Call center: 80 mila lavoratori a rischio licenziamento

Caro Operai Contro, i 2.500 licenziamenti annunciati a Roma e Napoli da Almaviva, più altri 150 licenziamenti sotto il ricatto di trasferimenti dalla Sicilia alla Calabria, emergono come la punta di un iceberg, rappresentato da 80 mila posti di lavoro a rischio nel settore dei call center. Con i licenziamenti che fioccano a migliaia, anche nel terziario bisogna pensare a forme nuove di lotta e di organizzazione. Saluti da un lettore   L’articolo dal Fatto Quotidiano “Se non si risolve la questione entro breve, nel giro di qualche mese ci saranno 70-80mila posti a rischio nel settore dei call […]
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Caro Operai Contro,

i 2.500 licenziamenti annunciati a Roma e Napoli da Almaviva, più altri 150 licenziamenti sotto il ricatto di trasferimenti dalla Sicilia alla Calabria, emergono come la punta di un iceberg, rappresentato da 80 mila posti di lavoro a rischio nel settore dei call center.

Con i licenziamenti che fioccano a migliaia, anche nel terziario bisogna pensare a forme nuove di lotta e di organizzazione.

Saluti da un lettore

 

L’articolo dal Fatto Quotidiano

“Se non si risolve la questione entro breve, nel giro di qualche mese ci saranno 70-80mila posti a rischio nel settore dei call center”. A lanciare l’allarme sono i sindacati, alla luce dello stallo delle trattativa con Almaviva Contactc he ha annunciato la chiusura delle sedi di Roma e Napoli e il taglio di 2.500 dipendenti. Secondo Giorgio Serao (Fistel), Paolo Mischi (Uilcom) e Riccardo Saccone (Cgil-Slc), sono tre i nodi da risolvere: intervenire con norme che siano di contrasto alle delocalizzazioni e applicare le sanzioni che sono già previste, agire contro le gare al massimo ribasso rispettando i minimi contrattuali e prevedere ammortizzatori sociali stabili e non in deroga per tutto il settore. Il ddl Concorrenza, fermo in Senato, contiene inoltre una norma che aumenta controlli e i paletti contro l’esternalizzazione in Paesi extra Ue, chiarendo chi sono le autorità preposte al controllo, aumentando le multe per chi viola le norme di privacy e prevedendo che chi trasferisce le attività fuori dall’Europa perde gli incentivi previsti per chi assume nei call center in Italia.

Mercoledì i lavoratori della sede Almaviva di Palermo hanno occupato la struttura protestando contro il piano di trasferimento aziendale di 150 operatori dalla Sicilia alla Calabria. “La situazione a Roma, Napoli e Palermo ormai è insostenibile”, ha dichiarato Riccardo Saccone della Slc Cgil nazionale. “La dirigenza di Almaviva sta giocando col fuoco. La smetta di giocare con la vita di migliaia di donne e uomini, ritiri la procedura di chiusura delle sedi ed i trasferimenti coatti, torni al tavolo senza ricatti o si assumerà la responsabilità di quanto potrà accadere”.

La vicenda è stata affrontata al ministero dello Sviluppo senza però trovare una soluzione. “Almaviva continua a non voler bloccare questi trasferimenti. E il terribile ricatto sta andando avanti, una pistola puntata sui lavoratori a basso reddito, che sono nel panico. Hanno occupato la sede di via Marcellini a Palermo, sono impazziti, minacciano il suicidio, di darsi fuoco. Non si gioca così con la vita delle persone. Il governo non può farci queste proposte. Non si può vendere al ribasso il lavoro e la dignità delle persone. Governo, Regione, Comune, industria si mettano insieme al sindacato per costruire una posizione politica seria, non più rimandabile. La Cgil non accetterà mai queste condizioni arroganti e abominevoli” ha poi concluso Saccone. Un prossimo incontro è fissato al 27 ottobre.

L’amministratore delegato di Almaviva Contact Andrea Antonelli, audito in commissione Lavoro al Senato, ha ribadito che la società “deve registrare ricavi ridotti del 50% negli ultimi quattro anni, pari a 100 milioni di euro – mantenendo una forza lavoro di circa nove mila risorse sostanzialmente invariata – a fronte di uno scenario di mercato in continuo deterioramento, in presenza di una crisi del settore che ha comportato la chiusura di almeno quindici aziende negli ultimi ventiquattro diciotto mesi”. Secondo Antonelli “è il momento di decidere se seguitare ad attardarsi su politiche conservative senza speranza e logiche di stampo assistenziale – continuo ricorso agli ammortizzatori evocato dal sindacato come illusoria ricetta universale – o mettere in campo indirizzi di politica industriale, anche dolorosi se è necessario, che sappiano misurarsi con la presa d’atto di un mercato totalmente fuori equilibrio”.

 

 

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