llva, protesta indotto quaranta tir in marcia Raggiunto il Municipio

dalla gazzetta del mezzogiorno L’indotto Ilva ribolle e la marcia dei tir, che oggi hanno paralizzato il traffico a Taranto e ad Alessandria, inasprisce la protesta per i crediti vantati nei confronti del Siderurgico e non onorati da ormai sette mesi. Gli autotrasportatori, al pari degli altri lavoratori dell’appalto, patiscono la fame e non sono più disposti ad aspettare. Il governo chiede tempo, ma sotto l’ombrello degli emendamenti al decreto non c’è riparo. I camionisti non sono disposti ad attendere la conversione in legge dell’ultimo provvedimento governativo che ha immesso l’Ilva in amministrazione controllata. Avanzano 15 milioni di euro […]
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dalla gazzetta del mezzogiorno

L’indotto Ilva ribolle e la marcia dei tir, che oggi hanno paralizzato il traffico a Taranto e ad Alessandria, inasprisce la protesta per i crediti vantati nei confronti del Siderurgico e non onorati da ormai sette mesi. Gli autotrasportatori, al pari degli altri lavoratori dell’appalto, patiscono la fame e non sono più disposti ad aspettare.

Il governo chiede tempo, ma sotto l’ombrello degli emendamenti al decreto non c’è riparo. I camionisti non sono disposti ad attendere la conversione in legge dell’ultimo provvedimento governativo che ha immesso l’Ilva in amministrazione controllata. Avanzano 15 milioni di euro solo a Taranto e chiedono pagamenti cash. In mancanza di risposte, venerdì la protesta si sposterà a Roma.

Questa mattina si sono svolte due iniziative analoghe: circa settanta tir hanno marciato a velocità ridotta da Novi Ligure ad Alessandria, causando disagi alla circolazione. In seguito una delegazione di autotrasportatori è stata ricevuta dal prefetto, Rimilda Tafuri. C’era un cartello, esposto su uno degli articolati, a sintetizzare la rabbia dei manifestanti: ‘Le aziende di autotrasporto novesi chiudono.

L’Ilva non paga i servizi di trasporto da sette mesi, ma il governo ha creato il problema e deve intervenire per risolverlò. Per il presidente di Confindustria Genova, Giuseppe Zampini, “i creditori privilegiati dell’Ilva vanno considerati un unicum a Taranto, Genova e Novi Ligure. Ci auguriamo – ha aggiunto – che nell’ambito degli interventi del governo venga riconosciuta la strategicità dell’indotto”.

A Taranto 40 mezzi pesanti senza rimorchio, dalla portineria imprese dello stabilimento siderurgico, si sono diretti verso la statale 7 Taranto-Bari e la statale 106 Taranto-Reggio Calabria per raggiungere Taranto. I tir hanno attraversato il ponte di pietra e la strada che costeggia la ringhiera della città vecchia prima di fermarsi sotto il Municipio.

Durante il presidio, a cui hanno partecipato i portavoce degli autotrasportatori e una delegazione di imprenditori dell’indotto, il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, ha rivolto un appello accorato al sindaco, Ippazio Stefano, che ha voluto incontrare i manifestanti.

“Quello che ti chiediamo – ha affermato Cesareo – è di farti interprete, così come hai fatto finora, ma con maggiore veemenza, delle nostre esigenze. Se è il caso, venerdì devi accompagnarci, perchè noi vogliamo andare a Roma per avere risposte”. Il primo cittadino ha immediatamente replicato: “datemi un camion e parto con voi”.

Gli autotrasportatori gli hanno consegnato le chiavi dei loro tir sotto l’occhio di cameramen, fotografi e giornalisti. “Stiamo tentando di arrivare a venerdì – ha spiegato Vladimiro Pulpo, referente della categoria – con tutte le manifestazioni possibili e immaginabili perchè vogliamo spingere affinchè ciò che è stato il nostro sacrificio di questi sei-sette mesi qualcuno lo riconosca”.

Un altro autotrasportatore, Giacinto Fallone, ha puntato l’indice contro il governo. “Eravamo convinti – ha precisato – di lavorare per lo Stato, perchè noi abbiamo lavorato per due commissari nominati da Renzi ed eravamo certi di avere degli incassi. Siamo stati oserei dire ‘truffatì in quanto ci hanno fatto attendere, ci hanno chiesto di sacrificarci, noi ci siamo sacrificati e indebitati fino al collo e poi è stata chiesta la domanda di insolvenza. Noi – ha chiosato Fallone – non vogliamo fare i banditi, forse lo Stato sta facendo il bandito con noi”.

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