devono smettere di uccidersi gli uni con gli altri. Naturalmente questa è la premessa fondamentale per riprendere il dialogo sulla necessità di formare un esecutivo di unità nazionale e di riavviare il processo costituzionale. Fin qui abbiamo discusso su un testo che possa garantire la sicurezza nel Paese, mettendo fine agli scontri. Poi abbiamo affrontato il problema del governo. Dopodiché arriverà la parte probabilmente più difficile, quella sui nomi, su chi dovrà guidare questa fase. Comunque colgo un clima di moderato ottimismo».

D’accordo la diplomazia. Ma questi leader rifiutano persino di sedersi intorno allo stesso tavolo…
«Sono convinto che a lungo andare questo dialogo indiretto porterà tutte le parti a sedersi intorno allo stesso tavolo. Dobbiamo pazientare anche perché sul terreno ci sono ancora uccisioni e combattimenti. Se poi aggiungiamo che la scorsa settimana c’è stato l’attacco terroristico più sanguinoso con quaranta morti, possiamo capire perché ci sia ancora molta emotività».

Quanto pesa la minaccia dello Stato islamico sull’atteggiamento dei libici?
«Molto. Nei precedenti vertici c’era preoccupazione, ma ora la minaccia viene percepita in modo sempre più pressante. Se c’è un punto su cui tutti sono d’accordo, è proprio questo: l’Isis è il nemico comune».

Da quello che si è capito a Rabat, sono tutti d’accordo anche su un altro aspetto: no a qualsiasi intervento militare straniero. Corretto?
«È così. Senza un accordo preliminare tra le parti, sarebbe poco realistico pensare a un qualsiasi tipo di intervento militare esterno, compresa una missione di peacekeeping. Noi stiamo lavorando a un’altra ipotesi: organizzare missioni di polizia con alto contenuto di specializzazione da schierare in diverse aree molto pericolose. Penso alle montagne nella zona di Nafusa, alla costa occidentale intorno a Zawiya, a Bengasi. Si potrebbe trovare un’intesa con il futuro governo libico di unità nazionale per interventi circoscritti».

In Italia si discute sulla possibilità di sorvegliare le coste della Libia con un presidio navale per filtrare immigrazione e bloccare le minacce dell’Isis. Che ne pensa?
«Nel breve periodo sarebbe importante sorvegliare la costa libica, ma nel medio e lungo termine bisogna costruire un sistema più completo.
Dobbiamo lavorare con i vicini della Libia, ma anche all’interno del Paese, ovunque ci siano reti mafiosi e criminali che trafficano in esseri umani, in armi o altro. Abbiamo maturato sufficiente esperienza in casi analoghi».

Ma per cominciare lei sarebbe favorevole a un blocco navale o a misure di protezione in mare…
«Sì, ripeto, sono favorevole. Anzi in questo momento è l’unica cosa che si possa fare concretamente: ce n’è bisogno. A patto che si tenga presente, e questo è molto importante, che l’intervento da solo non risolve il problema. Inoltre occorre sempre ricordare che il business dell’immigrazione non è collegato con il terrorismo o il traffico d’armi».

L’Italia può farlo da sola? «Credo che avrebbe bisogno del sostegno dell’Unione Europea».

Con l’autorizzazione dell’Onu? «Più si passa dall’Onu, meglio è per tutti. Non penso che ci sarebbe alcun problema a ottenere il sostegno da parte del Consiglio di sicurezza. Nel Palazzo di vetro è diffusa la consapevolezza che l’Italia si trovi a fronteggiare un compito molto pesante».

Anche per questo Andrea Riccardi, ex ministro e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ha proposto sul «Corriere» di rafforzare la sua missione, affiancandole Romano Prodi. Che cosa ne pensa?
«Ho seguito la discussione. Intanto il mio mandato scade la prossima estate e non so che cosa decideranno il Consiglio di sicurezza e gli Stati membri delle Nazioni Unite. Posso solo dire che tutte le volte che ho parlato con il governo italiano ho ricevuto pieno sostegno e l’incoraggiamento a continuare su questa strada…».

Prodi?
«Nello stesso tempo penso che Romano Prodi sia un politico molto intelligente e una personalità importante sul piano internazionale. Quindi qualsiasi cosa faccia o proponga per noi andrebbe benissimo. Del resto ci sono tante personalità internazionali che stanno lavorando sul dossier Libia».

 

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