Più automi, meno operai: ecco la fabbrica 4.0

Redazione di Operai contro, i teorici dei padroni è da tempo che rompono l’anima sull’aumento dei robot a scapito degli operai nelle fabbriche. Non è una cosa nuova. E’ una tendenza del capitalismo. con meno operai vuole un profitto maggiore. Per noi operai vuol dire più licenziamenti, più sfruttamento e meno salario. Per il capitalismo la fabbrica 4.0 è la via verso la morte. Ho trovato su Wikipedia questo scritto: La caduta tendenziale del saggio di profitto è una formula dell’analisi economica marxiana. Con caduta tendenziale del saggio di profitto Karl Marx ne Il Capitale identificò quel fenomeno secondo […]
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Redazione di Operai contro,

i teorici dei padroni è da tempo che rompono l’anima sull’aumento dei robot a scapito degli operai nelle fabbriche.

Non è una cosa nuova. E’ una tendenza del capitalismo. con meno operai vuole un profitto maggiore. Per noi operai vuol dire più licenziamenti, più sfruttamento e meno salario.

Per il capitalismo la fabbrica 4.0 è la via verso la morte.

Ho trovato su Wikipedia questo scritto:

La caduta tendenziale del saggio di profitto è una formula dell’analisi economica marxiana.
Con caduta tendenziale del saggio di profitto Karl Marx ne Il Capitale identificò quel fenomeno secondo cui l’aumento progressivo degli investimenti sui macchinari e sulle materie prime trattate [C] a scapito degli investimenti sui salari [V] avrebbe prodotto come risultato tendenziale del processo produttivo un saggio di profitto sempre minore. Il carattere di semplice tendenza viene attribuito alla legge per via delle cause antagonistiche, che lo contrastano.

Marx giunse a questa conclusione sulla base della teoria del valore: essendo il capitale sotto forma di salari (capitale variabile) l’unica fonte di plusvalore, l’aumento della composizione organica del capitale riferita agli investimenti sulle macchine e sul continuo aggiornamento tecnologico (capitale costante) avrebbe dato come risultato del processo produttivo dei profitti progressivamente decrescenti in proporzione agli investimenti complessivi.

In particolare il saggio del plusvalore è nella teoria marxiana il rapporto tra plusvalore e capitale variabile, e il saggio di profitto è invece il rapporto tra il plusvalore e l’insieme del capitale investito, ovvero capitale variabile e costante (salari più macchinari, materie prime e ausiliarie). In formule:

Saggio del plusvalore:  {\displaystyle \ S_{P_{v}}={\frac {P_{v}}{V}}}

Saggio di profitto:    {\displaystyle \ S_{p}={\frac {P_{v}}{(C+V)}}}

Dove P_{v} è il plusvalore,  C il capitale costante e V il capitale variabile.

Secondo questa formulazione infatti nel calcolo del saggio di profitto,  S_{p} diminuisce all’aumentare di C. Da questo la tendenza a diminuire V (rappresentato dai salari degli operai), ma diminuendo il numero degli operai P_{v} diminuisce, nonostante l’aumento dello sfruttamento La conclusione teorica suggerisce quindi che, all’aumentare degli investimenti complessivi sulla produzione, se aumenta la sproporzione tra capitale costante e capitale variabile in favore del primo il saggio di profitto diminuisce, e questa diminuzione è progressiva all’aumento della forbice tra i due tipi di investimenti.

Su questo principio Marx teorizza il concetto di un rendimento decrescente strutturale della crescita del capitalismo, individuando nella caduta tendenziale del saggio di profitto l’effetto tipico e ultimo del modo di produzione capitalistico.

La fabbrica 4.0 indica che il capitalismo è moribondo

Un operaio Fidia

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