25 miliardi di armamenti e bombe nucleari per le “missioni umanitarie”

Caro Operai Contro, tra una cosidetta “missione umanitaria” e l’altra, nel 2018 la spesa militare in Italia varata dal governo Gentiloni, sarà di 25 miliardi di euro, il 4%, in più rispetto il 2017. In linea con il precedente governo guidato da Renzi, che rispetto al 2015 aveva aumentato del 8,6% la spesa militare. Tenendo conto anche dei precedenti governi, dal 2006 ad oggi l’aumento della spesa militare in Italia e stato del 25,8%. Il tutto non per missioni di guerra ma – come dicono i governanti e i loro lacchè – per rigorose “missioni umanitarie”. Alcuni dati. Solo […]
Condividi:

Caro Operai Contro,

tra una cosidetta “missione umanitaria” e l’altra, nel 2018 la spesa militare in Italia varata dal governo Gentiloni, sarà di 25 miliardi di euro, il 4%, in più rispetto il 2017. In linea con il precedente governo guidato da Renzi, che rispetto al 2015 aveva aumentato del 8,6% la spesa militare. Tenendo conto anche dei precedenti governi, dal 2006 ad oggi l’aumento della spesa militare in Italia e stato del 25,8%. Il tutto non per missioni di guerra ma – come dicono i governanti e i loro lacchè – per rigorose “missioni umanitarie”.

Alcuni dati. Solo 25 milioni di euro servono per aggiornare i siti che ospitano le bombe nucleari B-61, mentre 520 milioni l’anno servono per sostenere le 59 basi USA in Italia. La Costituzione dice che “l’Italia ripudia la guerra”, non certo le “missioni umanitarie” verso le quali i governanti sono tanto, tanto sensibili!

Saluti Bruno Casca

 

Mando un articolo da La Stampa

Aumenta la spesa militare italiana, 25 miliardi di euro nel 2018.

Febbraio 2018. Presentato il rapporto MIL€X 2018 a cura dell’Osservatorio sulla spesa militare italiana. 23 milioni di euro per aggiornare i siti che ospitano le bombe nucleari B-61.

È stato presentato presso la sala stampa della Camera dei Deputati il rapporto MIL€X 2018 a cura dell’Osservatorio sulla spesa militare italiana.

“Il rapporto mostra un’ulteriore incremento della spesa militare italiana: 25 miliardi di euro nel 2018 (1,4% del PIL), un aumento del 4% rispetto al 2017 che rafforza la tendenza di crescita avviata dal governo Renzi (+8,6 % rispetto al 2015) e che riprende la dinamica incrementale delle ultime tre legislature (+25,8% dal 2006) precedente la crisi del 2008”.

“Cresce nel 2018 il bilancio del Ministero della Difesa (21 miliardi, +3,4% in un anno, +8,2% dal 2015) e i contributi del Ministero dello Sviluppo Economico all’acquisto di nuovi armamenti (3,5 miliardi di cui 427 milioni di costo mutui, +5% in un anno, +30% nell’ultima legislatura, +115% nelle ultime tre legislature) per i quali nel 2018 verranno spesi 5,7 miliardi (+7% nell’ultimo anno e +88% nelle ultime tre legislature). Tra i programmi di riarmo nazionale in corso, i più ingenti sono quelli per le nuove navi da guerra della Marina (tra cui la nuova portaerei Thaon di Revel), carri armati, elicotteri da attacco dell’Esercito ed aerei Typhoon e F-35”.

“Agli F-35 il Rapporto MIL€X dedica un approfondimento che analizza costi effettivi (50 miliardi con i costi operativi), reali ricadute industriali ed occupazionali, difetti strutturali (che rischiano di mettere fuori servizio gli F-35 finora acquistati dall’Italia per 150 milioni l’uno) e funzione strategica di questo sistema d’arma”.

23 milioni di euro per aggiornare i siti delle B61,

“Un altro approfondimento del Rapporto riguarda le spese di stoccaggio e sorveglianza delle testate atomiche americane B61 nelle basi italiane (23 milioni solo per l’aggiornamento delle apparecchiature di sorveglianza esterna e dei caveau contenenti le B61 all’interno degli undici hangar nucleari della base bresciana) e alle spese di stazionamento del personale militare USA addetto e di mantenimento in prontezza di aerei e piloti italiani dedicati al nuclear strike. Le spese italiane di supporto alle 59 basi USA in Italia sono di 520 milioni l’anno”.

