FISCAL COMPACT

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di Roberto Caracciolo

L’Unione europea e’ vicinissima a chiudere l’accordo sul nuovo patto di bilancio (il cosiddetto ‘Fiscal compact’) e ad aprire una nuova fase di politica economica di rigore e sviluppo, mentre il presidente francese Nicolas Sarkozy annuncia enfaticamente che il peggio e’ passato, la situazione si sta “stabilizzando” e l’Europa “non e’ piu’ sull’orlo del baratro”, anche grazie alle misure “forti e giuste” prese in Italia da Mario Monti. Insomma, dopo una crisi profondissima, si comincia a vedere la luce. Sara’ comunque il summit di oggi a Bruxelles ad indicare se i suoi leader sono davvero decisi – come sembra – a ristabilire la rotta del tormentato viaggio verso un maggiore rigore fiscale e rinnovate politiche di crescita. L’Ue ha certamente bisogno di una nuova governance economica per guardare con piu’ serenita’ al futuro, ma sul tavolo rimangono questioni aperte, e sullo sfondo c’e’ sempre la spada di Damocle della Grecia. Nella capitale belga, i capi di Stato e di governo potranno toccare con mano gli effetti dei loro pacchetti di austerity sulla societa’: il Belgio sara’ infatti paralizzato da uno sciopero generale che – al di la’ degli ovvi disagi – dimostrera’ quanto sia delicato il tema delle misure anticrisi, tanto che uno dei principali sindacati locali, l’Fgtb, e’ convinto che i tagli al bilancio spingeranno il Belgio nel baratro della recessione. Ma l’Unione e’ decisa ad andare avanti e, quando mancano meno di 24 ore al summit, fonti vicine al negoziato indicano all’ANSA che si fa sempre piu’ concreta la possibilita’ che il vertice trovi un accordo politico sul Patto di bilancio e dia segnali importanti anche sulla crescita e sull’occupazione. Il clima e’ “positivo”, e secondo le fonti “c’e’ voglia di concludere, di essere concreti e di dare messaggi chiari”. Di messaggi chiari hanno bisogno ovviamente i mercati, soprattutto alla luce delle recenti bordate partite dalle agenzie di rating americane contro i debiti sovrani del Vecchio Continente (incluso quello italiano e il fondo salva-Stati Efsf). A Davos, venerdi scorso, il presidente della Bce Mario Draghi ha sottolineato che il Fiscal compact “e’ necessario affinche’ i paesi dell’area euro tornino ad avere fiducia l’uno nell’altro”. Tuttavia, nonostante l’ottimismo trapelato ieri, il successo del summit non e’ affatto scontato su tutti i fronti. E comunque su Bruxelles aleggia sempre lo spettro di un default della Grecia. Chi si aspettava un accordo con i creditori entro questa sera e’ rimasto deluso e la corsa contro il tempo continua: ora si punta a chiudere la settimana prossima. Nel frattempo, come emerso ieri, Berlino ha alzato la posta su Atene proponendo – di fatto – il commissariamento del Paese, almeno per quello che riguarda la gestione del bilancio. Nonostante l’immediato secco ‘no’ della Grecia, la presa di posizione della cancelliera Angela Merkel potrebbe spingere anche questo tema nell’agenda di oggi e creare ulteriori complicazioni. Per il momento, sul tavolo restano i nodi delle sanzioni semi-automatiche anche sul debito chieste dall’Olanda e da altri paesi ‘rigoristi’ come l’Austria; la questione di ‘direttive’ concrete in materia di crescita e occupazione posta dall’Italia, e il problema (sollevato dalla Polonia) della partecipazione ai vertici dell’Eurogruppo da parte dei paesi fuori dalla moneta unica. Da parte sua, la Svezia teme di perdere la propria autonomia nella politica di bilancio, mentre la Gran Bretagna continua a chiamarsi fuori. C’e’ infine la questione ‘principe’ ancora irrisolta, formalmente non all’ordine del giorno del summit, ma sicuramente al centro dei colloqui tra i leader: il potenziamento del nuovo fondo salva-Stati (Esm), il ‘firewall’ europeo destinato dal primo luglio 2012 a raccogliere il testimone dall’attuale European financial stability facility (Efsf). Al momento e’ stabilito che l’Esm possa contare su una potenza di fuoco di 500 miliardi di euro, cifra ritenuta tuttavia insufficiente da molti Paesi e istituzioni (in primis Francia, Italia, Fmi e Commissione europea) che ne chiedono con insistenza il rafforzamento (almeno fino a 750 mld), scontrandosi con le resistenze della Germania. Anche ieri la Merkel, in un’intervista alla Bild am Sonntag ha glissato sul pressing degli alleati. La posizione dei tedeschi tuttavia si starebbe pian piano ammorbidendo (come confermano le indiscrezioni trapelate ieri sul magazine finanziario Wirtschaftswoche) e, una volta incassato l’accordo sul Fiscal Compact, la cancelliera potrebbe finalmente scendere a compromessi.

