FASCISMO ED ANTIFASCISMO OGGI

  Intervento della RSU della INNSE in occasione della commemorazione del 25 Aprile. La commemorazione si è svolta Venerdì 19 Aprile davanti ai cancelli della fabbrica per permettere la partecipazione di tutti, sostenitori e operai, per ricordare il sacrificio degli operai dell’INNOCENTI che furono arrestati dai fascisti per gli scioperi del Marzo 1943 e poi deportati nei campi di concentramento nazisti. Alla fine dell’assemblea gli operai e gli impiegati della INNSE, i rappresentanti dell’ANPI e della FIOM, hanno portato la corona alla lapide posta all’interno della fabbrica. Commemorazione del 25 aprile, RSU INNSE Milano, 19 Aprile 2019 Ogni anno […]
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Intervento della RSU della INNSE in occasione della commemorazione del 25 Aprile. La commemorazione si è svolta Venerdì 19 Aprile davanti ai cancelli della fabbrica per permettere la partecipazione di tutti, sostenitori e operai, per ricordare il sacrificio degli operai dell’INNOCENTI che furono arrestati dai fascisti per gli scioperi del Marzo 1943 e poi deportati nei campi di concentramento nazisti. Alla fine dell’assemblea gli operai e gli impiegati della INNSE, i rappresentanti dell’ANPI e della FIOM, hanno portato la corona alla lapide posta all’interno della fabbrica.

Commemorazione del 25 aprile, RSU INNSE Milano, 19 Aprile 2019

Ogni anno ci troviamo a commemorare il giorno della Liberazione dal fascismo, il 25 Aprile del 1945. Ogni anno cerchiamo di dare un contenuto a questa ricorrenza in modo che non diventi un atto formale, scontato. Una questione che ci riguarda direttamente è quella di ricordare il ruolo fondamentale che operai come noi ebbero nella lotta al fascismo.

Il fascismo nacque e si affermò per bloccare le lotte operaie degli anni 20, i padroni di allora dell’industria e dell’agricoltura lo foraggiarono, ne favorirono l’andata al governo per piegare gli operai e i contadini ai loro interessi, per impedire le rivendicazioni salariali e normative, per reprimere con la galera e le bastonate i partecipanti agli scioperi e alle proteste. Tutte le classi benestanti si sentirono all’inizio ben rappresentate dal fascismo e pubblicamente lo sostennero.

La crisi e la guerra con le conseguenti distruzioni, cominciarono ad aprire gli occhi a tanti e toccò ancora agli operai rompere con il regime totalitario. Erano loro che con i miseri salari pagavano con la fame, morivano in prima linea al fronte, si consumavano sulle linee dell’industria bellica finchè, sfidando il fascismo e le sue componenti, diedero vita ai primi scioperi del marzo 1943. Due anni prima della Liberazione, le fabbriche come la Innocenti erano già in movimento. Come sempre il padrone, insieme ai capi fascisti cercò di impaurire gli operai, imprigionò e deportò nei campi di concentramento coloro che erano in prima fila durante le proteste, ma tutto questo non fermò gli operai, anzi, li rese ancora più compatti e il passo dagli scioperi alla lotta di resistenza fu breve.

Oggi come operai prendiamo le distanze dall’antifascismo di facciata. Diffidiamo da chi in nome della modernità sostiene che il fascismo è morto e sepolto, diffidiamo che la contrapposizione fascisti antifascisti è superata, perché nel definire questa posizione o non si è capito nulla del fascismo di allora o si vuol nascondere nuove forme di fascismo che si stanno manifestando negli ultimi tempi.

Prendendo atto che il fascismo fu uno strumento che servì alle classi padronali nel sottomettere gli operai e renderli schiavi sempre più del profitto, schiacciarli durante le occupazioni, gli scioperi e le proteste nelle grandi fabbriche del Nord nelle loro rivendicazioni salariali e identitarie, questo strumento può essere sempre rimesso in gioco. Infatti nel licenziamento di un operaio del Fca di Pomigliano, iscritto Fiom, reo di essere stato uno dei promotori dello sciopero allo stampaggio contro il lavoro gratis il sabato, diventa sempre più evidente che l’introduzione di leggi come il job act fornisca alla classe padronale gli strumenti necessari per far fuori gli operai scomodi dalle fabbriche .

Rimane formalmente il diritto di sciopero, ma in alcune fabbriche e luoghi di lavoro diventa sempre di più impraticabile. Intanto la sovrapproduzione delle merci porta alla chiusura delle fabbriche con i conseguenti licenziamenti. Naturalmente le forme di lotta si spostano sui cancelli delle fabbriche e nelle proteste di strada e qui subentra un provvedimento legislativo, “il Decreto Sicurezza” voluto dall’attuale governo. Esso va a colpire con denunce e galera le occupazioni di suolo pubblico, un intervento per smontare i picchetti e la libertà di protestare, porre una resistenza e far sentire la propria voce diventa sempre difficile. Questi fatti dimostrano, a nostro giudizio, che nuove forme di fascismo stanno prendendo piede, a partire dai rapporti di lavoro sempre più ridotti a schiavitù legalizzata e che nessuno, se non chi li subisce, ha interesse a denunciare. Per tutti gli altri, finché si può discutere nei salotti televisivi, il pericolo del fascismo non esiste.

A conclusione noi invece siamo convinti che più si avanti con la crisi, le nostre condizioni peggiorano e ci si confronta con una esistenza sempre più misera. A fronte di tutto ciò, l’interesse dei governanti è scaricare le responsabilità sugli altri, sui neri e gli immigrati, sugli operai se decidessero di alzare la testa e di lottare in proprio. Le manovre del governo mettono poveri contro i più poveri, nascondendo i veri responsabili che vanno cercati fra chi fa profitti con lo sfruttamento. Vediamo imporsi sulla scena politica uomini soli al comando, i quali auspicano ruspe e manganello per la soluzione ai problemi sociali. Vediamo il formarsi di nuove organizzazioni fasciste a stretto contatto con politici di governo, assistiamo alla sfrontatezza di chi sta in alto nell’elogiare senza vergogna le cose buone che il fascismo avrebbe prodotto.

Per noi il fascismo è ancora oggi una presenza reale in questa società e tocca noi operai come allora combatterlo con ogni mezzo.

19 Aprile 2019,                                                                   RSU INNSE MILANO

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