Licenziata perché malata di cancro

Spettabile Redazione, dopo 25 anni di lavoro l’hanno licenziata perché malata di cancro, invalida al 60% a 52 anni. L’azienda gli offre 27 mensilità per chiudere la partita, ma Patrizia è decisa ad andare fino in fondo. L’effetto mediatico della raccolta di firme su una petizione online, sembra non far cambiare idea all’azienda. Forse serve una mobilitazione degli operai e lavoratori, non solo virtuale, ma reale, scioperi e iniziative di lotta. Vi mando un articolo della Stampa in cui Patrizia  riassume il suo licenziamento, dichiarando fra l’altro: “Sono diventata il simbolo di una logica che non è solo quella […]
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Spettabile Redazione,

dopo 25 anni di lavoro l’hanno licenziata perché malata di cancro, invalida al 60% a 52 anni. L’azienda gli offre 27 mensilità per chiudere la partita, ma Patrizia è decisa ad andare fino in fondo. L’effetto mediatico della raccolta di firme su una petizione online, sembra non far cambiare idea all’azienda. Forse serve una mobilitazione degli operai e lavoratori, non solo virtuale, ma reale, scioperi e iniziative di lotta. Vi mando un articolo della Stampa in cui Patrizia  riassume il suo licenziamento, dichiarando fra l’altro: “Sono diventata il simbolo di una logica che non è solo quella della prevalenza del profitto sulla vita delle persone, ma è anche il simbolo della logica dell’eccedenza e della rottamazione”.

Saluti da Brindisi.

La donna di Brindisi decide di fare causa all’azienda che non la riassume in presenza di produzioni record. Parallelamente all’azione legale è nata una petizione online che ha raccolto già 45 mila firme: “Ho bisogno del mio lavoro, ora più che mai”. Cinquantamila firme per restituire un lavoro alla dipendente licenziata dopo essersi ammalata di cancro. Quella di Patrizia, 52enne di Brindisi, è una delle tante di storie di lavoratori scaricati dalla propria azienda nel momento di difficoltà. Ma è diversa dalle altre: perché in questo caso, dopo 25 anni di carriera, alla base del licenziamento ci sarebbe il tumore che circa dieci anni fa ha colpito la donna. La Lyondell Basell, società chimica americana che produce polipropilene e opera all’interno del petrolchimico dell’area industriale di Brindisi, ha motivato la sua scelta con ragioni legate al riassetto economico. “Ma io – spiega la diretta interessata – ritengo di esser stata licenziata perché affetta da cancro. Sono diventata il simbolo di una logica che non è solo quella della prevalenza del profitto sulla vita delle persone, ma è anche il simbolo della logica dell’eccedenza e della rottamazione”. Per questo Patrizia ha deciso di fare causa all’azienda. Anche perché le presunte motivazioni economiche non convincono fino in fondo: proprio nell’ottobre 2014 Lyondell Basell ha festeggiato il record di produzione. La minaccia di un’azione legale, però, non ha sortito grandi risultati: il 4 dicembre il tentativo di conciliazione davanti alla Direzione provinciale del lavoro si è risolto in un nulla di fatto. La società ha offerto solo un indennizzo economico, pari a circa 27 mensilità, più di quanto previsto dalla legge. “Un indice del fatto che sono in torto e in grande difficoltà”, spiega Giuseppe Giordano, avvocato della donna. “Ma lei ha rifiutato la proposta, perché il lavoro le interessa più dei soldi. Parliamo di una signora che ha 52 anni, è diventata invalida al 60% dopo l’operazione, vuole sentirsi utile, per una questione economica e personale. Smettere di lavorare adesso significherebbe smettere di vivere”. Così, parallelamente all’azione legale in tribunale, è nata una petizione online. Nella lettera aperta al web Patrizia ricorda anche il momento in cui le è stato notificato l’avvio della procedura di esubero. “Erano in due, uno leggeva velocemente, le parole mi sfuggivano, chiedevo spiegazioni ma quella voce mi diceva solo ‘è irrevocabile, non ci sono margini di conciliazione’. Pochi istanti per capire di essere sola e di aver perso tutto”. Così sola, però, Patrizia non lo è: perché dal web sono arrivate migliaia di messaggi di sostegno. Proprio nei giorni in cui il licenziamento dovrebbe diventare realtà. “In queste ore aspetto la lettera definitiva– scrive lei –, ma chiedo a tutti voi di firmare per dire a Basell di gettarla nel cestino quella lettera, e darmi un’altra possibilità”. L’appello è stato raccolto in massa: in meno di due giorni le firme sono già 45mila. L’obiettivo di quota 50mila è vicino e verrà facilmente superato nelle prossime ore. Alla base della petizione, del resto, c’è una giusta causa: proprio quella che sembra mancare al licenziamento. “Ho bisogno di ritornare al lavoro”, conclude lei. “Anche perché è statisticamente provato che svolgere la normale attività lavorativa riduce significativamente le probabilità di recidiva della malattia oncologica”. Patrizia, in fondo, chiede solo di riavere la sua vita. E chissà che la solidarietà del web non possa aiutarla nella sua battaglia.

 

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