Riportati all’ordine

La commissione europea, come espressione del grande capitale industriale e bancario ha messo un freno alle fantasie economiche dei capi della piccola borghesia che sono al governo in Italia. Finite le sfuriate è rimasto il mite Tria, ministro dell’economia a trattare la resa.   Scrivevamo, già da tempo, che ci vuole ben altro per mettere, solo in discussione, gli interessi dei grandi capitali e non potevano certo farlo i Salvini e Di Maio e il loro avvocato Conte. La piccola industria, l’artigianato, di cui sono l’espressione più diretta non può fare a meno del credito delle banche, non può […]
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La commissione europea, come espressione del grande capitale industriale e bancario ha messo un freno alle fantasie economiche dei capi della piccola borghesia che sono al governo in Italia. Finite le sfuriate è rimasto il mite Tria, ministro dell’economia a trattare la resa.

 

Scrivevamo, già da tempo, che ci vuole ben altro per mettere, solo in discussione, gli interessi dei grandi capitali e non potevano certo farlo i Salvini e Di Maio e il loro avvocato Conte. La piccola industria, l’artigianato, di cui sono l’espressione più diretta non può fare a meno del credito delle banche, non può fare a meno di fornire servizi e strumenti alla grande e media industria, non può dilapidare il debito pubblico dal quale aspetta i pagamenti per i lavori svolti, ed è quasi una conseguenza naturale che sia stata proprio la base sociale dei leghisti e dei 5 Stelle ad imporre un ridimensionamento degli annunci fanfaroneschi del governo sulla “manovra del popolo”. È la piccola e media industria del nord e del sud che è intervenuta pesantemente in questi ultimi giorni per imporre un accordo con la famosa banda di Moscovici. Che è poi un adeguarsi alle condizioni imposte dalle banche e dagli industriali per garantirsi un flusso degli affari senza perturbazioni incontrollate. Quanto lavoro stanno facendo in questi giorni i rappresentanti del governo per salvare la faccia. Conte ha imparato da Padre Pio a fare miracoli, taglia da 2.4 al 2.04 il rapporto debito/pil e garantisce che non verranno toccati quota cento e reddito di cittadinanza. In sostanza ha meno soldi disponibili ma li vuol spendere lo stesso. Finiranno per vendere al pubblico due scatoloni vuoti rispetto alle promesse fatte, l’importante è che non si veda cosa c’è veramente dentro. La piccola borghesia al governo mente più di ogni altra classe, deve accontentare a parole i ricchi e i poveri, gli artigiani strangolati dalle banche e i banchieri cosiddetti onesti, i ladri e le guardie, gli operai e i loro padroni digitalizzati. Bisogna riconoscere che tanti delle classi impoverite dalla crisi hanno puntato su questi cavalli rivelatosi dei ciucci, tanti della piccola borghesia artigiana rovinata dalle tasse hanno dato loro il voto, ma anche operai e poveri disoccupati con la speranza di colpire un ceto politico corrotto e succhiasangue. Cosa c’era di meglio che colpire chi sta in alto, di far avanzare qualcosa di nuovo e più vicino “al popolo” con un semplice segno su una scheda elettorale? L’illusione elevata a sistema, che però solo otto mesi dopo, fa già acqua da tutte le parti, il governo si adegua alle necessità del grande capitale, distribuisce soldi agli imprenditori, l’unica cosa che realizza “per il bene del popolo” la persecuzione degli emigranti e mette le norme per colpire chi manifesta con blocchi e occupazioni. Ha tentato, col famoso decreto dignità a mettere un limite ai contratti a termine ma, naturalmente, senza imporre ai padroni l’obbligo di assunzione, ha provocato il non rinnovo di decine di migliaia di questi contratti. Salvini e Di Maio al governo non sono un problema per i ricchi, per i manager industriali, per i funzionari ben pagati dallo Stato, per le banche: sono invece un pericolo per gli strati più bassi della popolazione, per coloro che sono stati rovinati dagli effetti della crisi, per gli operai licenziati, per gli impiegati che li hanno seguiti, per i piccoli artigiani falliti. Sono un pericolo per questi ultimi perché, finché ci riescono, ne impediscono con la loro demagogia, la protesta, la sollevazione di piazza. Garantiscono la cosiddetta pace sociale così cara a chi sta al potere e a chi deve sfruttare il lavoro altrui senza limiti. In Francia le stesse classi sociali, gli impoveriti, i proletarizzati e i proletari non si sono fatti prendere in giro dai partiti estremi dello schieramento politico dei borghesi, sono scesi in campo direttamente ed hanno dimostrato come si risponde all’immiserimento crescente. In poco più di un mese di lotta di strada, il duro Macron, ha dovuto fare più concessioni al “popolo” dei gilet gialli di quante il governo giallo-verde in Italia ne ha promesse, da otto mesi, senza realizzarne alcuna. La cosa gustosa è che i gilet gialli hanno costretto il governo a fare marcia indietro ma non si fermano vogliono ben altro, forse la testa di Macron come il rappresentante dei borghesi di Francia. La cosa si fa più seria. Lo ha capito anche la commissione europea che lascia correre lo sforamento del debito, la rivolta dei gilet gialli va presa in seria considerazione. Altro è trattare con governo di venditori di fumo come quello italiano. Un messaggio chiaro per chi anche in Italia sente il peso della discesa verso la miseria, per chi sperimenta che pur lavorando è difficile arrivare a fine mese, senza parlare dei disoccupati: bisogna scegliere o mettersi nelle mani dei Salvini e Di Maio o la piazza a ferro e fuoco.  Chi si è messo nelle mani dei campioni della piccola borghesia sta già provando di cosa sono capaci, alle sfuriate contro l’Europa, contro i mercati hanno sostituito la necessità di adeguarsi agli interessi della grande oligarchia finanziaria, i miliardi che dovevano servire a “eliminare la povertà” passano di mano, vanno ai padroni, di ogni categoria per fare i loro soliti affari. Mettersi a combattere per strada è faticoso, rischioso, bisogna scrollarsi di dosso tanto perbenismo che ci ha legato le mani, ma non c’è altra scelta se come operai e poveri vogliamo affrontare gli effetti di una crisi mai risolta.

E.A.

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