Fuga dal Pronto Soccorso”

Caro Operai Contro, dopo i pazienti visitati sul pavimento del Pronto Soccorso a Nola (Na) e il ragazzo di 23 anni morto dopo 4 ore di attesa al Pronto Soccorso di Napoli, stavolta sono gli infermieri del Pronto Soccorso dell’ospedale di Circolo di Varese che sommersi di lavoro urlano: «Non ce la facciamo più». Per le condizioni lavorative cui sono ridotti, devono ringraziare i tagli alla sanità dei governi Renzi e Gentiloni, che hanno continuato la politica dei governi dei padroni, di svuotare la sanità pubblica e finanziare quella privata, Una denuncia che arriva direttamente dall’ospedale di Circolo di […]
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Caro Operai Contro,

dopo i pazienti visitati sul pavimento del Pronto Soccorso a Nola (Na) e il ragazzo di 23 anni morto dopo 4 ore di attesa al Pronto Soccorso di Napoli, stavolta sono gli infermieri del Pronto Soccorso dell’ospedale di Circolo di Varese che sommersi di lavoro urlano: «Non ce la facciamo più». Per le condizioni lavorative cui sono ridotti, devono ringraziare i tagli alla sanità dei governi Renzi e Gentiloni, che hanno continuato la politica dei governi dei padroni, di svuotare la sanità pubblica e finanziare quella privata, Una denuncia che arriva direttamente dall’ospedale di Circolo di Varese, pubblicata dalla Prealpina.

Saluti

 

Articolo preso da La Prealpina 25 settembre 2017

Fuga dal Pronto soccorso.

Varese. Infermieri in rivolta: «Non ce la facciamo più». Prime richieste di trasferimento.

Non sanno più come fare sentire la loro voce, gli infermieri del Pronto soccorso dell’ospedale di Circolo. Sono tra più fuochi. Quello della prima linea che hanno scelto, il reparto con più imprevisti e con più adrenalina, dove chi lavora deve mettersi in gioco del tutto, le proteste della gente e la mancanza di risposte di fronte al “codice rosso” che devono affrontare tutti i giorni. Troppi pazienti, fino a 40, da ricoverare, pazienti che rimangono anche due o tre notti in Ps perché mancano posti negli altri reparti. Con punte di 70 pazienti da seguire, l’equivalente di due grossi reparti. I rischi di questa situazione? Commettere errori nella somministrazione delle terapie, possibilità di cadute di pazienti. Non offrire, in pratica, una assistenza adeguata, poiché devono fare, semplicemente, troppe cose: sorvegliare i malati, assisterli, fornire spiegazioni e coadiuvare i medici negli ambulatori. Sovraffollamento da una parte (tra i 180 e i 190 pazienti in media in alcuni giorni), poco personale dall’altra (una cinquantina gli infermieri), ma anche pochi medici (un concorso si è appena svolto per due assunzioni).

Gli infermieri si sfogano: «Non ne possiamo più. Da venerdì abbiamo deciso di chiedere il trasferimento, praticamente in massa, qualcuno si è già presentato agli uffici, altri lo faranno da oggi e per tutta la settimana». Una iniziativa che ha il valore di una provocazione e di riaccendere i riflettori sulla situazione di carico di lavoro e di stress. «Ci sono momenti in cui abbiamo trenta-quaranta persone in attesa di un posto letto. Una situazione impossibile da affrontare perché, oltre a dover seguire i pazienti in barella e in attesa di essere ricoverati, dobbiamo seguire anche gli ambulatori e cioè tutte le persone che giungono in Ps e devono venire visitate, in attesa di accertamenti diagnostici e di sapere se possono tornare a casa o devono rimanere in ospedale. Questi pazienti sono a carico nostro nel senso che dipendono da noi infermieri, ma non possiamo tenerli sotto osservazione in continuazione se dobbiamo occuparci d’altro. E se capita qualcosa, la responsabilità è nostra».

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