Un accordo quadro ‘a trazione metalmeccanica’ per tutta l’industria.

Gli altri padroni ottengono quello che Federmeccanica ha già conquistato. Questa notte Cgil Cisl Uil e Confindustria hanno raggiunto un’ipotesi di accordo sugli indirizzi nella contrattazione dei settori industriali ( 27_02_2018-testo-finale ). Era da tempo che sindacati e padroni discutevano di questo. Nel 2014 Cgil Cisl Uil presentarono una loro piattaforma. Non ci fu nessun riscontro da parte di Confindustria fino a tutto il 2016. Tempo che Federmeccanica portasse a casa il peggior contratto nazionale dei metalmeccanici di sempre (il migliore, dal loro punto di vista) e la trattativa è stata ripresa, con l’obiettivo esplicito dei padroni di ottenere quello che […]
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Gli altri padroni ottengono quello che Federmeccanica ha già conquistato.

Questa notte Cgil Cisl Uil e Confindustria hanno raggiunto un’ipotesi di accordo sugli indirizzi nella contrattazione dei settori industriali ( 27_02_2018-testo-finale ). Era da tempo che sindacati e padroni discutevano di questo. Nel 2014 Cgil Cisl Uil presentarono una loro piattaforma. Non ci fu nessun riscontro da parte di Confindustria fino a tutto il 2016. Tempo che Federmeccanica portasse a casa il peggior contratto nazionale dei metalmeccanici di sempre (il migliore, dal loro punto di vista) e la trattativa è stata ripresa, con l’obiettivo esplicito dei padroni di ottenere quello che Federmeccanica aveva già portato a casa. Così è partita la trattativa, su un testo vergognoso, presentato dai padroni. Un testo che fin dall’inizio è stato chiaro che rappresentasse in pieno i loro interessi. Un testo considerato inaccettabile e irricevibile, non solo da noi ma anche dai segretari delle principali categorie dell’industria. Persino la Fiom non era d’accordo che diventasse regola per tutti quell’impianto di regolazione salariale e di welfare che aveva firmato poco più di un anno fa, vendendolo ai lavoratori come un Ccnl ‘sperimentale’ (ed un contratto unitario riconquistato dopo tanto penare). Un testo su cui via via si è continuato a contrattare nonostante tutti in Cgil sapessero a cosa avrebbe portato. Nel tempo si è sistemato qualche passaggio, certo, e altri sono più o meno stati mascherati con qualche termine meno indigesto. La struttura però è rimasta quella presentata dai padroni sin dall’inizio, in particolare sui punti cruciali del salario, welfare e benefits, sul rapporto tra i livelli della contrattazione e sull’applicazione del Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio. Un errore clamoroso quello di trattare sul testo di Confindustria. Non abbiamo mai pensato che la piattaforma di Cgil Cisl Uil fosse positiva. Anzi. In ogni modo quella piattaforma è sparita e si è trattato solo sulle richieste di Confindustria, inseguendo ostinatamente un’unità sindacale deleteria (Cisl e Uil erano più o meno d’accordo sul testo da mesi).

C’era davvero bisogno di firmare ora un testo sulle regole contrattuali dell’industria? C’era bisogno di concordare un sistema salariale che lega ogni aumento dei salari nazionali all’IPCA, azzerando di fatto ogni ulteriore ruolo di regolazione salariale del Ccnl e condannando quindi il salario nazionale a perdere persino sull’inflazione complessiva (l’IPCA infatti è l’inflazione depurata dai costi energetici, quindi sempre e comunque inferiore a quella reale)? C’era bisogno quindi di tagliare le gambe in partenza ad ogni possibile battaglia di aumento generalizzato dei salari, che viene indicata spesso come necessità imprescindibile nei documenti programmatici e nei discorsi nei Direttivi nazionali? C’era bisogno di imbrigliare la contrattazione di secondo livello alla produttività (leggi aumento dei ritmi e dei carichi e peggioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza, nelle poche aziende in cui comunque si contratta a livello aziendale)? C’era bisogno di un accordo che integrasse il welfare aziendale dei metalmeccanici nella contrattazione del salario di tutt*, anche di quelle categorie che fino a oggi lo hanno respinto? C’era bisogno di un accordo che riproponesse le parti peggiori del Testo Unico sulla rappresentanza, chiedendone la piena applicazione dell’intero testo, compreso quindi quella sulla esigibilità dei Ccnl che pure fino a ora le categorie della Cgil hanno più o meno evitato negli accordi nazionali (leggi clausole di raffreddamento e sanzioni)? C’era bisogno di un accordo che indirizzasse ancora di più su sanità e previdenza integrativa, persino ipotizzando una futura defiscalizzazione di questi strumenti? Ce ne era bisogno?

No, affatto! A meno che non si volesse, a pochi giorni dalle elezioni, fare un regalo ai padroni e ribadire l’egemonia della loro idea di regolazione del salario, nel mezzo di una campagna elettorale in cui si sprecano le promesse su salario minimo e dintorni. A meno che non si volesse dimostrare ad ogni costo al nuovo Parlamento ed al nuovo incipiente governo (qualunque esso sia) che una co-gestione della crisi tra capitale e lavoro è possibile, anche contro i fatti e l’evidenza, e soprattutto contro gli interessi generali del lavoro.

Il Direttivo nazionale CGIL del 9 marzo verrà chiamato a dare il mandato alla segreteria per firmare l’accordo. Abbiamo continuamente chiesto in questi mesi nelle sedi opportune di convocare il Direttivo prima che la discussione precipitasse sulla firma, anche vista l’importanza per tutti (non solo per le categorie dell’industria) di un accordo di questo tipo. Ecco fatto. Il Direttivo deciderà su un accordo ormai bell’e fatto, pubblico e pubblicamente discusso. Un accordo che ovviamente, come il Testo Unico del 10 gennaio, peserà significativamente anche sul prossimo congresso CGIL, sulla sua discussione e forse sul suo esito.

Noi ovviamente voteremo contro. E faremo appello a tutte le compagne e i compagni, segretari di categoria e non, che in queste settimane si erano dichiarati contrari, ad essere coerenti con quelle dichiarazioni e fare altrettanto per scongiurare un’ulteriore capitolazione della Cgil. Perché questo accordo non è che il Ccnl dei metalmeccanici applicato a tutt*. Un vero regalo per i padroni dell’industria italiana.

Sindacatoaltracosa-OpposizioneCgil

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