ARANCE AMARE

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CORRIERE

Prima il danno, cioe’ la notizia che le arance con le quali Coca Cola produce la Fanta vengono raccolte negli agrumeti calabresi da centinaia di africani irregolari che percepiscono una paga da fame. Ora la beffa, con la stessa multinazionale che pare aver disdetto le ordinazioni alle aziende della Piana di Rosarno. A darne notizia e’ il primo cittadino della citta’ reggina, Elisabetta Tripodi, che si dice preoccupata per le ricadute economiche (e forse anche sociali) che questa decisione di Coca Cola potra’ avere sul suo territorio. Un territorio delicato e particolare, dove gli agrumeti sono fra le poche fonti di ricchezza.
L’INCHIESTA – Tutto e’ partito un paio di giorni fa da un’inchiesta della rivista britannica The Ecologist ripresa da Corriere.it riguardante il coinvolgimento della Coca Cola nello sfruttamento della manodopera africana in Calabria. Secondo The Ecologist la multinazionale americana acquisterebbe a costi ridottissimi succo d’arancia concentrato dalle aziende calabresi. E questo sarebbe il motivo per cui gli agrumicoltori sarebbero costretti a sottopagare gli immigrati (25 euro per una giornata lavorativa di 14/15 ore). In fondo, poi, la condizione degli africani a Rosarno e’ cosa nota. E la loro rivolta del gennaio 2009 e’ ancora viva nei ricordi di molti. Pietro Molinaro, presidente della Coldiretti Calabria, interpellato da The Ecologist aveva confermato il fatto, raccontando che [k]il prezzo che pagano le multinazionali non e’ giusto[k] e che [k]cosi costringono le piccole aziende dell’area a sottopagare gli operai[k]. [k]Basterebbe che le multinazionali pagassero il giusto prezzo di 15 centesimi – aveva aggiunto Molinari – e la situazione cambierebbe radicalmente[k].

COCA COLA DISDICE – La Coca Cola dal canto suo aveva smentito respingendo ogni accusa. Ora, pero’, pare sia andata oltre, disdicendo gli ordini con le aziende calabresi per tutelare la propria immagine. Un disimpegno economico che metterebbe ko il comparto agrumicolo reggino. E il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, affida a poche frasi la sua preoccupazione: [k]Al danno si aggiunge la beffa. Il proprietario di un’azienda di trasformazione delle arance – dice il sindaco – mi ha telefonato per comunicarmi che la Coca Cola ha disdetto il contratto per tutelare la sua immagine. Se la notizia verra’ confermata la nostra economia subira’ un danno devastante[k]. [k]Il vero problema – aggiunge la Tripodi (che da mesi vive sotto scorta per le minacce subite dal clan locale) – e’ che gli agricoltori non raccolgono il prodotto perche’ il prezzo e’ troppo basso. Questa situazione ha quindi provocato un impoverimento di tutto il settore ed e’ ovvio che a risentirne sono anche i lavoratori[k]. Da don Pino De Masi, responsabile di Libera nella Piana di Gioia Tauro, e’ invece giunto un invito a boicottare [k]tutte le multinazionali che sfruttano situazioni di emarginazione[k]. [k]Non mi meraviglio – aggiunge don Pino – che una multinazionale come la Coca Cola utilizzi le arance raccolte da lavoratori sfruttati per produrre i suoi prodotti. Queste grandi aziende pensano che tutto sia in perfetta regola ma in realta’ dovrebbero sapere quanto accade nei nostri territori e le situazioni in cui lavorano queste persone[k]. A Rosarno sono oltre un migliaio gli africani che in questi giorni lavorano negli agrumeti. Se la raccolta dovesse arrestarsi di colpo, le reazioni potrebbero essere imprevedibili.

Biagio Simonetta

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