Spunti per il dibattito su: Le lotte sono la scuola di guerra degli operai

Caro Operai Contro, il dibattito che hai aperto mette il dito nella piaga su almeno due aspetti dello stesso problema: 1) il rapporto che gli operai hanno in fabbrica con l’aristocrazia operaia e il suo strato superiore; 2) la conseguente autonomia (da), o sottomissione (a) l’aristocrazia operaia, degli operai stessi nelle decisioni e quindi nella lotta. Due aspetti fondamentali, decisivi per resistere al padrone nella singola fabbrica e per una politica degli operai, indipendente dalle altre classi.  In fabbrica la subalternità degli operai allo strato superiore dell’aristocrazia operaia, fa deragliare su un binario morto, la capacità degli operai di […]
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Caro Operai Contro,

il dibattito che hai aperto mette il dito nella piaga su almeno due aspetti dello stesso problema: 1) il rapporto che gli operai hanno in fabbrica con l’aristocrazia operaia e il suo strato superiore; 2) la conseguente autonomia (da), o sottomissione (a) l’aristocrazia operaia, degli operai stessi nelle decisioni e quindi nella lotta. Due aspetti fondamentali, decisivi per resistere al padrone nella singola fabbrica e per una politica degli operai, indipendente dalle altre classi.

 In fabbrica la subalternità degli operai allo strato superiore dell’aristocrazia operaia, fa deragliare su un binario morto, la capacità degli operai di vedere il loro rapporto con la produzione, con la fabbrica, con la società, per quello che è: dal loro punto di vista, e di conseguenza organizzarsi, agire. Non di meno i sindacatini presentandosi come “alternativi” ai confederali, eludono il problema del partito operaio, lasciano gli operai che pur lottano sotto le loro bandiere, allo sbando rispetto la loro necessità (degli operai) di costituirsi con gli altri operai, in classe.

Come ricorda l’operaio di Torino citando Engels, per non rassegnarsi alla loro condizione sociale, “gli operai scioperano [anche] in casi in cui è evidente l’inefficacia della loro azione”. Nonostante le lotte molte fabbriche licenziano, altre chiudono. Se questi operai sconfitti sull’obbiettivo immediato, hanno comunque la coscienza di aver dato un colpo al circuito internazionale della concorrenza al ribasso fra gli operai; se dopo il licenziamento sono pronti a colpire ancora la concorrenza, “nerbo vitale dell’attuale ordinamento sociale”, sarebbe un segnale molto positivo. Gli operai coscienti devono agire in modo da fare recuperare la fiducia dei loro compagni scoraggiati per il mancato obbiettivo immediato, oltre il quale non avevano voluto vedere. Impedire che questi compagni cadono nella rete dell’aristocrazia operaia.

 Gli operai passati dalle lotte, forse più degli altri hanno toccato con mano che lo strato superiore dell’aristocrazia operaia, fa da tramite e impersona gli interessi del padrone. Nel contempo costituisce il legame con la politica ufficiale esterna alla fabbrica, la saldatura con i Partiti che, da tempo sputtanati nelle fabbriche, non si presentano più come tali, ma piazzano spesso i loro uomini facendoli eleggere dagli operai o catapultandoli, tramite il sindacato esterno come delegati sindacali: Rsu i primi, Rsa i secondi. Gli uni e gli altri si possono smascherare in fabbrica con un costante confronto scontro, che chiarisca su ogni punto dove portano e dove hanno portato le loro posizioni. Puntare all’unità degli operai con una lotta senza quartiere al padrone e agli agenti dell’aristocrazia operaia, sia che questi si presentino come battitori liberi, o che si annidino in organizzazioni politiche o sindacali, da dove, se non vengono smascherati, parlano e si atteggiano come difensori degli operai.

Saluti da un lettore di vecchia data

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