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Il giornale della rivolta operaia contro il lavoro, salariato. Una grande mistificazione sociale sta travolgendo tutti. Centinaia di migliaia di operai vengono licenziati, lasciati in mezzo ad una strada con un sussidio miserabile e tutti si sgolano a chiedere lavoro. “Ci vuole il lavoro per dare futuro ai giovani, per dare dignità alla gente”, non c’è dirigente politico, sindacalista o cardinale che non metta al centro il problema del lavoro. Ci fanno ridere, noi operai che abbiamo lavorato sotto la frusta del padrone, noi che sappiamo cosa vuol dire stare alla catena di montaggio o lavorare in siderurgia, o […]
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Il giornale della rivolta operaia contro il lavoro, salariato. Una grande mistificazione sociale sta travolgendo tutti.
Centinaia di migliaia di operai vengono licenziati, lasciati in mezzo ad una strada con un sussidio miserabile e tutti si sgolano a chiedere lavoro. “Ci vuole il lavoro per dare futuro ai giovani, per dare dignità alla gente”, non c’è dirigente politico, sindacalista o cardinale che non metta al centro il problema del lavoro.
Ci fanno ridere, noi operai che abbiamo lavorato sotto la frusta del padrone, noi che sappiamo cosa vuol dire stare alla catena di montaggio o lavorare in siderurgia, o al freddo dei cantieri edili ci facciamo una risata.
Di questo mitico lavoro che tutti vorrebbero farci fare, faremmo con piacere a meno. Se siamo costretti al lavoro è semplicemente perché, vendendo la nostra forza lavoro al padrone ne riceviamo in cambio un salario per sopravvivere e sappiamo benissimo che con questo scambio lui si arricchisce e noi schiattiamo.
Questa è la verità, tutte le altre sono mistificazioni, ma mistificazioni che nascondono interessi materiali inconfessabili.
La crisi sta parlando chiaro, il lavoro come generica attività umana non esiste, o serve per valorizzare il capitale o non può essere esercitato, o il suo utilizzo produce un profitto o conviene tenere inattivi oggi, nella miseria, centinaia di migliaia di persone.
Poi ci sono le classi che si realizzano nel lavoro che è intellettuale, politico, di gestione sociale, al caldo delle sale ovattate degli studi, nei centri di direzione delle imprese, questi, a buon ragione chiedono di continuare a svolgere la loro ben retribuita attività, chiedono il lavoro perché non hanno il coraggio di chiedere apertamente il privilegio che il lavoro procura loro.
Ma la crisi sta insegnando a questi signori una verità amara, senza il lavoro degli schiavi, degli operai, anche il loro status sociale corre qualche rischio, i tagli colpiscono anche loro e così gridano ancora più forte: “bisogna mettere al centro il problema del lavoro e prima di tutto quello degli operai”.
Non importa come, in che condizione, con quale salario, con quali ritmi, “bisogna far lavorare i lavoratori” intendendo gli operai, questa è la famosa crescita che tutti invocano.

Abbiamo costruito uno strumento dove può esprimersi la rivolta operaia, contro questa sovrastruttura che ha interesse a tenerci soggiogati ai padroni, contro un sistema politico  e sindacale che ci spinge in tutti i modi ad una sudditanza assoluta in cui siamo noi a pregare il padrone perché ci faccia lavorare, perché torni di nuovo a sfruttarci ed arricchirsi. Più in basso di così non potevano voler spingerci.
Il fatto sconvolgente, ma in qualche modo comprensibile, è che anche i più terribili critici del sistema si fermano davanti a questo problema e suonano anche loro la gran cassa del lavoro, per noi, schiavi, si intende. Inauguriamo il giornale della rivolta operaia contro il lavoro, salariato.

Se il padrone, nella grande crisi, non ha altra soluzione che licenziare una parte di noi mentre spinge per gli altri, oltre ogni limite lo sfruttamento, questo vuol dire che è arrivato il momento della resa dei conti: se per la società del capitale è diventato, in qualche modo inutilizzabile, anche il lavoro salariato è tempo che si attacchi l’utilità del padrone stesso e del suo sistema sociale.

Il programma del giornale è solo questo.

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1 Comment

  1. alanza53

    OPERAI: facciamo in modo che questo giornale, non diventI un contenitore dove riportiamo le nostre lamentele. i padroni ci hanno dichiarato guerra. I sacrifici fatti nel passato, migliaia di morti sul lavoro e per il lavoro, salari da fame, ritmi insostenibili, una flessibilità selvaggia, non sono serviti a salvare un solo posto di lavoro. I SINDACATI, che dovevano fare gli interessi degli operai hanno accettato tutte le compatibilità imposte dai padroni, CIG, CONTRATTI DI SOLIDARIETA’, TAVOLI DOVA SI DECIDE QUANTI OPERAI DEVONO ESSERE LICENZIATI, HANNO FIRMATO PER LA CHIUSURA DI FABBRICHE VEDI IRISBUS TERMINI IMERESE, ECC. ECC. Operai: i padroni fanno il loro mestiere che è quello di sfruttare altri uomini per ricavare profitto, se questo non si realizza non si fanno scrupoli a buttarci in miseria. La crisi del sistema capitalista ha generato una guerra tra i padroni a livello mondiale, investire nel capitale costante ai padroni non conviene, non garantisce un tornaconto da loro stabilito, perciò noi non dobbiamo illuderci che in fondo al tunnel ci sia una ripresa, come vogliono farci credere economisti, politicanti e sindacati asserviti. Operai non lasciamoci coinvolgere in una guerra fra poveri. la crescita economica di una nazione vuol dire che gli operai sono stati sottomessi e hanno accettato passivamente la condizione dello schiavo salariato al livello di sopravvivenza. In un’altra nazione gli operai sono stati messi ai margini della società, con licenziamenti di massa. Questi sono gli effetti della globalizzazione? ben venga la globalizzazione. IL MIO NON E’ UN DISCORSO TANTO PEGGIO TANTO MEGLIO, PRENDO ATTO DELLA REALTA’ E SICCOME MI RITENGO UN COMUNISTA MI PONGO IL PROBLEMA DI COME AFFRONTARE LA FASE ATTUALE. ALLA GUERRA SI RISPONDE CON LA GUERRA, E IN GUERRA GLI OPERAI NON DEVONO ANDARE COME UN’ARMATA BRANCALEONE, MA ORGANIZZATI. IL PARTITO OPERAIO, NON DEVE ESSERE SOLO UNA PAROLA D’ORDINE, PER METTERSI APPOSTA LA COSCIENZA, MA DEVE ESSERE L’OBBIETTIVO, DA PORTARE AVANTI, CON DETERMINAZIONE E COSTANZA, NON CI SONO ALTERNATIVE. SOTTO LE MACERIE DELLE CRISI STORICHE DEL PASSATO, CI SONO RIMASTI I PROLETARI, DOPO SI E’ RIPARTITO CON IL NOSTRO SFRUTTAMENTO. SOTTO LE MACERIE DELLA CRISI ATTUALE, SEPPELLIAMOCI DEFINITIVAMENTE I PADRONI, POLITICANTI, SINDACATI ASSERVITI E QUAQUARAQUA. W IL PARTITO OPERAIO