La bomba nucleare tattica guidata B61-12

Sono asset a rendimento variabile con diversi protocolli di autenticazione e sicurezza come il Permissive Action Links. La B61-12 rappresenta un unicum nel panorama delle armi tattiche. Con una precisione (CEP) di 30 metri dall’obiettivo richiede solo una testata da 50 kilotoni (una potenza più accettabile e con minori effetti collaterali). Il rendimento detonante di una testata da 50 kilotoni, in un raggio di 30-68 metri, è assolutamente necessario per polverizzare ogni tipo di bunker fortificato. Ogni bomba all’idrogeno ha una potenza regolabile: da un massimo equivalente di 50.000 tonnellate di TNT ad un minimo di 300. La resa esplosiva della bomba può essere ridotta elettronicamente attraverso un sistema di calibrazione. L’impiego sul campo di battaglia, quindi, potrebbe essere personalizzato a seconda dell’effetto desiderato e dell’obiettivo. Pur non essendo tecnicamente una nuova arma, l’aggiornamento del Pentagono trasforma l’attuale inventario nucleare a caduta libera in sistema d’arma a guida di precisione. L’Air Force continuerà a testare fino alla fine del 2019 la bomba B-61-12 (la revisione del progetto finale dovrà concludersi nel 2018), prima di avviare la produzione di serie. Il primo lotto, quasi certamente destinato all’Europa dove sono presenti le versioni più obsolete della bomba B61, dovrà essere consegnato entro il marzo del 2020. L’intera produzione B61-12 si completerà nel 2025 e coinciderà con il ritiro dal servizio del sistema d’arma all’idrogeno B83 con resa massima di 1,2 megatoni. Le B61-12 LEP (life extension program) resteranno in servizio fino al 2050. La prima versione della bomba nucleare tattica entrò in servizio nel 1968 e da allora rimane uno dei pilastri principali dell’arsenale nucleare statunitense. La letalità della B61-12 è determinata dalla sua precisione, l’aspetto più rilevante nella deterrenza nucleare (stesso principio adottato sulle testate da 100 Kt 76-1 / Mk4A con spoletta programmabile, linea leggera di attacco Trident II). Da rilevare, infine, che la modernizzazione delle armi nucleari tattiche è un processo di routine, poiché ogni sistema d’arma ha una durata prestabilita. Non vi è alcun accordo internazionale tra Mosca e Washington sull’aspetto qualitativo e quantitativo delle testate nucleari tattiche. Il trattato START, attualmente in vigore, si rivolge specificatamente alle testate strategiche ed ai loro lanciatori.

Le B61 in Europa.

Le sei basi della Nato (Belgio (Kleine Brogel AB), Germania (Buchel AB), Italia (Aviano e Ghedi AB), Paesi Bassi (Volkel AB), e Turchia (Incirlik AB) ospitano circa 180 bombe nucleari americane B61 Mod-3,-4,-7,-10. Le basi italiane di Ghedi ed Aviano dovrebbero ospitare complessivamente dalle 30 alle 50 bombe nucleari B61. Le 180 testate B61 all’idrogeno, secondo il concetto politico della condivisione nucleare, saranno tutte riconvertite alla versione Mod-12, pena il deterioramento delle testate più obsolete (quelle cioè dislocate in Europa) per un totale di 500 testate Mod-3, 4, 7 e 10 da riconvertire. Il concetto Dial-a-yield è puramente teorico e si basa sulla facilità di impiego a causa delle resa esplosiva relativamente piccola. Le B61-12 dovrebbero rappresentare un deterrente nucleare ritenuto in grado di dissuadere anche gli stessi alleati dallo sviluppare armi nucleari fatte in casa. Gli americani prevedono l’integrazione della B61-12 anche sulle portaerei, rispolverando il concetto della doppia capacità sugli F-35C. In Europa, la B61-12 potrà essere trasportata esclusivamente dagli F-35A.

La garanzia politica.

Le B61, più che una forza di reazione rapida (non sarebbero sufficientemente potenti per decapitare la linea di comando nemica, mentre il concetto scalare è prettamente letterale) dovrebbero rappresentare un deterrente strategico ritenuto in grado di dissuadere anche gli stessi alleati dallo sviluppare armi nucleari fatte in casa. Vanno quindi intese come una garanzia politica degli Stati Uniti, che ne detengono la proprietà e la discrezionalità, a protezione dell’Europa. L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord è stata concepita per supportare logisticamente la presenza in Europa degli Stati Uniti. Parliamo di una strategia che proviene direttamente dalla guerra fredda. La responsabilità condivisa per le armi nucleari si basa sulla solidarietà degli alleati della Nato e l’unità di intenti a protezione dell’integrità territoriale.

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.