Il reddito di cittadinanza e gli sporcaccioni della bad economy

pubblichiamo per il dibattito Il reddito di cittadinanza, il reddito minimo o come vogliamo chiamarlo, è probabilmente un fatto di civiltà che risponde a esigenze vere e immediate di una dignitosa sopravvivenza delle persone in difficoltà. Rischia, però, di trasformarsi in un gesto di carità (con tutto il rispetto per la carità), se escluso da una visione politica più ampia e “rivoluzionaria”. Chi copre o coprirà i costi di un provvedimento di civiltà? Le tasse dei cittadini. Non i capitani della finanza e delle banche, non i corrotti e i corruttori, non i “grandi imprenditori” che hanno prosciugato le […]
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pubblichiamo per il dibattito

Il reddito di cittadinanza, il reddito minimo o come vogliamo chiamarlo, è probabilmente un fatto di civiltà che risponde a esigenze vere e immediate di una dignitosa sopravvivenza delle persone in difficoltà. Rischia, però, di trasformarsi in un gesto di carità (con tutto il rispetto per la carità), se escluso da una visione politica più ampia e “rivoluzionaria”. Chi copre o coprirà i costi di un provvedimento di civiltà? Le tasse dei cittadini. Non i capitani della finanza e delle banche, non i corrotti e i corruttori, non i “grandi imprenditori” che hanno prosciugato le risorse pubbliche e distrutto il sistema produttivo italiano. E nemmeno i politicanti di ogni genere. Anzi, loro continueranno a sorridere sotto i baffi. Perché? Il ragionamento è semplice. Il sistema malato della distribuzione della ricchezza, il sistema di potere economico-finanziario delle multinazionali producono “scorie sociali” che qualcuno deve smaltire. O le smaltisce lo Stato attraverso varie misure di welfare agendo sulla fiscalità, oppure lo fanno le organizzazioni non profit e caritatevoli. I veri responsabili della povertà non pagano mai. Anzi, loro, possono continuare a inquinare e sfruttare, a produrre disoccupazione e disperazione, tanto c’è chi interviene a tamponare le situazioni al limite della rivolta. Insomma, loro sporcano e qualcuno deve pulire. Il ragionamento che fanno i sacerdoti della società di mercato (badate, “società di mercato”, non “economia di mercato”) è banale: “Impossibile evitare che ci siano disuguaglianze, morti di fame, disadattati, semianalfabeti, emarginati; è impossibile evitare che ci siano bambini poveri, affamati, sfruttati; impossibile evitare di produrre scorie sociali. E’ il mercato bello! Non esiste un mondo perfetto ma solo perfettibile. Perciò discutiamo su come attenuare questi effetti indesiderati”. Ecco, di questo si discute da duecento anni, e ancora oggi il dibattito riguarda i mezzi per evitare gli effetti indesiderati causati dalla società di mercato. Salari più alti, diritti sociali più estesi, misure contro la povertà, misure contro l’inquinamento e così via. Ecco, non vorrei che un provvedimento di civiltà, quale il reddito di cittadinanza, finisse per diventare un semplice mezzo per ridurre un disagio sociale ed economico causato dalla società di mercato. In tal caso avremo offerto un’altra stampella al capitalismo senza scrupoli. Avremo commesso lo stesso errore che tutta la sinistra (o meglio “le sinistre”) del mondo occidentale ha perpetuato in duecento anni: il sostegno più o meno inconsapevole all’espansione della società di mercato e quindi della bad economy. Quelle sinistre che, di fatto, hanno rinunciato nel tempo a nuovi orizzonti ideali, a nuove visioni di mondo e che hanno agito nei recinti ideologici del capitalismo senza tuttavia tentare di superarli. Il reddito di cittadinanza sia dunque il tassello di una più vasta visione di società che agisca soprattutto sui meccanismi di redistribuzione della ricchezza, sulla democratizzazione dell’economia che vuol dire partecipazione e cooperazione nei processi economici. L’economia non è democratica perché è libera, come sostiene qualcuno, ma è democratica se produce libertà. Chi lo farà?

    Michele Finizio
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