Torna il protezionismo: da gennaio introdotti 340 nuovi dazi

Redazione di Operai Contro, stamani sul Corriere della Sera è apparso l’articolo che qui sotto allego. E’ a mio avviso un indiretta conferma di chi, come Operai Contro, ha pubblicato l’intervista di Marchionne di questi giorni, leggendovi una richiesta di protezionismo. “A parole, nessun governo è protezionista, in economia. Nei fatti, lo sono quasi tutti, con un’intensità che non si registrava da decenni.” Seguo sempre con molto interesse il vostro giornale. Un saluto con l’augurio di una buona giornata. Ornella Vasca   Torna il protezionismo: da gennaio introdotti 340 nuovi dazi Un’analisi del centro studi Global Trade Alert rileva […]
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Redazione di Operai Contro,

stamani sul Corriere della Sera è apparso l’articolo che qui sotto allego. E’ a mio avviso un indiretta conferma di chi, come Operai Contro, ha pubblicato l’intervista di Marchionne di questi giorni, leggendovi una richiesta di protezionismo. “A parole, nessun governo è protezionista, in economia. Nei fatti, lo sono quasi tutti, con un’intensità che non si registrava da decenni.”

Seguo sempre con molto interesse il vostro giornale.

Un saluto con l’augurio di una buona giornata. Ornella Vasca

 

Torna il protezionismo: da gennaio introdotti 340 nuovi dazi

Un’analisi del centro studi Global Trade Alert rileva come le politiche a difesa delle economie individuali degli Stati siano cresciute dal 2009. In testa i Paesi forti del G7

A parole, nessun governo è protezionista, in economia. Nei fatti, lo sono quasi tutti, con un’intensità che non si registrava da decenni: sottotraccia, le agende dei movimenti illiberali antiglobalizzazione stanno facendo passi avanti, nemmeno troppo lentamente. Un’analisi pubblicata ieri dal centro di studi indipendente Global Trade Alert (Gta) – forse il lavoro più ampio realizzato finora sulle restrizioni di mercato seguite alla crisi del 2008 – indica che il disordine mondiale non è solo quello dei conflitti a fuoco: è entrato anche negli scambi commerciali e finanziari mondiali.

Nell’autunno 2009, i Paesi del G20 si erano dati regole con l’intento di evitare che ai crolli finanziari dell’anno precedente si rispondesse con misure protezionistiche come negli Anni Trenta. Bene: da allora hanno introdotto 4.000 barriere al commercio e incentivi finanziari che distorcono gli investimenti esteri diretti, quelli che beneficiano le economie. Al momento – sempre secondo l’analisi del Gta – le misure che liberalizzano il commercio in beni d’investimento sono in un rapporto di uno a dieci con gli interventi discriminatori e restrittivi dello stesso commercio. Realtà che limitano lo sviluppo delle economie.

Tra il 1° gennaio e il 19 agosto 2016, i Paesi del G20 hanno adottato 340 misure che discriminano gli interessi commerciali di Paesi esteri: è più del quadruplo di quel che successe nel 2009 nello stesso lasso di tempo. Di queste misure, 179 sono state prese dai Paesi del G7 più l’Australia e 111 dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica): le economie più forti, in altri termini, guidano la corsa a proteggersi. Soprattutto attraverso cinque strumenti discriminatori: limiti alla partecipazione estera negli appalti; finanza commerciale; tariffe all’importazione; aiuti di Stato (il più diffuso); difesa del commercio. Dal 2009 a oggi, le leggi e le norme di liberalizzazione sono state per lo più temporanee, quelle discriminatorie permanenti e quindi si sono accumulate.

L’analisi del Global Trade Alert vuole essere una base di discussione in vista del vertice dei capi di governo del G20 che si terrà in Cina, a Hangzhou, il 4 e 5 settembre. E non manca di indicare i Paesi con le maggiori responsabilità in fatto di chiusura commerciale negli anni seguiti alla crisi finanziaria. Peggio di tutti hanno fatto gli Stati Uniti, con 1.066 misure protezionistiche (dal novembre 2008), seguiti da India, Russia, Argentina, Brasile, Germania, Regno Unito, Italia (con 257 misure discriminatorie contro 68 di liberalizzazione).

Tutto ciò succede mentre il commercio internazionale, la forza che ha guidato la grande crescita del mondo dagli Anni Ottanta, ha raggiunto un plateau e non aumenta più, caratteristica dei periodi di recessione. Mentre gli accordi di liberalizzazione commerciale vengono messi in discussione, a cominciare dal Ttip tra Europa e Stati Uniti. E mentre le politiche monetarie hanno l’effetto indiretto ma non insignificante di produrre tensioni valutarie. Il disordine del mondo minaccia l’economia.

 

 

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