I servi alla corte dei padroni

Di Maio sul Sole 24ore, Salvini da Assolombarda, in concorrenza a chi garantisce meglio gli interessi degli industriali, grandi e piccoli.   I rappresentanti della piccola borghesia al governo si fanno in quattro per rassicurare i padroni, dai più grandi ai più piccoli. Di Maio scrive una lettera “alle imprese” pubblicata sabato 8 dicembre sul “Sole 24 ore” (giornale economico degli industriali e delle banche) per rassicurarli e promettere finanziamenti e sconti fiscali oltre alle solite frasi fatte sull’avvenire radioso dell’Italia. Salvini incontra i rappresentanti delle imprese a Roma e poi corre a Milano da Assolombarda. I due vicepremier […]
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Di Maio sul Sole 24ore, Salvini da Assolombarda, in concorrenza a chi garantisce meglio gli interessi degli industriali, grandi e piccoli.

 

I rappresentanti della piccola borghesia al governo si fanno in quattro per rassicurare i padroni, dai più grandi ai più piccoli. Di Maio scrive una lettera “alle imprese” pubblicata sabato 8 dicembre sul “Sole 24 ore” (giornale economico degli industriali e delle banche) per rassicurarli e promettere finanziamenti e sconti fiscali oltre alle solite frasi fatte sull’avvenire radioso dell’Italia. Salvini incontra i rappresentanti delle imprese a Roma e poi corre a Milano da Assolombarda. I due vicepremier sono in gara fra loro a chi fa il servo più servitore. Nella lettera citata Di Maio si impegna a pagare i debiti della pubblica amministrazione entro il 2019. Sono circa 30 Mld da trasferire nelle tasche di tutti quei padroni e padroncini che favoriti da intrallazzi politici hanno lavorato per la cosa pubblica gonfiando costi e forniture. Si impegna, Di Maio, ad abbassare le tasse per le piccole imprese da subito, sono la sua base elettorale, aliquote del 15% e del 20% per redditi da 65mila euro a 100 mila, si rende però conto che si tratta di briciole a fronte della media e grande industria così corre ai ripari e punta senza limiti sul capitale fisso. La deducibilità dell’IMU sui capannoni portandola dal 20% al 40%, “spero di portarla al 50%” scrive ancora. Nella scia del vituperato governo che lo ha preceduto rivendica “di aver garantito continuità agli incentivi per l’innovazione tecnologica (impresa 4.0) prorogando per il 2019 l’iper-ammortamento sugli investimenti “per l’innovazione tecnologica”. È proprio vero, cambiano i governi ma la loro funzione di comitati di affari dei padroni sono una costante garantita. Non mancano di seguito gli sgravi contributivi ai padroni che assumono a tempo indeterminato, c’è solo una specificazione sui soggetti interessati: devono essere giovani laureati o dottori di ricerca con il massimo dei voti. Un sistema per comprarsi un’altra fetta di voti, vuol facilitare la loro specifica assunzione premiando i padroni che li assumono, così cerca di prendere capre e cavoli. Ma il pezzo più bello viene ora “il modo migliore di aiutare le imprese…sia lasciarle in pace”. Stanno preparando il decreto semplificazione per dare più mano libera agli “imprenditori”, a pensare che avevano quasi ventilato un intervento più incisivo dello Stato nell’economia. La lettera scade poi nel ridicolo “il governo ha pronto un vero e proprio bazooka, oltre 200 Mld di euro per i prossimi tre anni per sostenere il rilancio del paese”. Mai come in questo periodo sono passati sotto i nostri occhi tonnellate di carta moneta distribuita a pioggia. Ai grandi industriali dovrebbero luccicare gli occhi, ma non è così, conoscono i loro polli politici. L’attenzione di Di Maio è rivolta principalmente alle piccole e medie imprese, ma si rende conto che la grande impresa è quella che conta, forse lo sa meglio Salvini che viene in visita a Milano in Assolombarda. Contano per forza economica e relazioni internazionali, grandi industriali e banche, non portano tanti voti ma il potere reale è nelle loro mani ed a loro bisogna fare le concessioni più importanti: la nuova, scrive Di Maio, Cassa Depositi e Prestiti “focalizzerà la propria azione su infrastrutture, territori e Pubblica Amministrazione. Tornano le infrastrutture, i grandi cantieri, anche se, in un attimo di pentimento, il vicepremier specifica “infrastrutture per me è una bellissima parola… bisogna partire dalle infrastrutture digitali che sono le autostrade del futuro”, e prosegue riconoscendo che “sono necessarie centinaia di nuove infrastrutture in tutto il paese”. Vorrebbe dire si alla TAV ma non è ancora pronto. I padroni vogliono risposte immediate. I padroni vogliono infrastrutture in cemento e ferro, ponti e gallerie, li hanno i grandi investimenti, sicuri clienti nello Stato e migliaia di operai da sfruttare per ricavarne buoni profitti. Non è un caso che negli stessi giorni in cui viene pubblicata la lettera l’interlocutore preferito sia Salvini, anche se non è lui il ministro del lavoro, non è lui il ministro delle infrastrutture, ma è lui che deve garantire ai padroni, che i cantieri delle infrastrutture verranno rilanciati, che la TAV si farà. I Di Maio e i Salvini sempre più sfacciatamente, implorando, sono all’opera per convincere gli industriali che stanno lavorando per loro, per fargli realizzare più guadagni di quanti ne abbiano fatti in questi anni. L’opposizione al contrario li attacca perché le politiche del governo sono poco attente agli interessi dei padroni. Una gara fra servi a chi serve meglio il re. Ma mentre con i governi precedenti l’intreccio fra industriali banche e capi politici era tutto interno alle loro relazioni, oggi con i capi della piccola e media borghesia al governo ci tocca assistere ai pellegrinaggi, alle riunioni pubbliche fra le parti. Il risultato è lo stesso, affermare gli interessi dei padroni sopra tutti. Questo è il nuovo che avanza.

E.A.

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