Sotto i 500 parti, chiudono i reparti maternità

Caro Operai Contro, continua da più di un mese l’occupazione del reparto maternità di Angera (Va). Dopo i tanti reparti maternità già chiusi in tutta Italia, il diktat di chiuderne altri cinque in Lombardia era arrivato direttamente dal governo Renzi. Le motivazioni starebbero nel fatto che, se in un reparto maternità non ci sono almeno 500 parti l’anno, “non possono esserci i requisiti minimi di sicurezza né l’esperienza necessaria per affrontare situazioni difficili o improvvise”. Motivazioni puerili che gli scribacchini del Corriere della Sera riportano senza commenti. Maroni governatore della regione Lombardia, sempre impegnato a cacciare migranti, ha perso […]
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Caro Operai Contro,

continua da più di un mese l’occupazione del reparto maternità di Angera (Va). Dopo i tanti reparti maternità già chiusi in tutta Italia, il diktat di chiuderne altri cinque in Lombardia era arrivato direttamente dal governo Renzi. Le motivazioni starebbero nel fatto che, se in un reparto maternità non ci sono almeno 500 parti l’anno, “non possono esserci i requisiti minimi di sicurezza né l’esperienza necessaria per affrontare situazioni difficili o improvvise”. Motivazioni puerili che gli scribacchini del Corriere della Sera riportano senza commenti. Maroni governatore della regione Lombardia, sempre impegnato a cacciare migranti, ha perso tutta la sua sicumera e si arrende alle decisioni di “Roma ladrona”. Come ha più volte denunciato Operai Contro, chiudendo i reparti si trasformano gli ospedali in cronicari e lazzaretti, oltre al disagio di chi quei reparti dovrà cercarli in ospedali più lontani. L’occupazione e la lotta sono la strada maestra da praticare, contro i tagli alla sanità pubblica.

Saluti da Palazzago

Tratto dal Corriere della Sera 12 dicembre 2016

Occupazione per protesta. Poco importa che sia domenica. Già alle 8 di mattina venti giovani donne — chi con i bimbi in braccio, chi con il pancione — salgono al secondo piano dell’ospedale Ondoli di Angera, paese del Varesotto di 5.600 abitanti. «Siamo mamme che hanno deciso di occupare a oltranza il reparto chiuso con un provvedimento assurdo — dicono —. Ci sentiamo tradite da dirigenti e istituzioni». Presto si aggiungono al coro i sindaci dei dintorni, che arrivano con la fascia tricolore al petto, e una decina di papà che si piazzano all’ingresso con cartelli e palloncini.

Quella di Angera è una mobilitazione che virtualmente attraversa l’intera Lombardia. Non nasceranno più bambini all’ospedale Ondoli, così come neppure al Locatelli di Piario (Bergamo), all’Oglio Po di Casal Maggiore (Cremona) e al Broni-Stradella (Pavia). E i vertici dell’assessorato della Sanità dovranno chiudere a breve anche un altro punto nascita a scelta tra il Moriggia Pelascini di Gravedona e Chiavenna, entrambi in Valtellina. In totale sono cinque i reparti di Maternità dove le donne non potranno più partorire. Una novità senza dubbio impopolare, ma dettata dalla volontà di proteggere madri e nascituri: l’evidenza scientifica dimostra che al di sotto dei 500 parti in un anno non possono esserci i requisiti minimi di sicurezza né l’esperienza necessaria per affrontare situazioni difficili o improvvise.

La decisione è stata presa dal ministero della Salute. E adesso anche la Lombardia del governatore Roberto Maroni (Lega), che ha tentato il tutto e per tutto per resistere al diktat di Roma, deve adeguarsi. Il primo a chiudere è il punto nascita dell’ospedale di Angera, gli altri seguiranno a breve. Venerdì, 9 dicembre, è arrivata la lettera sul futuro dei reparti di Maternità che i vertici della Regione aspettavano da giorni.

 

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