LA RIFORMA DEL MODELLO CONTRATTUALE

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Ci avevano promesso nei giorni scorsi (col tono di chi pensava di rincuorare noi ma in realta’ per rassicurare Confindustria) che entro il primo maggio sarebbe uscita la proposta sindacale unitaria su Modelli contrattuali e rappresentanza.

Eravamo preoccupati per un certo ritardo visto che solo ieri nel direttivo Cgil non era stata presentata dalla segreteria nessuna informativa particolare a riguardo (salvo dire che si stava ancora lavorando), ma ecco che solo il giorno dopo il Messaggero ci informa sui punti dell’accordo tra le segreterie sindacali.

Praticamente e’ la proposta della Cisl che per altro Bonanni aveva data per acquisita anche dalla Cgil gia’ nel corso del direttivo Cisl del 18 aprile scorso (leggi la relazione al direttivo Cisl).

Come cambiano le cose. Una volta aspettavamo il direttivo Cgil per sapere a che punto era l’elaborazione della nostra organizzazione, ma ora basta comprare il Messagero.

Prendendo spunto quindi dall’articolo del Messaggero proviamo a fare una prima sintesi ragionata su quella che e’ la proposta sindacale a riguardo.

MODELLO CONTRATTUALE.

Formalmente vengono riconfermati i due livelli contrattuali (nazionale e decentrato) con l’auspicio che il livello decentrato possa prendere tutte le forme possibili (aziendale, territoriale, distrettuale ecc).

In sostanza tutto l’interesse sindacale e’ speso per potenziare il livello decentrato a scapito di quello nazionale.

Al livello nazionale verrebbe lasciato in pratica solo il compito di inseguire l’inflazione. Il fantasioso riferimento “oggettivo” che viene proposto e’ quello dell”inflazione realisticamente prevedibile” che sostituirebbe il riferimento all’Inflazione programmata.

C’e’ da domandarsi dove sta la novita’. Ci si dice che l’inflazione realisticamente prevedibile (prevedibile da chi ??) tutelerebbe il salario meglio dell”inflazione programmata ed a dircelo sono gli stessi che fino a ieri difendevano l’inflazione programmata come un riferimento alto e sicuro per la difesa dei nostri salari.

Se questa e’ la pensata sindacale, risultato di mesi di trattativa quasi segreta tra le segreterie nazionali, c’e’ da rimanere esterefatti ed a bocca aperta.

In realta’ dietro a questo cambio di terminologia c’e’ ben altro e cioe’ la decisione di svuotare il contratto nazionale e di spostare i baricentro della conrattazione sul livello decentrato.

Cosi. invece di rilanciare la contrattazione “tutta” (vista l’emergenza salariale) semplicemente la si disintegra in mille rivoli cercando di convincerci nell’illusione che per aumentare i salari dobbiamo legarli alla produttivita’.

Cosi si fanno tre operazioni altrettanto pericolose.

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La prima e’ che si frantuma il fronte sindacale in modo da produrre, a fronte di una marginalizzazione del contratto nazionale, una diversificazione dei risultati contrattuali quante sono le aziende e quanti sono i territori (gettiamo cosi le basi per le nuove gabbie salariali)
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La seconda e’ che si apre all’idea che per avere piu’ salario dobbiamo dimostrare di avere aumentato la produttivita’ di impresa, praticamente dobbiamo lavorare di piu’ (turni, straordinari, flessibilita’) per altro senza la sicurezza che questo salario sara’ stabilizzato i busta paga (essendo il salario incentivante di fatto “variabile” e non influente sugli altri istituti, come il TFR). Alla fine ci troveremo, pensando di contrattare salario, a contrattare l’aumento dell’intensita’ di lavoro.
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La terza e’ che si distrugge definitivamente l’idea che una retribuzione per essere considerata giusta deve per lo meno essere tale da garantire al lavoratore ed alla sua famiglia una esistenza decorosa e dignitosa dato un particolare livello di sviluppo sociale ed un quadro socialmente riconosciuto di bisogni a cui rispondere.

Questa idea di modello contrattuale sancisce di fatto la definitiva distruzione di un impianto contrattuale difensivo (per altro gia’ da tempo compromesso dalla perdita della scala mobile) uscito dalle lotte degli anni ’60-’70, che puntava a difendere e tutelare l’insieme dei lavoratori e l’affermarsi di un sistema contrattuale incentivante che rompera’ ogni residua solidarieta’ e subordinera’ la soddisfazione dei nostri bisogni esclusivamente alla nostra disponibilita’ di lavorare di piu’ ed alle condizioni che l’impresa ed il mercato ci chiederanno.

NUOVE FORME DELLA RAPPRESENTANZA SINDACALE

Si fa ormai strada l’istituzionalizzazione del sistema di consultazione sperimentato in occasione del recente accodo del luglio 2007 sulle pensioni. Le piattaforme le decidono le segreterie. Al massimo i lavoratori verranno consultati solo ad accordo fatto.

Per quanto riguarda elezione e poteri delle RSU l’ipotesi sindacale parla di nuove norme per l’elezione delle nuove Rsu che dovrebbero essere composte da un MIX di delegati in parte eletti dagli iscritti alle organizzazioni ed in parte dai lavoratori. Cgil Cisl Uil affermano cosi che si potra’ valutare (a differenza del passato) il grado di effettiva rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro.

Si sancisce cosi esplicitamente l’interesse primario alla rappresentanza delle organizzazioni in concorrenza al diritto dei lavoratori di eleggere la loro rappresentanza unitaria.

Cio’ che ne uscirebbe e’ un gran pasticcio.

A che serve una rappresentanza cosi composta. A chi deve dar piu’ peso l’azienda nel corso delle trattative. Ai delegati di organizzazione o ai delegati dei lavoratori ?

Hanno voglia Cgil Cisl e Uil a dire che la somma delle due rappresentanze (diversamente elette) produrra’ una rappresentanza unitaria. Come e’ possibile garantire cio’ se una parte degli eletti deve dar conto ai lavoratori ed atri solo alle organizzazioni esterne ??

Se questa e’ la piattaforma sindacale con cui andare al confronto con la Confindustria stiamo freschi.

Questa non e’ la piattaforma dei lavoratori. Nessuno e’ venuto a sentire cosa avevamo da proporre e nessuno e’ venuto a chiederci come la pensavamo.

01-05-2008

COORDINAMENTO RSU

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