comunicato sindacatoaltracosa in FIOM

La commissione elettorale FIM FIOM UILM ha dichiarato conclusa la consultazione dei metalmeccanici e delle metalmeccaniche per l’approvazione dell’ipotesi di accordo firmata da FIM FIOM UILM il 26 novembre. L’80% ha approvato l’accordo (vedi i dati per regione e provincia). 68.695 lavoratori e lavoratrici hanno invece detto NO. Nessuno di noi ha mai pensato che nella consultazione potesse prevalere il NO e l’ipotesi di accordo essere bocciata. L’accordo di FIM FIOM UILM è stato approvato. Ne prendiamo atto. Non potrebbe essere altrimenti, con una consultazione fatta in fretta a ridosso di Natale, con tante fabbriche già chiuse, in cassa […]
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La commissione elettorale FIM FIOM UILM ha dichiarato conclusa la consultazione dei metalmeccanici e delle metalmeccaniche per l’approvazione dell’ipotesi di accordo firmata da FIM FIOM UILM il 26 novembre. L’80% ha approvato l’accordo (vedi i dati per regione e provincia). 68.695 lavoratori e lavoratrici hanno invece detto NO. Nessuno di noi ha mai pensato che nella consultazione potesse prevalere il NO e l’ipotesi di accordo essere bocciata. L’accordo di FIM FIOM UILM è stato approvato. Ne prendiamo atto.

Non potrebbe essere altrimenti, con una consultazione fatta in fretta a ridosso di Natale, con tante fabbriche già chiuse, in cassa o in CDS come la Piaggio. In tanti posti di lavoro le assemblee non si sono nemmeno fatte. E dove ci sono state, la posizione del NO non ha avuto alcuna agibilità, né nelle assemblee né nelle commissioni elettorali, per uno strano principio democratico per cui si può votare SI o NO, ma nelle fabbriche possono parlare solamente le ragioni del SI. Principio altre volte duramente contestato dalla FIOM e invece oggi rivendicato a gran voce (vedi per esempio la vicenda della consultazione della CGIL sul TU del 10 gennaio, quando la FIOM pretendeva che nelle assemblee e nelle commissioni elettorali fossero rappresentate anche le ragioni del NO).

Conoscevamo fin dall’inizio queste regole, i trucchi delle burocrazie e le difficoltà che avremmo avuto. Eppure abbiamo annunciato da subito come area che avremmo portato avanti la campagna per il NO a questo accordo. Lo abbiamo fatto nel momento stesso in cui siamo usciti dalla delegazione trattante, il giorno prima che si arrivasse alla firma. E poi nel Comitato Centrale del giorno dopo.
Lo abbiamo fatto nonostante gli “avvertimenti”, le “ammonizioni”, le circolari. Lo hanno fatto principalmente i delegati e le delegate, lanciando da subito un appello per il NO e organizzando in tempi brevissimi l’assemblea di Firenze del 6 dicembre. Abbiamo informato e spiegato le nostre ragioni nei posti di lavoro dove ci siamo, nei direttivi territoriali (nonostante il divieto di presentare ordini del giorno), ai cancelli delle grandi fabbriche. In una sorta di delirio centralizzatore, alcuni funzionari sono arrivati al punto di intimare ai delegati il divieto persino di volantinare ai cancelli! Un divieto letto chissà dove nello Statuto della CGIL e che la dice lunga sul clima di tensione che in questi giorni si è vissuto in molte strutture, nonché sull’idea di libertà che hanno alcuni sindacalisti, anche a prescindere dalla regole interne dell’organizzazione.

In ogni modo, pur tra tante difficoltà e con i nostri pochi strumenti e le nostre poche risorse, abbiamo organizzato una campagna per il NO dal basso, nel merito dei contenuti dell’ipotesi di accordo, con argomenti che sono stati compresi da molti e soprattutto difficilmente smentiti. Tanto da riuscire a incrociare un consenso che va molto oltre quello che l’area è stata in FIOM in questi anni, così come era già stato per l’integrativo di Fincantieri questa estate. Oltre a noi, abbiamo incontrato l’impegno di vari delegati e delegate, persino di qualche funzionario, ma soprattutto di tanti e tante lavoratrici, che hanno considerato questa ipotesi di accordo negativamente, tanto da schierarsi contro e votare NO.

Il dato politico che ci consegna questa consultazione è che ovunque siamo stati presenti e ovunque le ragioni del dissenso hanno avuto agibilità, il NO ha prevalso o comunque il SI ha vinto di misura. Anche in fabbriche dove i delegati dell’area non ci sono o sono pochi e che normalmente sono state schierate con la maggioranza della FIOM. È il caso della Tenaris Dalmine di Bergamo, dove per la prima volta da decenni è stato bocciato un contratto nazionale. Ma anche della ST Microelectronic, della AST, della Electrolux, di Fincantieri, dell’ILVA di Genova e di tante ancora. Se ci fosse stata pari agibilità alle ragioni del NO e più tempo per fare assemblee e informare i lavoratori, chissà quale sarebbe stato il risultato.

