Il marxismo senza operai, Il marxismo degli intellettuali.

Redazione di Operai Contro, Su Sette, un magazine del Corriere della sera del 15 aprile 2016 appare un articolo dove nel titolo compare il nome di Karl Marx. Ogni tanto gli intellettuali italiani lo devono tirare in ballo. Lo fanno sempre più o meno nello stesso modo, e cioè elogiandolo in senso filosofico ma negando la possibilità di poter mettere in pratica gli insegnamenti. Secondo loro l’esperienza dell’Unione Sovietica, l’abbattimento delle statue di Lenin avrebbero demolito il marxismo. Il bello è che alcuni di questi intellettuali si definiscono marxisti, per lo meno di fronte ai non marxisti, per poi […]
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Redazione di Operai Contro,

Su Sette, un magazine del Corriere della sera del 15 aprile 2016 appare un articolo dove nel titolo compare il nome di Karl Marx.

Ogni tanto gli intellettuali italiani lo devono tirare in ballo.

Lo fanno sempre più o meno nello stesso modo, e cioè elogiandolo in senso filosofico ma negando la possibilità di poter mettere in pratica gli insegnamenti. Secondo loro l’esperienza dell’Unione Sovietica, l’abbattimento delle statue di Lenin avrebbero demolito il marxismo.

Il bello è che alcuni di questi intellettuali si definiscono marxisti, per lo meno di fronte ai non marxisti, per poi negare completamente il loro marxismo nel momento in cui li si coglie in fallo con i soliti luoghi comuni, le loro amate citazioni dai Grundrisse, o peggio le maldicenze sulle vite private di Marx ed Engels.

Insomma in certi ambienti essere di sinistra fa “bello”, ma ancora di più, avvicinarsi a Marx fa ancora più “bello”.

Finché si tratta di filosofeggiare sul marxismo, va bene, ma poi guai ad avvicinare Marx agli operai. Guai a riportare i passi del Manifesto dove si esortano gli operai ad abbattere le loro catene e combattere contro i padroni.

Citare Marx senza gli operai non serve a nulla, se non a soddisfare quell’abilità a costruire masturbazioni cerebrali prive di senso.

Nell’articolo di Diego Gabutti, potremmo criticare vari riferimenti a Marx, ma le pagine di questo giornale non sono indicate per fare analisi approfondite.

Ci limitiamo a dire che per chi vuole fare del marxismo una scienza per la liberazione degli operai dal lavoro salariato, due sono le esperienze significative a cui far riferimento, la Comune di Parigi e la Rivoluzione Russa.

Il resto serve solo a portare Marx intorno ai propri interessi di classe, generalmente piccolo-borghese dove notoriamente sguazzano gli intellettuali che si definiscono più o meno di sinistra.

Nella fine dell’articolo, Gabutti scova una cosa positiva nel Manifesto, e cioè la previsione che il mondo intero sarebbe stato unificato economicamente in modo antagonista, e che il mercato sarebbe diventato globale.

Una misera conclusione di un articolo che parla solo di aria fritta.

sd

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