Usa-Cina, passi concreti verso la guerra

Sui libri di storia viene scritto che dalla guerra commerciale tra grandi potenze alla guerra guerreggiata il passo è stato breve. Tuttavia sembra sempre una cosa lontana e del passato e non sembra possibile che si rivivano gli stessi fenomeni, non li si riconoscono. Eppure la guerra commerciale tra Usa e Cina è da tempo in corso. I dazi americani colpiscono ormai metà delle merci importate dalla Cina e, dopo le ritorsioni cinesi su quelle americane, Trump minaccia la Cina per la restante metà. Una escalation verso il protezionismo che pur riconosciuta da tutti stenta ad essere associata al […]
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Sui libri di storia viene scritto che dalla guerra commerciale tra grandi potenze alla guerra guerreggiata il passo è stato breve. Tuttavia sembra sempre una cosa lontana e del passato e non sembra possibile che si rivivano gli stessi fenomeni, non li si riconoscono.

Eppure la guerra commerciale tra Usa e Cina è da tempo in corso. I dazi americani colpiscono ormai metà delle merci importate dalla Cina e, dopo le ritorsioni cinesi su quelle americane, Trump minaccia la Cina per la restante metà. Una escalation verso il protezionismo che pur riconosciuta da tutti stenta ad essere associata al pericolo che ha funestato il passato.

Eppure anche altri segnali, che travalicano quelli più prettamente commerciali, sono ormai cronaca quotidiana. La settimana trascorsa ne ha inanellati un paio che val la pena riprendere.

Il 20 settembre, contemporaneamente all’annuncio dei dazi commerciali, il governo Usa ha messo delle sanzioni contro la cinese EDD (Equipment Development Department). L’EDD è il dipartimento della Commissione Militare Centrale della Repubblica Popolare cinese che è stato istituito nel 2016 proprio per promuovere l’ammodernamento dell’esercito cinese, e ora viene sanzionato dagli Usa per avere acquistato 10 aerei da combattimento Su-35 e missili terra-aria (S-400) da un terzo paese, la Russia. Le sanzioni si sviluppano in quattro punti: 1) le improbabili proprietà che ricadessero sotto la giurisdizione Usa sia dell’EDD che del suo direttore; 2) il visto di ingresso al direttore dell’EDD, il generale Li Shangfu, che diventa così anche il primo personaggio di spicco cinese cui viene vietato l’ingresso negli Usa; 3) il divieto di esportazione verso la Cina di armamenti o licenze di software utilizzato in campo militare; 4) il divieto di condurre transazioni in valuta estera sotto la giurisdizione degli Stati Uniti e all’interno del loro sistema finanziario.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Geng Shunag, ha promesso “conseguenze” nel caso in cui Washington non decida di ritirare le misure. Così come non è mancata la rassicurazione russa. Il deputato Franz Klintsevich, noto per le sue bellicose posizioni, e molto vicino a Putin così ha dichiarata alla Reuters:“Sono certo che questi contratti saranno eseguiti in linea con il programma. Il possesso di questa attrezzatura militare è molto importante per la Cina”.

Sui dazi, ma anche a caldo delle recenti sanzioni militari, è immediatamente giunto il commento del negoziatore cinese, il viceministro al commercio cinese Wang Shouwen: “Gli Stati Uniti hanno appena adottato alcune restrizioni commerciali molto importanti, mettendo un coltello alla gola (all’economia cinese), come potrebbero aver luogo i negoziati? Non ci possono essere dei negoziati e delle consultazioni condotte in un’atmosfera di uguaglianza (se permane quest’avversione nei nostri confronti)”.

Passano sette giorni giorni e la scena si sposta nel palazzo dell’Onu a New York. E’ di nuovo Trump ad attaccare rissa, prima rivendica davanti all’assemblea generale (https://abcn.ws/2xPMd6c) la sua guerra commerciale contro le merci cinesi, poi, alla sua «prima» in Consiglio di Sicurezza, colpisce basso (https://abcn.ws/2xFvMKh): la Cina «purtroppo sta interferendo nelle imminenti elezioni americane» di metà mandato, che si terranno all’inizio di novembre. «Non vogliono che io vinca perché sono il primo presidente di sempre che sfida la Cina sul commercio, e perché stiamo vincendo sul commercio».

Il ministro degli esteri cinese, Wang Yi, ascolta allibito la traduzione, a un certo punto tradisce la sua indignazione con un appena percettibile movimento delle spalle. Successivamente risponderà con flemma diplomatica che la Cina «non interferisce e non interferirà» con le elezioni americane del 2018. Quelle del presidente americano sono «accuse ingiustificate che respingiamo con forza», prosegue, ribadendo che la Cina ha una politica di non interferenza negli affari interni degli altri Paesi.

Ma intanto le parole sono volate, gli affronti e gli schieramenti tra le grandi potenze hanno fatto altri importanti passi concreti che i libri di storia non riporteranno, ma li stiamo vivendo, drammaticamente.

R.P.

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