Il sì comunque ha prevalso. Il voto dei lavoratori, nonostante tutte le contraddizioni di questa consultazione, consegna ai metalmeccanici un nuovo contratto. Un contratto applaudito da Federmeccanica e elogiato dal sole24ore, da Ichino e da Tiraboschi, ma piaccia o meno anche votato dalla maggioranza dei lavoratori.
Resta un dato politico. Con tutte e tre le organizzazioni sindacali che sostenevano l’accordo, in ogni fabbrica dove il NO ha vinto o dove comunque si è attestato su percentuali alte, soprattutto in quelle più grandi, il segnale che arriva è chiaro e dovrebbe sfondare le porte delle sedi sindacali, soprattutto quelle della FIOM. Tanti lavoratori e lavoratrici non sono d’accordo con questo contratto nazionale e non ne possono più di accordi a perdere, che non pagano soldi né tutelano diritti. In tanti hanno sostenuto la posizione della FIOM quando nel 2009 e 2012 rifiutò di firmare gli accordi separati. In tanti, oggi, non hanno invece capito perchè firmare questo accordo e chiudere quella stagione che ha tenuto aperta per anni nei posti di lavoro e nel rapporto con la CGIL quella anomalia che la FIOM comunque ha rappresentato, pur tra tante contraddizioni e tanti ripensamenti.

Alla FIOM resterà ora questa pesante eredità da gestire. Un accordo che è stato approvato ma resterà indigesto a molti. Soprattutto in alcuni territori, come Trieste, Bergamo, Napoli, Genova, Modena, Parma. E in particolare alla Same, alla GKN, negli stabilimenti Electrolux, nei principali cantieri navali di Fincantieri, alla Marcegaglia di Forlì, alla Danieli di Udine, alla Piaggio di Pontedera, alla Continental, all’ex Avio di Pomigliano, alla Jabil di Caserta, alla Motovario di Modena, all’ILVA di Genova, all’Ansaldo, in molti siti di Sirti e della ST Microelectronic. E’ impossibile citarle tutte, ma ognuna di queste e molte altre pesano tanto, anche oltre il numero di voti che hanno portato. Perchè sono quelle più grandi, più combattive e più militanti, quelle su cui un sindacato può contare quando decide di mobilitarsi e scioperare. E qualunque sindacato che non si ponga il serio problema che i settori più combattivi e organizzati della classe, quelli che normalmente scioperano, abbiano respinto questa linea contrattuale, rischia di perdere il contatto con la realtà. O forse, di averlo già perso. In questi giorni, abbiamo sentito tanti sindacalisti e delegati lamentarsi nei corridoi di questo brutto accordo e poi sostenerlo nei direttivi e nelle assemblee, a volte passandolo come una vera e propria vittoria, altre volte sostenendolo con argomentazioni copiate a quelle che FIM e UILM utilizzavano nel 2009 e nel 2012. Altre volte ancora, quelle più imbarazzanti, non presentandosi nemmeno in assemblea, come in GKN a Firenze.
Un sindacato che perde il contatto con la realtà e con la propria base si condanna a essere esso stesso più debole e vulnerabile. A meno che, più prosaicamente, il contatto con la realtà non diventi definitivamente enti bilaterali e quote contrattuali.

Anche a noi questa consultazione lascia un’eredità. Il lavoro che abbiamo fatto in questi giorni, attraverso quel protagonismo dei delegati e delle delegate che abbiamo tanto auspicato nel rimettere in piedi l’area dopo le discussioni dei mesi scorsi. Un lavoro che ha costruito anche in prospettiva il nostro ruolo e il nostro consenso. E che ha confermato, per chi ne avesse avuto il dubbio, che lo spazio di opposizione all’interno della CGIL c’è eccome. Ma bisogna conquistarlo, con radicalità e deteminazione, anche sfidando apertamente i vertici sindacali come abbiamo fatto in questi giorni, ma approfondendo il merito, costruendo rapporti di forza e soprattutto mantenendo la nostra coerenza. Soprattutto di questo siamo convinti: che la coerenza paga. Lo misureremo nei prossimi mesi e da qui al congresso.

Intanto, sosteniamo da subito l’impegno uscito dalla assemblea dei delegati a Firenze di riconvocarsi il 27 gennaio, per valutare l’esito della consultazione e soprattutto porre le basi di una prospettiva contrattuale e sindacale di resistenza a questo contratto. L’impegno è anche quello di proseguire il confronto dal basso per creare una rete più salda possibile tra i delegati e le delegate.

Ripartiamo dai quasi 69mila NO a questo accordo, dalle fabbriche e dai territori in cui ha prevalso, dove si è affermato in modo deciso, dove ha anche solo provato a sfidare FIM UILM e la maggioranza della FIOM. Ringraziando tutte e tutti quelli che si sono impegnati affinché i lavoratori votassero nel modo più consapevole possibile, partiremo da questo dissenso, come altre volte siamo partiti da un voto di minoranza agli accordi, per continuare a sviluppare una resistenza per la difesa del salario, dei diritti e delle condizioni di lavoro.
Questo accordo segna una svolta nel modello contrattuale e apre una crepa. Il nostro lavoro è appena cominciato!

sindacatoaltracosa – opposizione cgil in Fiom

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