LA STRATEGIA FIAT IN EUROPA

Un accordo da mezzo miliardo di euro e 1.200 posti di lavoro tra la capitale e Valladolid entro il 2016, come Marchionne ha garantito al Premier spagnolo, Mariano Rajoy. Con un “sostanzioso aiuto pubblico” garantito dal Governo, concretizzato lo scorso 28 di dicembre in 20 milioni di euro. La strategia della FIAT è molto semplice: promettere posti di lavoro in cambio di miliardi di euro dei governi e del consenso dei sindacalisti, poi prendere i miliardi e licenziare gli operai I salari degli operai della IVECO spagnola sono di 16 mila euro l’anno. Nella Spagna con un 25% di disoccupazione l’accordo a cui […]
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Un accordo da mezzo miliardo di euro e 1.200 posti di lavoro tra la capitale e Valladolid entro il 2016, come Marchionne ha garantito al Premier spagnolo, Mariano Rajoy.

Con un “sostanzioso aiuto pubblico” garantito dal Governo, concretizzato lo scorso 28 di dicembre in 20 milioni di euro.

La strategia della FIAT è molto semplice: promettere posti di lavoro in cambio di miliardi di euro dei governi e del consenso dei sindacalisti, poi prendere i miliardi e licenziare gli operai

I salari degli operai della IVECO spagnola sono di 16 mila euro l’anno.

Nella Spagna con un 25% di disoccupazione l’accordo a cui è arrivata Iveco con i sindacati garantisce la libertà di licenziare per giusta causa e con 20 giorni di indennizzo per anno se solo si prevedono “riduzioni nella produttività“. Una “clausola” che accompagnerà il lavoratore per tutta la sua permanenza nell’ azienda. Il cambio di produzione, inoltre, obbliga a contrattare nuovi lavoratori, ma di una categoria inferiore, con un taglio sugli stipendi di 3.000 euro in 3 anni. Tutto regolare grazie alla riforma del lavoro approvata solo tre mesi prima dell’ annuncio dei nuovi piani di Iveco. “Per questo, in giugno, noi non firmammo l’ ultimo accordo”, spiega Heriberto Tella, rappresentante del sindacato Cgt, uno dei tre nello stabilimento. “Perché non stanno importando, in Spagna, solo posti di lavoro, ma salari più bassi, esattamente come noi stiamo esportando mano d’opera economica”. Flessibilità ed efficienza dunque, per produrre 96 camion al giorno, meno dei 124 del 2001 ma molti di più dei 22 che nel 2008, al limite del fallimento, sfornava la fabbrica.

I lavoratori dello stabilimento di Madrid hanno vissuto sulla propria pelle gli sbalzi nei piani della Fiat, le esigenze di “flessibilità“. A dimostrarlo, gli 11 procedimenti di licenziamento collettivo (Expedientes de Regulación de Empleo, in spagnolo) che l’azienda ha portato al compimento dal 2008 ad oggi. “Il più duro fu nel 2009″, ricorda Tella, che nell’ ex-Pegaso lavora da 35 anni: “Ho lottato contro i fascisti di Franco, e ora tocca continuare a lottare”. In quell’ anno, 1024 lavoratori su 2.600 rischiarono di dover fare le valigie. “L’ azienda aveva accumulato più di 51 milioni di benefici nell’ anno precedente, ma mise sul tavolo mille lavoratori come ostaggio: o il Governo mi aiuta, o chiudo”, ricorda Tella. E dopo le proteste, gli aiuti, nella Spagna che iniziava a soffrire gli effetti dello scoppio della bolla immobiliare, arrivarono. 15 miliardi di euro, che permisero la cassa integrazione per 350 lavoratori durante 2 anni. Alberto, 36 anni di cui gli ultimi 10 in catena di montaggio, passò da tutti gli 11 ‘espedienti’. “Era un dentro fuori continuo”, ammette. Non puó vedere nulla di male, quindi, nella “scommessa su Madrid” che l’ Ad di Fiat annunciò a giugno.

I sindacalisti spagnoli come i sindacalisti italiani vendono la vita degli operai.

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