TREOFAN: TROPPE PAROLE, NESSUN FATTO CONCRETO

Per il capitalista gli operai sono una merce come le altre. Perciò ne dispone come ritiene più conveniente per la sua strategia di accumulare profitto. Egli è il padrone assoluto delle proprie merci e ne decide le sorti: l’impiego, l’accantonamento, la distruzione. In genere prima spreme gli operai, in cambio di un salario da elemosina, poi li butta in mezzo a una strada. Ma a volte semplicemente se ne disfa, perché non gli servono. Come fossero ferrivecchi. Meno importanti di un qualsiasi macchinario che può sempre tornare utile. La regola per il padrone è: “La fabbrica è mia e […]
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Per il capitalista gli operai sono una merce come le altre. Perciò ne dispone come ritiene più conveniente per la sua strategia di accumulare profitto. Egli è il padrone assoluto delle proprie merci e ne decide le sorti: l’impiego, l’accantonamento, la distruzione. In genere prima spreme gli operai, in cambio di un salario da elemosina, poi li butta in mezzo a una strada. Ma a volte semplicemente se ne disfa, perché non gli servono. Come fossero ferrivecchi. Meno importanti di un qualsiasi macchinario che può sempre tornare utile. La regola per il padrone è: “La fabbrica è mia e ne faccio quello che voglio io!”. Questo è il caso degli operai della Treofan: le fabbriche di Battipaglia e Terni acquisite per essere chiuse, gli operai presi con la fabbrica per essere licenziati.

La Treofan, azienda che produce pellicole di propilene per prodotti alimentari, tabacchi e per etichette ha due siti a Battipaglia e Terni. Era un’azienda di Management & Capitali di De Benedetti. A fine 2018 viene acquistata dalla Jindal Films Europe, leader mondiale nel settore di tali pellicole con sede in Germania, e vede “grandi prospettive per l’azienda e i suoi clienti”. Ma gli operai italiani non sono così entusiasti, sanno per esperienza che il conto dei passaggi di proprietà lo pagano loro. I sindacati rispondono alle preoccupazioni degli operai lamentando “la mancanza di un piano industriale”. I giornalisti ripetono a pappagallo ciò che raccontano i sindacati. Invece il piano industriale c’è, eccome se c’è! E gli operai se ne accorgono subito.

Perché il capitalista indiano Jindal (il proprietario di AcciaItalia, lo stesso che ha guidato la seconda cordata per l’acquisizione dell’Ilva) compra la Treofan Europe? Egli possiede una fabbrica a Brindisi e ha un agguerrito concorrente (Treofan Europe) con tre fabbriche a Battipaglia, Terni e in Germania. Acquisisce Treofan promettendo di garantirne lo sviluppo, ma, subito dopo, porta via le materie prime dai depositi di Battipaglia, ferma la produzione e trasferisce ordini e commesse a Brindisi e in Germania. I 78 operai formano un presidio. Come sempre tutti sono solidali a parole con gli operai, in realtà tutti buttano fumo nei loro occhi per salvare la propria reputazione.

Di Maio convoca due “tavoli” al Ministero dello sviluppo economico. Cgil, Cisl e Uil intimano a Jindal “di scoprire le carte e presentare il piano industriale”. Per gli operai comincia la pena dei lunghi viaggi inutili a Roma. Jindal alza il tiro e, dopo aver chiuso Battipaglia, sposta commesse anche da Terni a Brindisi e in Germania. I 145 operai di Terni capiscono che è arrivato il loro turno di essere licenziati, manifestano in piazza, vanno in delegazione dagli operai di Battipaglia e organizzano con loro una solidarietà attiva.

I sindacati, come dei comici suonati, continuano a chiedere a Jindal “di presentare un piano industriale serio per i due siti”. Landini chiede a Jindal “di ripensare alla sua decisione, di presentare un piano industriale che preveda la continuità di tutti gli stabilimenti italiani avviando con il sindacato unitario di categoria un confronto sul consolidamento e lo sviluppo delle produzioni”! È la stessa storia vista 1.000 volte in Italia: ai sindacalisti interessa non la lotta degli operai in presidio, ma il riconoscimento della propria esistenza per poter mendicare qualche mese di cassa integrazione o giù di lì.

Interviene anche Giorgio Cremaschi, noto sindacalista e politico arruffapopoli. Da portavoce nazionale di Potere al Popolo, invoca con i soliti toni “duri” l’intervento dello Stato! “De Benedetti ha fatto i soldi sugli operai e Jindal trasferisce le produzioni dalle fabbriche in chiusura a quella di Brindisi, su cui prende fondi pubblici attraverso un’ennesima società. Questa è una porcata su cui bisogna intervenire. Il governo faccia la voce dura, mandi pure i carabinieri da Jindal e affronti la questione come va affrontata. Perché non è che si vuol fare ideologia, ma il punto alla fine è: comanda il mercato o comanda lo Stato? Deve comandare lo Stato”. Cremaschi sa bene che lo Stato, espressione della classe dei padroni cui appartengono De Benedetti e Jindal, non si metterà mai contro se stesso, ma lo dice comunque, nel tentativo di accalappiare qualche illuso confuso.

Infine il 27 marzo Jindal finalmente presenta al Mise il suo piano industriale: per Battipaglia dismissione, per Terni mantenimento dell’organico per tre anni e investimenti per la manutenzione ordinaria: la programmazione di un lento declino che porterà poi alla chiusura della fabbrica. E all’orizzonte compaiono nubi nere anche per Brindisi, i sindacati suggeriscono al padrone di “trovare un terzo investitore in grado di ridare vita al sito pugliese”!

Invece delle chiacchiere dei sindacati, di Landini e Cremaschi, non era più lineare e concreto, sin dall’inizio, mettere insieme tutti gli operai dello stesso gruppo, chi rischia la chiusura e chi no, e lottare insieme? Non è forse il ruolo del sindacato coinvolgere più operai possibile perchè il numero pesi sulla bilancia della lotta contro la chiusura delle fabbriche? L’unica cosa che può impedire la chiusura delle fabbriche e i licenziamenti conseguenti è la paura di uno scontro sociale aperto, senza mediazioni fra padroni ed operai. Il resto sono solo discorsi vuoti che portano inevitabilmente dove vuole il padrone.

Ecco perché contro il variegato manipolo di sostenitori parolai la tenda degli operai in presidio di Battipaglia e gli striscioni degli operai di Terni sembrano piccoli, inoffensivi. Eppure è anche da là che gli operai possono partire, dalla faticosa assunzione diretta della responsabilità del proprio destino, sociale e politico, senza delegarla ai soliti sindacalisti e politici maneggioni e interessati solo a salvare poltrona e stipendio. Alcune operaie di Battipaglia a una trasmissione televisiva dicono: “Di Maio ha preso sottogamba Jindal e i suoi compari, questi per noi sono dei criminali!”. È così, sono criminali, e criminali anche tutti coloro che in qualche modo li appoggiano, li giustificano, li blandiscono. E questi criminali vanno combattuti e vinti, organizzandosi in proprio.

L.R.

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