UN NEMICO FASULLO

La piccola borghesia è in movimento, questa enorme massa di artigiani, piccoli padroncini, commercianti, impiegati sono stati colpiti dalla crisi, i loro piccoli privilegi economici e sociali sono stati o ridimensionati o rischiano un ridimensionamento. Dovevano prendersela con qualcuno, qualcuno aveva la responsabilità di quanto stava loro accadendo, bisognava individuare i responsabili e colpirli. Sul versante economico il nemico era prontamente individuato: la grande finanza, la banca, le tasse e il debito pubblico, e siccome questi hanno la loro sede al centro dell’Europa, cosa di meglio che individuare come nemici i burocrati di Bruxelles. All’interno di ogni paese chi […]
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La piccola borghesia è in movimento, questa enorme massa di artigiani, piccoli padroncini, commercianti, impiegati sono stati colpiti dalla crisi, i loro piccoli privilegi economici e sociali sono stati o ridimensionati o rischiano un ridimensionamento. Dovevano prendersela con qualcuno, qualcuno aveva la responsabilità di quanto stava loro accadendo, bisognava individuare i responsabili e colpirli. Sul versante economico il nemico era prontamente individuato: la grande finanza, la banca, le tasse e il debito pubblico, e siccome questi hanno la loro sede al centro dell’Europa, cosa di meglio che individuare come nemici i burocrati di Bruxelles. All’interno di ogni paese chi metteva concretamente in pericolo la loro vita di normali cittadini? L’emigrante, sbandato, senza controllo, davanti al loro negozio, alla loro villetta, lo Stato non aveva saputo proteggerli da questa invasione, non si era curato del pericolo che rappresentavano. I capi della piccola borghesia hanno dato a questa massa una identità politica, un partito. Prima, quando gli affari andavano bene, non era necessario muoversi in proprio, bastava appoggiarsi ai partiti dei borghesi più forti, bastava appoggiarsi ai funzionari statali, una parte alla Democrazia Cristiana e poi a Berlusconi, mentre gli altri ai partiti della cosiddetta sinistra. La crisi ha lavorato con metodo. La rottura fra queste classi e i partiti della grande borghesia si è manifestata apertamente. Berlusconi ha perso dal lato sociale, non era abbastanza duro con gli emigranti, economicamente aveva troppi legami con le banche e il bilancio dello stato, anche se ha conservato un rapporto con la piccola industria del Nord, con commercianti ed artigiani e con la Lega che ne rappresenta una larga parte. Il PD di Renzi è rimasto sfacciatamente l’unico partito della grande industria, delle banche, dell’alta burocrazia di Stato e proprio per questo è stato abbandonato dalla piccola borghesia rovinata dalla crisi che aspirava ad un ribaltamento della situazione economica che Lega e i 5 stelle hanno ampiamente promesso. Naturalmente la grande borghesia al potere in Italia e in Europa teme un movimento della piccola borghesia fuori controllo, teme i proclami alla Salvini, volano parole grosse. Tutto il lavoro che fanno gli uomini di Berlusconi, di Mattarella nel governo, da Tria a Moavero Milanesi è finalizzato a convincere la piccola e media borghesia che tutto si può fare nel rispetto degli interessi del grande capitale industriale e finanziario. E così sarà, la piccola borghesia non ha una potenza economica autonoma capace di imporre le sue scelte e si dovrà adeguare a meno che… e qui viene il punto, a meno che una parte del grande capitale, spinto dalla crisi e dalla concorrenza non voglia rompere l’equilibrio e scatenare una guerra nel mercato mondiale, prima economica e poi militare. A questo punto la mobilitazione della piccola borghesia, del suo nazionalismo provinciale sarà utile per spingere una nazione contro l’altra.

Trump è gia avanti, una parte del grande capitale americano ha fatto leva sull’immiserimento della piccola e media borghesia, e della rabbia di questi contro il passato gruppo dirigente, per sostituirlo al potere. Mentre in Europa la piccola borghesia arrabbiata cerca di legittimarsi agli occhi dei propri capitalisti come i difensori degli interessi nazionali, e ancora non ci riesce.

Ma i sostenitori di Salvini e Di Maio sono stati fregati, almeno la parte più rovinata di essi: la loro rabbia è stata indirizzata contro un obiettivo fasullo. Mentre nella crisi il padrone licenziava anche gli impiegati servizievoli mettendoli alla fame, questi guardavano male l’immigrato ai giardinetti. Mentre lo Stato per finanziare le grandi imprese del capitale aumentava le tasse sulle loro villette, spolpandole, loro volevano armarsi per difendersi dai ladri. Mentre il grande capitale della distribuzione con i suoi prezzi scontati costringeva migliaia di piccoli bottegai alla chiusura, questi denunciavano la concorrenza del venditore di colore all’angolo della strada.

Potremmo continuare a lungo sul lavoro che i Salvini e i Di Maio hanno fatto per deviare la rabbia della piccola borghesia rovinata dalla crisi dai veri responsabili della situazione, prima di tutto il grande capitale industriale, poi il loro Stato, poi il profitto ad ogni costo. Qui entrano in scena gli operai, i colpi della crisi si sono abbattuti prima di tutto su di loro, centinaia di migliaia di essi sono stati gettati nella miseria da un momento all’altro e il responsabile era direttamente sotto i loro occhi, il padrone, il manager industriale, la banca che gli stava dietro. Una rivolta operaia avrebbe indicato a tutta la società chi era il nemico vero, senza veli, che andava abbattuto, avrebbe così impedito l’unificazione della piccola borghesia sotto i due fanfaroni di Lega e 5 stelle. Ma non è successo e non cercheremo qui le ragioni. Quello che sappiamo è che, se si apre uno scontro serio fra operai e capitale, anche settori di piccola borghesia vi saranno coinvolti, e allora da che parte staranno dipenderà solo dalla forza degli operai di rappresentare anche per loro l’unica vera alternativa credibile allo scadimento sociale che la crisi ha prodotto.

E.A.

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