I robot «assassini» di operai: 60 mila licenziati in una fabbrica cinese

Redazione di Operai Contro, il 22 maggio 2016 il Corriere ha pubblicato un articolo dal titolo: ” I robot «assassini» di operai: 60 mila licenziati in una fabbrica cinese” L’automazione industriale di per se non licenzia nessun operaio, ma è solo l’evidenza che è giunto il momento per gli operai di liberarsi dal lavoro salariato. Sono i padroni che condannano alla fame milioni di operai. Sono i padroni che utilizzano l’automazione per aumentare la produttività degli operai a cui viene lasciata la condanna di restare in fabbrica. I robot sono macchine che costano meno degli operai. I padroni Cinesi […]
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Redazione di Operai Contro,

il 22 maggio 2016 il Corriere ha pubblicato un articolo dal titolo: ” I robot «assassini» di operai: 60 mila licenziati in una fabbrica cinese”

L’automazione industriale di per se non licenzia nessun operaio, ma è solo l’evidenza che è giunto il momento per gli operai di liberarsi dal lavoro salariato.

Sono i padroni che condannano alla fame milioni di operai. Sono i padroni che utilizzano l’automazione per aumentare la produttività degli operai a cui viene lasciata la condanna di restare in fabbrica. I robot sono macchine che costano meno degli operai.

I padroni Cinesi devono far fronte alle richieste di aumenti salariali degli operai. Il robot è un’arma per rendere ancora di più gli operai schiavi del padrone.

L’industria cinese oggi conta 36 robot ogni 10 mila operai. In Germania sono 292 ogni 10 mila operai. In Giappone 314 e nella corea del Sud 478.

In italia il massiccio uso dei robot è iniziato 20 anni fa. La FCA di Melfi è un esempio di utilizzo dei robot contro gli operai. Gli operai di Melfi sono soggetti a ritmi impossibili.

Un operaio di Melfi

 

DAL CORRIERE

Guido Santevecchi

Le fabbriche cinesi sono alle prese con l’aumento del costo del lavoro. Stanno perdendo competitività anche loro, dopo aver messo fuori mercato milioni di tute blu in Europa e Stati Uniti. Kunshan, nella provincia del Jiangsu, è la prima area industriale ad aver raggiunto i 4 mila dollari pro capite di reddito annuale. Troppo per la Foxconn (taiwanese) che nel suo impianto di Kunshan ha introdotto i robot in catena di montaggio riducendo la forza lavoro da 110 mila a 50 mila addetti. I robot hanno soppresso 60 mila tute blu.

La ristrutturazione

Altre 600 fabbriche del distretto cinese di Kunshan hanno piani di ristrutturazione simili. Midea, grande gruppo cinese di elettrodomestici, ha appena offerto 4,5 miliardi di euro per rilevare la tedesca Kuka AG che è uno dei principali produttori di robot industriali.

Robot al posto dei cuochi

Altri robot i cinesi se li costruiscono in proprio, come quelli progettati da Cui Runguan per tagliare, mettere in pentola e cuocere i noodles: ne ha già venduti 3 mila a ristoranti locali che hanno eliminato i cuochi umani.

Anche in Cina aumento il costo del lavoro

La Cina rappresentava solo il 3 per cento della manifattura mondiale all’inizio degli anni 90. Oggi produce circa il 25% dei beni che circolano nell’economia globalizzata: l’80% dei condizionatori d’aria; il 71% de telefonini; il 63% delle scarpe. Per i consumatori il fattore cinese ha significato prodotti low-cost. Ma dal 2001 i salari cinesi sono cresciuti a una media del 12 per cento l’anno, avvicinandosi a quelli americani e nel 2015 l’export cinese è sceso, per la prima volta dal 2009, al culmine della risi finanziaria mondiale.

«Taglia spaghetti meglio di un umano»

Della sua invenzione, chiamata Chef Cui, il signor Cui Runguan (a sua volta proprietario di ristorante a Pechino) dice che «taglia gli spaghetti meglio di un umano» e soprattutto «un robot costa solo 2 mila dollari, mentre un cuoco in carne e ossa può costare fino a 4.700 dollari all’anno».

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