LA ROTTAMAZIONE DEI CERVELLI

Redazione, nel territorio catanese, è notizia di questi giorni, è in via di smantellamento, nei fatti, l’Etna Valley, il comprensorio di fabbriche che si occupa della progettazione e realizzazione dei sistemi operativi dei computer, I-pood, e altre meraviglie delle nuove tecnologie. Tanti apparecchi elettronici in circolazione sono stati progettati, nelle loro parti più complesse, nelle fabbriche catanesi. Adesso, la multinazionale statunitense, proprietaria delle aziende, ha deciso di lasciare la Sicilia e l’Italia per approdare ad altri lidi. Centinaia di posti di lavoro sono a rischio, si tratta per lo più di laureati altamente specializzati, oppure di operai qualificati con […]
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Redazione,

nel territorio catanese, è notizia di questi giorni, è in via di smantellamento, nei fatti, l’Etna Valley, il comprensorio di fabbriche che si occupa della progettazione e realizzazione dei sistemi operativi dei computer, I-pood, e altre meraviglie delle nuove tecnologie. Tanti apparecchi elettronici in circolazione sono stati progettati, nelle loro parti più complesse, nelle fabbriche catanesi. Adesso, la multinazionale statunitense, proprietaria delle aziende, ha deciso di lasciare la Sicilia e l’Italia per approdare ad altri lidi. Centinaia di posti di lavoro sono a rischio, si tratta per lo più di laureati altamente specializzati, oppure di operai qualificati con anni di preparazione alle spalle. Per il territorio, già ampiamente provato dalle mannaie della crisi, un colpo mortale, non solo per l’aspetto lavorativo, ma anche per la perdita d’immagine: per anni l’Etna Valley è stato decantato come il fiore all’occhiello del territorio catanese, e non solo, la strada da seguire per uscire dalla crisi, il prodotto della ricerca delle università locali. Tutti si sono fatti belli dei “risultati ottenuti” dai ricercatori catanesi, soprattutto i politici e gli amministratori locali. Adesso centinaia di loro potrebbero ritrovarsi senza lavoro, giacché non sarebbe prevista neanche la cassa integrazione.

Sulla stampa e le televisioni locali, la notizia per diversi giorni ha tenuto banco, da un po’ di tempo, però, nessuno ne parla, come al solito le notizie di attualità, regionali e nazionali prendono il sopravvento, le gatte da pelare sono altre. Eppure la vicenda offre parecchi spunti di riflessione, sempre se si sa leggere tra le righe e si va oltre l’aspetto della cronaca.

Innanzi tutto vi sono i comportamenti delle multinazionali, teste di ponte della globalizzazione, l’attuale fase del capitalismo. Nei fatti queste imprese globalizzate si comportano come fossero i padroni del mondo, e in buona parte lo sono e lo saranno sempre più in futuro: prendono i fattori produttivi, dove più gli aggrada, senza ritegno e senza farsi scrupoli. Quando le condizioni congiunturali non sono più favorevoli, fanno le valige per cercare migliori occasioni di profitto, l’unica cosa che conta per loro. Intanto sono certe di trovare, ovunque nel mondo, una folta schiera di personaggi, tra intellettuali, politici ed economisti, pronti a chiedere di “investire nel proprio territorio per creare posti di lavoro, sviluppo economico e ricchezza”. Quante balle ci raccontano!  Bene diceva in un intervista uno dei lavoratori interessati, tra quelli candidati a perdere il lavoro : “noi in questi anni abbiamo prodotto immense ricchezze, di tutto ciò cosa è rimasto e cosa rimarrà sul territorio, solo capannoni abbandonati”. In effetti già adesso le pendici dell’Etna sono disseminate di vecchie fabbriche abbandonate, di strade secondarie utilizzate come discariche abusive, è questo il tanto enfatizzato sviluppo della “Milano del sud”, come veniva una volta  appellato il territorio catanese? Intanto, però, nelle fabbriche delle multinazionali statunitensi sono state ideate e prodotte la maggior parte delle ultime invenzioni, un fiume di denaro è transitato dall’Italia verso i padroni americani. Un’immane profitto sostenuto  con denaro pubblico, direttamente con la costruzione delle infrastrutture della zona industriale, indirettamente con la preparazione dei programmatori specializzati. Ecco allora spiegata l’importanza data alla notizia dalla stampa locale alla vicenda: una cosa sono i migliaia di semplici lavoratori che finiscono per strada, altra cosa sono gli intellettuali, “cervelli costretti a fuggire”, come hanno titolato i giornali (tra l’altro i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo, non sono forse dotati anche loro di cervello?).

Cosa ci insegna, allora, la vicenda della ST MICRON ELETTRONICS? Innanzitutto che la crisi del capitalismo è strutturale e non congiunturale, e le cure di questo malato terminale, proposte dai più autorevoli specialisti sono solo dei palliativi, prima o poi, anche le più ardite innovazioni  si abbatte la scure della sovrapproduzione e riduzione del saggio di profitto. Quando ciò avviene per il capitale non fa differenza “rottamare” un operaio, un facchino o un ingegnere altamente specializzato, per difende il profitto non si guarda in faccia a nessuno! Solo in una società finalizzata al soddisfacimento diretto dei bisogni, reali e non indotti, i “cervelli” possono essere impiegati  per migliorare la vita di tutti e non per produrre semplicemente nuove merci, inducendo nuovi bisogni, tutto per sostenere il profitto! Nel catanese, per esempio, si impiegano immense risorse energetiche per produrre schede operative per prodotti informatici, ma ha un sistema fognario inadeguato, quando inesistente, una raccolta differenziata ridicola, e una scarsissima utilizzazione di energie alternative, mentre solo dalla geotermia si sarebbe potuto soddisfare l’esigenze energetiche di tutto il territorio!

PIERO DEMARCO

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