OPERAI ILVA: UNA LETTERA

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Un fulmine colpi le nostre certezze e le nostre vite. Stanchi e coscienti che non era piu’ momento di attendere nessuna decisione ufficiale del Gip che pensavamo essere negativa come poi si e’ dimostrato essere; martedi 25 settembre, al cambio tra il primo ed il secondo turno, abbiamo preso in spalla le nostre speranze i nostri dubbi e le nostre certezze di quello che stavamo andando a fare e le abbiamo portate li su a 70 metri d[k]altezza. Siamo saliti li su per manifestare il nostro disappunto su tutto quello che sta avvenendo e tutto quello che in questi due mesi e’ successo o non e’ successo! Confusione notizie non vere e tendenziose, specie quelle venute dall[k]esterno, notizie false e tendenziose che la stampa pur di vendere giornali e fare titoloni continuava e continua a scrivere senza nessuna cognizione. L[k]ultima settimana prima della nostra decisione e’ stata devastante, centinaia di telefonate da altri reparti – ricordano i lavoratori dell[k]altoforno numero 5 – per sapere e dire che: l[k]impianto si era fermato per sempre e che si stava spegnendo, che era circondato dalle forze dell[k]or – dine per essere spento, che stava esplodendo perche’ era stato fermato male e non in sicurezza[k].

[k]I nostri colleghi – proseguono i lavoratori dell[k]altoforno 5 – chiamavano per sapere se eravamo fermi per sempre perche’ avevano letto e sentito dalla stampa certe affermazioni venire da fonti sicure, mentre noi eravamo al nostro posto di lavoro ignari di tutto. Le uniche notizie certe – sottolineano i dipendenti Ilva – vengono dai custodi: sono iniziate e’ sono ancora in atto le procedure per lo spegnimento degli altoforni 1 e 5, da loro impartite ed imposte. Ci siamo resi conto che piu’ di qualcuno pensa che il problema interessi soltanto i ragazzi dei due altiforni, ma forse non e’ chiaro che con queste imposizioni e’ stato decretato il fallimento dello stabilimento[k].

I lavoratori spiegano tecnicamente perche’ lo spegnimento dei due altiforni dell[k]area a caldo provocherebbe la chiusura dello stabilimento con una sorta di effetto domino governato dalla perdita di energia che coinvolgerebbe anche l[k]area a freddo. [k]I 4 altiforni in marcia producono gas che alimentano le centrali termiche (Cet 2 e Cet 3), le quali producono una certa potenza elettrica: piu’ o meno 600 megawatt. Se dovesse mancare il gas degli altoforni 1 e 5 contemporaneamente, piu’ il gas coke di delle batterie da fermare insieme agli altiforni, la produzione di energia elettrica per lo stabilimento si ridurrebbe a piu’ della meta’ e non sarebbe sufficiente per alimentare le potenti macchine delle aree di laminazione, cosi come non ci sarebbe abbastanza gas per i forni di riscaldo dei treni nastri[k].

[k]Noi siamo e saremo li su a 70 metri – aggiungono i lavoratori dell[k]altoforno 5 – fin quando non avremo una giusta risposta precisa e definitiva sul fatto che lo stabilimento puo’ continuare a produrre, migliorando sempre di piu’. Non scenderemo fin quando non sara’ ottenuta l[k]Aia che la proprieta’ si deve impegnare a rispettare; un[k]Aia che deve avere regole precise e durature nel tempo, non lasciate a possibili cambiamenti da parte di qualunque personaggio politico e non. Non scenderemo fin quando i dissidi tra governo, magistratura e procura non finiranno, cioe’ fin quando non sara’ certo e definitivo che u n[k]eventuale Aia concessa all[k]Ilva sia legge e che questa legge la proprieta’ si impegni a rispettarla, senza che venga cambiata ogni 6 mesi; cosi come siano fissati una volta per tutti gli investimenti per dare l[k]opportu – nita’ alla proprieta’ di farli sugli impianti[k].

[k]Solo allora, certi di un futuro migliore per tutti dal punto di vista ambientale, della sicurezza e del posto di lavoro scenderemo da lassu’. Noi vogliamo continuare a essere fieri – sottolinea la lettera dei dipendenti Ilva – di quello che facciamo, e del nostro lavoro, senza compromettere la nostra salute quella delle nostre famiglie e quella di tutti. Vogliamo continuare a cambiare e migliorare, come abbiamo fatto in questi ultimi anni perche’ noi giovani ragazzi entrati 13 anni fa, siamo artefici del cambiamento di questo stabilimento e siamo fieri ed orgogliosi di tutto quello che stiamo facendo e abbiamo fatto. Sappiamo benissimo che tutti conoscono il passato statale di questa azienda, quello che avveniva qui dentro e come avveniva. Sappiamo benissimo che ora tutti fanno finta di niente, come se l[k]Italsider fosse stata sempre privata. La nostra proprieta’ avra’ le sue colpe, ma state ben certi che ha anche dei meriti e questi meriti li ha. Artefici del cambiamento, negli ultimi anni, non siamo stati solo noi scriventi, ma tutti i 12mila lavoratori Ilva. Vogliamo che il nostro acciaio diventi il simbolo della nostra amata Taranto nel mondo, vogliamo che l[k]acciaio di Taranto sia il migliore di tutti e che sia riconosciuto per l[k]alto livello di qualita’ d[k]impatto ambientale dello stabilimento di Taranto[k].

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