TORINO, La manifestazione dei duemila padroni

Si riuniscono pubblicamente escludendo esponenti politici ed istituzionali, vogliono pesare nei rapporti col governo come blocco sociale, come padroni associati. Sono tutti pronti ad inchinarsi.   Caro Operai Contro, ribadendo la loro contrarietà al programma del governo Conte, a Torino il 3 dicembre 2018 si sono riuniti 2 mila padroni organizzati in 12 associazioni di tutti i settori, con i rispettivi presidenti, che rappresentano aziende con 13 milioni di occupati, corrispondenti al 65% del Pil: Confindustria, Casartigiani, Ance, Confapi, Confesercenti, Confagricoltura, Legacoop, Confartigianato, Confcooperative, Confcommercio, Cna e Agci. Il guanto della sfida al governo per conto di padroni e […]
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Si riuniscono pubblicamente escludendo esponenti politici ed istituzionali, vogliono pesare nei rapporti col governo come blocco sociale, come padroni associati. Sono tutti pronti ad inchinarsi.

 

Caro Operai Contro, ribadendo la loro contrarietà al programma del governo Conte, a Torino il 3 dicembre 2018 si sono riuniti 2 mila padroni organizzati in 12 associazioni di tutti i settori, con i rispettivi presidenti, che rappresentano aziende con 13 milioni di occupati, corrispondenti al 65% del Pil: Confindustria, Casartigiani, Ance, Confapi, Confesercenti, Confagricoltura, Legacoop, Confartigianato, Confcooperative, Confcommercio, Cna e Agci.

Il guanto della sfida al governo per conto di padroni e borghesi non è stato lanciato da questa o quella istituzione, questo o quel partito. Sono direttamente i padroni in carne ed ossa che manifestano in una coalizione quello che il Corriere della Sera ha battezzato “il partito del Pil”.

Già il 10 novembre 2018 a Torino padroni e borghesi avevano dato un insolito e forte segnale, manifestando in migliaia in piazza San Carlo, rivendicando il rilancio della Tav, più infrastrutture, meno vincoli e meno burocrazia, tassi e condizioni agevolati per gli investimenti, in breve condizioni a maglie larghe per una nuova stagione di affari e profitti.

Una sorprendente novità: i padroni sono contro il governo in carica, ma al tempo stesso non si riconoscono nei partiti dell’opposizione parlamentare. Hanno saltato a piè pari l’intero parlamento, sono scesi in piazza urlando ai 4 venti le ragioni della loro protesta. Salvini come ministro degli interni, domenica 9 dicembre ha ricevuto i massimi rappresentanti delle 12 associazioni del cosiddetto “partito del Pil”, facendo loro grosse aperture e dichiarando che lui sarebbe a favore della Tav. Un colpo basso a Di Maio, e uno sgarro al programma di governo, che prevedeva la no Tav.

La piccola borghesia che ha spinto al governo Lega e 5 Stelle, ha provocato uno smottamento nei piani medio alti della borghesia stessa, costringendo chi li abita a muoversi direttamente in prima persona.

Ma cosa unifica trasversalmente interessi economici delle principali 12 associazioni, dai padroni industriali agli artigiani, così diversi sia all’interno di ogni settore, sia fra i vari settori, da giustificare la loro alleanza contro il governo Conte?

Cosa hanno in comune il piccolo bottegaio con il supermercato? La grande impresa edile col muratore artigiano? La piccola officina con la grande industria? I venditori delle bancarelle col padrone che sfrutta i braccianti?

Rimpiangono i 5 anni di governi del Pd, con Renzi che svetta su tutti, e prima la Fornero con il governo Monti, e ancora prima Berlusconi. Con questi governi i padroni si erano abituati bene: abolito l’articolo 18, pronti via licenziamenti facili senza più la giusta causa. Drastico taglio del numero degli ispettori del lavoro e delle ispezioni. Una precarizzazione generalizzata dei contratti di lavoro, sia per vecchi e nuovi assunti. Sgravi fiscali per le assunzioni, tasse quel tanto che basta da consentire in parallelo l’evasione fiscale.

Rispetto al governo Conte il partito del Pil non condivide, quota 100 per le pensioni e reddito di cittadinanza. Dicono che il loro finanziamento aumenterà il deficit pubblico. Tanto meglio allora -secondo il partito del Pil – che quei soldi sotto varie forme, vengano stanziati per le aziende, le quali creando lavoro compensano il rapporto deficit/Pil, aumentando quest’ultimo. In tutto questo l’unica cosa certa, sarebbe che i soldi del governo andrebbero ai padroni, invece che a sussidi, salari e pensioni da fame.

Una bella gatta da pelare per Salvini, che da una parte si è impegnato con Di Maio a realizzare il programma del governo Conte, dall’altra, la Lega, al nord d’Italia, è schierata per far saltare proprio il programma del governo Conte.

3 presidenti di regione leghisti, Fontana per la Lombardia, Fedriga per il Friuli, Zaia per il Veneto, hanno chiesto a Salvini, di tagliare i ponti con i 5 Stelle quanto prima, concludendo che: “Questa pressione al Nord non la reggiamo a lungo”. Zaia ha disertato la manifestazione pro governo della Lega, a Roma l’8 dicembre, dichiarando che parteciperà a quella del 13 dicembre a Milano, quando i padroni artigiani saranno in piazza contro il governo.

La Lega al governo deve affrontare i problemi al suo interno. Il Pd e Forza Italia per evitare di finire definitivamente spazzati via dal vento che soffia, si stanno muovendo disposti anche a ricicli e fusioni con nuove sigle e vecchi tromboni.

L’ispiratore della marcia a Torino che ha dato il via alla clamorosa protesta di padroni e borghesi (10 novembre 2018), Mino Giachino, ex sottosegretario dei trasporti dell’ultimo governo Berlusconi, fedelissimo di Gianni Letta e della lobby dei Tir, minaccia insieme a Quagliariello di Forza Italia, una lista elettorale alle prossime elezioni.

Paolo Romani già ministro nel governo Berlusconi e suo gregario in Forza Italia, annuncia: “Io e Renzi [Pd] abbiamo parlato di un nuovo progetto politico”.

Tra le classi in movimento, sembrerebbero fermi solo gli operai e gli strati meno abbienti. Ma non si può dire. I gilet gialli in Francia insegnano.

Saluti Oxervator

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