ILVA DI TARANTO

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Redazione di Operai Contro,

Sono un ex detenuto (5 anni di carcere) attualmente operaio presso una fabbrica metalmeccanica di 200 operai.

Seguo con interesse il vostro giornale in particolare la lotta per il salario intero all’ILVA di Taranto.

Capisco la lotta degli operai per il posto di lavoro quando il padrone vuol chiudere la fabbrica.

Non capisco l’obiettivo di lavorare quando il padrone chiede la continuita’ produttiva per continuare a spremere profitti.

Sono d’accordo con voi gli operai dell’ILVA devono pretendere il salario intero fino a quando non viene fatta la bonifica.

Ho letto che in Inghilterra vengono utilizzati detenuti al posto di operai.

Non e’ una novita’. In italia e’ un fatto quotidiano.

” Nei principi dettati dalla Carta Costituzionale, entrata in vigore il 1[k] gennaio 1948, si concretizza una evoluzione del concetto di sanzione penale: la pena detentiva, oltre a rappresentare un provvedimento repressivo, afflittivo, proporzionato alla gravita’ del reato inflitto al soggetto dotato di capacita’ di intendere e di volere, deve tendere alla rieducazione del condannato (art. 27, secondo comma). Il lavoro e’ inteso come strumento rieducativo e non punitivo, e al lavoratore sono quindi assicurate diritti e tutele minime (per cui non si tratta di lavori forzati).”

Ora mi chiedo quale reato hanno commesso gli operai per essere costretti a rieducarsi lavorando.

Ora che sono libero dal carcere e costretto a lavorare come “operaio libero” nella galera chiamata fabbrica capisco che la differenza e’ minima.

Saluti da un ex detenuto

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