La FIAT ha perso e gli operai hanno vinto.

Volantino distribuito ieri al G. B. Vico di Pomigliano  I cinque operai licenziati sono stati reintegrati dalla corte d’appello di Napoli al loro posto di lavoro. Questa è una vittoria di tutti gli operai. Il licenziamento di Mimmo Mignano, Marco Cusano, Antonio Montella, Massimo Napolitano e Roberto Fabbricatore, era un esempio da dare a tutti gli operai FIAT. La FIAT voleva dare un messaggio chiaro: Chi non si piegava alle politiche aziendali doveva essere buttato fuori, condannato alla fame senza lavoro. La FIAT ha messo in campo tutto il suo potere per raggiungere lo scopo. Ha mobilitato i migliori […]
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Volantino distribuito ieri al G. B. Vico di Pomigliano

 I cinque operai licenziati sono stati reintegrati dalla corte d’appello di Napoli al loro posto di lavoro. Questa è una vittoria di tutti gli operai.

Il licenziamento di Mimmo Mignano, Marco Cusano, Antonio Montella, Massimo Napolitano e Roberto Fabbricatore, era un esempio da dare a tutti gli operai FIAT.

La FIAT voleva dare un messaggio chiaro: Chi non si piegava alle politiche aziendali doveva essere buttato fuori, condannato alla fame senza lavoro.

La FIAT ha messo in campo tutto il suo potere per raggiungere lo scopo. Ha mobilitato i migliori avvocati, la stampa zitta o allineata, ha cercato sistematicamente di isolare i cinque licenziati dai compagni di lavoro, li ha resi invisibili per liquidarli senza clamore. Il primo risultato è stato che il tribunale di Nola, con sentenze vergognose, ha confermato per ben due volte i licenziamenti.

Tra il diritto del lavoro e le sentenze però c’era una grossa contraddizione. I giudici di Nola hanno piegato le leggi esistenti dando una interpretazione forzata a tutto vantaggio della FIAT.

Proprio su questa contraddizione esistente tra la legge e l’interpretazione dei giudici abbiamo costruito una campagna cercando di coinvolgere quella parte di opinione pubblica ancora sensibile ai grandi temi della democrazia e dei diritti. Noi di Operai Contro. concordando l’azione con i cinque compagni licenziati, abbiamo deciso di lanciare una campagna in difesa della libertà di opinione e di critica nei luoghi di lavoro. Un primo gruppo di intellettuali ha stilato un appello che è stato firmato da migliaia di operai, intellettuali, artisti, giuristi, giornalisti e uomini politici

I cinque licenziati hanno iniziato dal canto loro una lotta instancabile per essere visibili, per sostenere l’appello, per far capire alla FIAT che non erano vinti. La loro grande determinazione ha smascherato agli occhi di tutti il sopruso che la FIAT stava compiendo. E’ stato il loro coraggio ad attrarre la solidarietà, la simpatia e il sostegno di tanti intellettuali. E’ stata una lotta lunga, durata anni. Mimmo e gli altri hanno dovuto sostenere grandi sacrifici per resistere. Con la loro azione hanno rotto l’isolamento, hanno fatto conoscere il caso ai tanti che non ne sapevano nulla. Hanno costretto i giudici a riflettere su quello che stava accadendo in Italia nel campo del diritto del lavoro.

L’ampio schieramento che abbiamo creato e il dibattito che ne è seguito, ha determinato le condizioni per un ripensamento della magistratura sulle decisioni prese in primo grado a Nola. Le sentenze di Nola erano di “indirizzo” e avrebbero condizionato tutte le cause di lavoro in Italia.

Se i cinque compagni di Pomigliano avessero perso, da quel momento in poi, sarebbe stato più difficile, per tutti gli operai vincere nei tribunali contro i licenziamenti per rappresaglia. Con questa sentenza, abbiamo fermato il padrone più potente in Italia e abbiamo dato speranza e coraggio a tutti gli operai.

Dobbiamo però dire che a questa grande battaglia hanno partecipato molti militanti operai e delegati della FIOM, ma non hanno dato nessun contributo i massimi vertici della FIOM. Né Landini, pur personalmente invitato, né alcun altro dirigente nazionale della maggioranza FIOM ha firmato l’appello per la libertà di opinione e di critica nei luoghi di lavoro. Evidentemente, hanno pensato, illudendosi, che non contrastando la FIAT avrebbero avuto la possibilità di rientrare ai tavoli delle trattative.

Altra assenza pesante è stata quella dello SLAI COBAS di Pomigliano. i cui militanti sono stati tutti confinati a Nola. Organizzazione a cui appartenevano anche  Giuseppe De Crescenzo e Maria Baratto, il cui suicidio Mimmo, Marco, Antonio, Massimo e Roberto ricordavano nella manifestazione di protesta che ha portato al loro licenziamento. Non hanno firmato l’appello e non hanno mosso un dito in solidarietà dei compagni solo per un interesse di bottega: Non erano della loro organizzazione.

Se il reintegro dei cinque licenziati fosse dipeso dalla dirigenza del più grande sindacato operaio in Italia, la FIOM, e dallo SLAI COBAS, i cinque compagni sarebbero ancora fuori.

Questo deve farci riflettere. Gli operai sono deboli perché non hanno una organizzazione adeguata per rispondere agli attacchi del padrone. Hanno tanti sindacati e sindacatini spesso inutili, o mal diretti, ma non hanno un loro partito per iniziare una lotta generalizzata contro i padroni.

L’esempio dei cinque licenziati ci può insegnare molto.

Coraggio, determinazione e ragionamento sono alla base  della loro vittoria.

Cinque Davide convinti hanno abbattuto il gigante Golia.

 Napoli, 29/09/2016

AsLO – OPERAI CONTRO

    Sezione di Napoli

Volantino in formato pdf

vico_2016-09-30

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