Se compi 25 anni sei passibile di licenziamento

Caro Operai Contro, per presentare un numero pressochè dimezzato di disoccupati, l’Istat aveva inventato gli “inattivi”. Ossia i 6,8 milioni di disoccupati l’Istat li divide, definendo disoccupati 3,3 milioni di loro, e chiamandone altri 3,5 milioni scoraggiati e “inattivi”. “Inattivi” perché non hanno cercato lavoro nei giorni precedenti l’indagine statistica. C’è da chiedersi cosa si inventerà adesso l’Istat per collocare i disoccupati resi tali dal licenziamento “legittimo”, per aver raggiunto i 25 anni di età. La “legittimità” del licenziamento dei lavoratori che compiono 25 anni, viene motivata dalla tesi che, in tal modo si creerebbero posti di lavoro per […]
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Caro Operai Contro,

per presentare un numero pressochè dimezzato di disoccupati, l’Istat aveva inventato gli “inattivi”. Ossia i 6,8 milioni di disoccupati l’Istat li divide, definendo disoccupati 3,3 milioni di loro, e chiamandone altri 3,5 milioni scoraggiati e “inattivi”. “Inattivi” perché non hanno cercato lavoro nei giorni precedenti l’indagine statistica. C’è da chiedersi cosa si inventerà adesso l’Istat per collocare i disoccupati resi tali dal licenziamento “legittimo”, per aver raggiunto i 25 anni di età. La “legittimità” del licenziamento dei lavoratori che compiono 25 anni, viene motivata dalla tesi che, in tal modo si creerebbero posti di lavoro per i più giovani. ( vedi Abercrombie vince: è legittimo licenziare il lavoratore che compie 25 anni.)

Un’altra colossale presa per il culo che allarga la schiera degli operai “usa e getta”.

Saluti Bruno Casca

 

Allego l’articolo del Sole 24 ore.

Abercrombie vince: è legittimo licenziare il lavoratore che compie 25 anni.

Chi vuole solo giovani dipendenti è autorizzato a licenziarli al compimento dei 25 anni. Il caso dei baby commessi di Abercrombie & Fitch arriva, così, davanti alla Corte Ue. A portarcelo era stato un giovane assunto nel 2010 e poi licenziato al compimento dei 25 anni. Il lavoratore era stato assunto nel 2010 con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, poi convertito a tempo indeterminato il 1 ° gennaio 2012. Il 26 luglio di quell’anno, però, era stato licenziato perché compiva 25 anni.

Il lavoratore si era opposto a tale decisione e la Corte di appello di Milano gli aveva dato ragione ritenendo discriminatorio il licenziamento e imponendo ad Abercrombie & Fitch di riassumere il ragazzo.

La Cassazione aveva successivamente deciso di sollevare davanti alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale, chiedendo se fosse compatibile con il diritto dell’Unione la normativa italiana (Dlgs 276/2003) secondo cui il contratto di lavoro intermittente può riguardare soltanto lavoratori di età inferiore a 25 anni o superiore a 45.

I giudici europei hanno deciso che la legge italiana non contrasta con il diritto dell’Unione e, in particolare, con la Carta dei diritti fondamentali e con la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000. Secondo i giudici «la facoltà di concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e di licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e costituisce un mezzo appropriato e necessario per conseguire tale finalità».

La Corte non nega che la licenziabilità del lavoratore intermittente al compimento del venticinquesimo anno introduca una differenza di trattamento fondata sull’età. «Tuttavia – spiegano i giudici Ue – tale differenza di trattamento è giustificata dalla finalità di favorire l’occupazione giovanile. Infatti, i giovani sotto i 25 anni sono normalmente penalizzati sul mercato del lavoro dall’assenza di esperienza professionale. Per controbilanciare tale situazione, il contratto intermittente riservato agli infraventicinquenni consente agli stessi non tanto di ottenere un lavoro stabile quanto piuttosto di avere una prima esperienza lavorativa funzionale al successivo accesso al mercato del lavoro».

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