ILVA: Gli operai: “Prima i danni alla salute e adesso ci tolgono il posto di lavoro”

DALLA sTAMPA paolo baroni inviato a taranto Inaccettabile. Il giudizio rimbalza da Taranto, dove lavoratori ed Rsu attendevano con ansia notizie da Roma, e dalla Capitale, dove le delegazioni sindacali sono tornate ieri per conoscere il responso dei tre commissari sul futuro dell’Ilva. Inaccettabile, dicono in fabbrica. Inaccettabile, confermano Fiom, Fim e Uilm, che assieme all’Usb hanno già convocato a Taranto per questa mattina alle 8 un incontro delle segreterie seguito a ruota da una riunione straordinaria del consiglio di fabbrica con tutti i delegati. Lo scarto tra una città fiaccata dalla crisi ed una fabbrica che torna a […]
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DALLA sTAMPA

paolo baroni
inviato a taranto

Inaccettabile. Il giudizio rimbalza da Taranto, dove lavoratori ed Rsu attendevano con ansia notizie da Roma, e dalla Capitale, dove le delegazioni sindacali sono tornate ieri per conoscere il responso dei tre commissari sul futuro dell’Ilva. Inaccettabile, dicono in fabbrica. Inaccettabile, confermano Fiom, Fim e Uilm, che assieme all’Usb hanno già convocato a Taranto per questa mattina alle 8 un incontro delle segreterie seguito a ruota da una riunione straordinaria del consiglio di fabbrica con tutti i delegati.

Lo scarto tra una città fiaccata dalla crisi ed una fabbrica che torna a ribollire è evidente. Il clima in città è surreale: nelle vie del centro lo struscio quotidiano ed il rito dell’aperitivo serale si svolgono come se nulla fosse, mentre l’acciaieria più grande d’Europa agonizza da mesi, gira ai minimi come testimoniano i cargo da giorni immobili in rada e le poche fumate che escono dalle sue ciminiere. Per questo in città c’era attesa per l’annuncio della cordata vincente, perché si poteva immaginare una ripartenza. Perché si poteva mettere fine a mesi, anni, di inerzia.

«L’incontro non è assolutamente andato come speravamo – spiega Valerio D’Alò giovane segretario della Fim Cisl di Taranto appena rientrato dalla Capitale -. Per prima cosa nell’offerta di acquisto i numeri degli esuberi presentati non sono assolutamente accettabili, perché è un prezzo che dal punto di vista occupazionale Taranto non può pagare dopo aver già abbondantemente pagato dal punto di vista ambientale e della salute. E poi perché dall’incontro ci saremmo aspettati maggiori dettagli sul piano industriale, a cominciare destino dei tubifici, e sugli investimenti sugli impianti da ammodernare, temi che invece non sono stati minimamente sfiorati».

 

Sugli esuberi ieri al tavolo ministeriale secondo i sindacati non solo «sono usciti numeri un po’ a prescindere», ma non è stato nemmeno spiegato come si intende gestirli. «Le nostre preoccupazioni, per quel poco che ci è stato detto – sostiene a sua volta il segretario provinciale della Uil, Antonio Talò – diventano realtà. Abbiamo subito malattie, danni sanitari e ambientali e adesso ci risarciscono con i licenziamenti. Quel numero di esuberi lo inviamo al mittente».

 

Il presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo, che ha da poco incontrato alcuni dei candidati sindaco facendo in molti casi fatica a strappare prese di posizione nette e idee realmente praticabili per uscire da una crisi che rischia di diventare decennale, non crede che il livello reale degli esuberi Ilva «una volta entrata in campo la nuova proprietà sia davvero quello annunciato. Non credo ai 5-6 mila esuberi – spiega – credo che gli esuberi reali, strutturali, dell’Ilva una volta passata ai privati, siano nell’ordine dei 2500-3000. E questo è un numero che non deve spaventare, nemmeno se si dovesse arrivare a 4 mila. Infatti 1000-1500 possono essere ricollocati decidendo di esternalizzare tutta una serie di attività che nulla hanno a che fare con la produzione di acciaio e al contrario di quanto hanno fatto negli anni i Riva possono tranquillamente essere date in outsourcing. Attraverso accordi quadro questi lavoratori potrebbero essere agevolmente ricollocati attraverso le aziende dell’indotto che – lo dico per esperienza personale visto che il mio gruppo opera in questo campo – potrebbero assorbire abbastanza agevolmente. I restanti 2000-2500 sarebbero invece l’esubero strutturale che andrebbe gestito attraverso gli ammortizzatori sociali. Però oggi non si può essere sorpresi più di tanto da questi annunci, perché era chiaro che la nuova Ilva avrebbe prodotto di meno e se produco meno ho certamente bisogno di meno gente». Cesareo tra ArcelorMittal e Jindal non si sbilancia, «noi i piani li abbiamo conosciuti dalla stampa», precisa. Ma è chiaro che vede di buon occhio la prima soluzione visto che i 600 milioni offerti in più potrebbero agevolmente risolvere il problema dei crediti vantati dalla galassia di piccole e medie imprese dell’indotto Ilva. Sono centocinquanta milioni di euro che pesano sui loro bilanci e che in questi anni non hanno fatto altro che amplificare l’effetto di questa crisi.

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