Orchestra operaia

PER IL DIBATTITO Redazione di Operai Contro, sono un sostenitore del software libero. Spesso, noi amici del software libero, sosteniamo che la superiorità del software libero e nella condivisione. Io sostengo che gli operai al potere che impongono la loro dittatura sono i maggiori sostenitori della condivisione: dai dei mezzi di produzione, alla cultura. Solo sotterrando i padroni gli operai possono imporre la loro dittatura Basta con le orchestre dei grandi teatri che vivono per il sollazzo della borghesia Vi mando un articolo che condivido Un amico del software libero Si sa, vivere d’arte in Italia non è mai […]
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PER IL DIBATTITO

Redazione di Operai Contro,

sono un sostenitore del software libero. Spesso, noi amici del software libero, sosteniamo che la superiorità del software libero e nella condivisione.

Io sostengo che gli operai al potere che impongono la loro dittatura sono i maggiori sostenitori della condivisione: dai dei mezzi di produzione, alla cultura.

Solo sotterrando i padroni gli operai possono imporre la loro dittatura

Basta con le orchestre dei grandi teatri che vivono per il sollazzo della borghesia

Vi mando un articolo che condivido

Un amico del software libero

Si sa, vivere d’arte in Italia non è mai stato semplice. Se poi si aggiungono le difficoltà economiche del momento, diventa quasi impossibile. Questa situazione il compositore etrombettista Massimo Nunzi la conosce bene, considerati i quasi trent’anni di esperienza come arrangiatore e direttore d’orchestra. Per reagire a un momento di crisi senza precedenti, che ha ristretto ulteriormente gli spazi espressivi anche nel settore musicale, l’artista ha deciso di unire le forze in campo e di formare l’Orchestra Operaia: un ensemble di giovani musicisti provenienti da Roma e dintorni. Ragazzi che hanno studiato il proprio strumento e hanno maturato esperienze con artisti di prestigio, ma che per colpa della congiuntura sfavorevole fanno sempre più fatica a trovare spazi e situazioni per esibirsi. “La crisinel settore musicale – ci racconta Nunzi – esiste da quando sono nato. Ma questa volta sta succedendo un fatto grave: si costruiscono professionalità che poi non vengono valorizzate e spesso si perdono”.

Nel formare l’Orchestra Operaia, il musicista si è ispirato alle ensemble che nacquero nel 1929 negliStati Uniti in reazione alla “grande crisi” che mise in ginocchio l’economica mondiale. Convinto che la ripresa e il riscatto passino attraverso la cooperazione, nel maggio 2013 ha cominciato a mettere insieme un gruppo eterogeneo di suonatori: chitarristi, batteristi, trombettisti. Artisti con diverse attitudini e ‘specialità’. Dopo le difficoltà iniziali, finalmente da gennaio di quest’anno possono riunirsi, ogni lunedì, per suonare insieme. “Abbiamo costruito 25 diversi repertori – continua Nunzi – Ma la cosa veramente innovativa sta nel fatto che, oltre ai musicisti, ho coinvolto altri giovani direttori, compositori e arrangiatori. E condivido la direzione dell’orchestra con questi ragazzi promettenti. Molti mi hanno contattato tramite Facebook. È un fatto unico in Italia. Tutti i direttori vedono l’orchestra come qualcosa di proprio, una sorta di moglie. Mentre io ho deciso di condividerla”.

Grazie a questo lavoro di reclutamento, oggi l’Orchestra Operaia conta oltre 60 musicisti che ruotano tra di loro in base alla disponibilità e ai repertori. La cooperazione gli permette di curare diversi progetti ed esibirsi con paghe dignitose, quattro o cinque volte maggiori di quelle normalmente concesse in altre situazioni musicali. Ed è un vero miracolo vista la mancanza di qualsiasi sostegno. “Purtroppo in Italia non esiste un sistema che favorisca l’integrazione lavorativa dei musicisti – racconta Nunzi – non ci sono leggi che ci tutelino in questo senso. E gli oneri per tenere in piedi un’orchestra sono molti. Paghiamo tantissime tasse e non c’è una struttura che promuova la crescita artistica di questi ragazzi. Io ho suonato con tantissimi musicisti importanti a livello internazionale, Chet Baker, Dizzy Gillespie, Dave Liebman, ma questi artisti esistevano perché c’erano locali disposti a investire su di loro, a dargli fiducia. In Italia manca questo tipo di sperimentazione, la voglia di rischiare”.

Nonostante l’assenza di sostegno e strutture, quest’anno l’Orchestra Operaia si è tolta già parecchie soddisfazioni. Ha ripreso i repertori di artisti italiani come Niccolò Fabi, Petra Magoni, Nathalie, riarrangiandoli in chiave jazz e proponendoli dal vivo insieme a loro. E un ulteriore premio a questa intensa attività è arrivato con il concerto di sabato 30 novembre all’Auditorium Parco della Musica, nell’ambito del Roma Jazz Festival. Undici musicisti dell’Orchestra e quattro arrangiatori saliranno sul palco per proporre il repertorio delle band nate durante la Grande Depressione, eseguendo per la prima volta gli arrangiamenti originali di Glen Grey e di Casa Loma. Poi suoneranno alcuni rarissimi adattamenti di Lionel Hampton,Count Basie, Duke Ellington, Benny Goodman e Chick Webb, dedicando spazio anche a band e musicisti meno conosciuti. “L’Orchestra Operaia ha un respiro internazionale. Io spero che possa andare in giro per il mondo. Questi ragazzi sono in grado di suonare qualsiasi cosa: dal jazz degli anni ’30 alla musica contemporanea. Siamo come una squadra di calcio: giocando sempre insieme si è creato il giusto affiatamento per vincere le partite. Ecco perché il 10 dicembre ci hanno chiamato per unChristmas Concert ad Arezzo. E poi per Capodanno ci saranno grandi sorprese”.

Foto per gentile concessione di Paolo Soriani

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2 Comments

  1. campagnadiprimavera

    Tutto condivisibile, compagni del “software libero”, ma oggi l’orchestra che bisogna suonare ha altri palcoscenici e, soprattutto,necessita di altri strumenti, diciamo un po’ più hard di quelli musicali.

  2. rouge

    Bella l’idea di un’orchestra autogestita dai musicisti che non fanno la questua al ministero con l’intercezione di un qualche partito.
    Belllo “ Orchestra operaia” evocativa di una storia del movimento operaio americano nella crisi del 1929.
    Per niente bene la gnagna della decadenza della cultura che non cita i carnefici. Chi sa forse per non alienarseli troppo quegli stessi che hanno nel tempo lavorato per questo risultato di allegerimento del bilancio pubblico con liquidazione di orchestre e teatri.
    Dalla privatizzazione Veltroni-Melandri 1997 per i teatri, alla privatizzazione della scuola (Berlinguer), ora tutte prefiche della fuga dei cervelli, della decadenza e morte de”la grande bellezza”.

    “Orchestra Operaia” un logo che sacheggia una storia o movimento culturale che accompagna il riscatto del movimento operaio oggi?

    Sofferenza e disperazione di milioni di operai e proletari non trovano ascolto e interpreti e
    siamo stanchi di doverci specchiare nel sublime intrattenimento di emozioni e tormenti delle classi superiori, e voi “orchestra Operaia”?
    venite con noi, non per un giorno, non per elargire scampoli di “alta cultura”, ma lotta ognuno con i propri strumenti , nel cammino per sostenere l’esercito operaio nella lotta per la distruzione del modo di produzione capitalista?