MONTI CONFIDA IN SUCCESSO EUROPEO,MA E’SOLO PRIMO TEMPO
degli inviati Federico Garimberti e Paola Tamborlini

”Sara’ solo il primo tempo di una partita ben piu’ lunga; ma al momento abbiamo strappato un buon risultato”. La sintesi di un ministro rende bene l’idea su come Mario Monti si accinga ad affrontare il summit di Bruxelles dove si dovrebbe chiudere il negoziato sul Fiscal compact e discutere di come rilanciare crescita e occupazione nel Vecchio Continente. Il premier arrivera’ al palazzo del Consiglio Ue un po’ prima dell’inizio del summit, previsto alle 15, per incontrare Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Non e’ la trilaterale che avrebbe dovuto tenersi a Roma (slittata a febbraio), visto che il colloquio durera’ appena mezz’ora. Ma e’ pur sempre la conferma che l’Italia e’ entrata nella cabina di regia europea, come hanno autorevolmente scritto diversi quotidiani a cominciare dal Financial Times. Un vertice che si presenta in discesa per Monti. Il Professore siedera’ al tavolo forte degli ultimi provvedimenti varati dopo la manovra: liberalizzazioni e semplificazioni. E con l’intenzione di procedere sulla riforma del lavoro, nel senso di una maggiore mobilita’. Interventi che il presidente del Consiglio non manchera’ di portare all’attenzione dei partner Ue e che gia’ ottengono il plauso di qualche collega (Sarkozy ha parlato di misure ”forti e giuste”). Anche riguardo ai contenuti a Roma c’e’ ottimismo. A cominciare dal trattato per una maggiore disciplina di bilancio. ”Se l’ultima bozza restasse cosi’ a noi andrebbe bene”, confida una fonte di governo, secondo la quale – salvo intoppi dell’ultimo minuto – i partner Ue (ad eccezione della Gran Bretagna) raggiungeranno un accordo politico, da siglare formalmente il primo di marzo. Ma al vertice non si parlera’ solo di rigore, ma anche di crescita e occupazione.

Temi fortemente voluti dall’Italia: ”Solo il fatto che siano nella dichiarazione finale – spiegano a palazzo Chigi – e’ un grande successo”. Anche perche’ diversi dossier cari a Monti (occupazione giovanile, rilancio della competitivita’ delle pmi, maggiore attenzione al mercato unico) sono stati accolti. Il lavoro diplomatico dell’Italia, tuttavia, e’ lungi dall’essere finito. ”Chiuso il Fiscal Compact potremmo finalmente dedicarci ad altro”, spiegano a palazzo Chigi, dove non smettono di ricordare le aste di titoli che attendono il Tesoro, una prima tranche in calendario proprio lunedi’ mattina. Perche’ il secondo tempo della partita europea e’ ben piu’ importante, almeno per il governo italiano, che ha sempre considerato il nuovo trattato un mezzo per ottenere da Berlino interventi su crescita e difesa dell’euro. Ora pero’ arriva il difficile: trasformare i buoni propositi in fatti. A cominciare dalla crescita: in questo senso per l’Italia e’ importante che nella dichiarazione finale si mantenga il principio, previsto nella bozza e voluto da piu’ cancellerie, di ”linee guida” con gli interventi concreti che ogni Paese dovra’ adottare per favorire il pil e l’occupazione. Un principio utile sia in chiave esterna (perche’ costringerebbe ad esempio la Germania ad aprire maggiormente il mercato dei servizi), sia in chiave interna (viste le tante resistenze sulla riforma del lavoro). L’altro aspetto chiave per Roma e’ quello dei firewall in difesa dei Paesi a rischio. Monti – cosi’ come altri partner Ue, Bce e Fmi – vorrebbe potenziare il Fondo salva-Stati permanente (Esm). Ma la Germania – almeno per ora – si oppone. Roma e’ convinta che con il Fiscal Compact la posizione di Berlino potrebbe cambiare. Ma anche se cosi’ fosse diversi osservatori ritengono che per mettere al riparo Paesi come Italia e Spagna serva una barriera da 1.000-1.500 miliardi. Una cifra colossale, soprattutto in una fase recessiva. Ecco perche’ in tanti guardano alla Bce, ritenendo che il fondo dovrebbe attingere alle sue risorse. Ma per farlo bisognerebbe trasformare l’Esm in una banca, consentendole di attingere ai prestiti ‘illimitati’ di Francoforte. Un’idea che, in privato, piace al governo italiano, anche se pubblicamente non viene cavalcata per non complicare il negoziato

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