IN PENSIONE A 75 ANNI

Redazione di Operai Contro, Boeri, il presidente dell’INPS, denuncia che la generazione del 1980 andrà in pensione a 75 anni Camusso, il capo del sindacato della CGIL, che per anni ha venduto i pensionati protesta e dichiara che Boeri fa dell’allarmismo La Camusso fa le veci di Renzi Pensionati iniziamo a dare la disdetta dallo SPI La Camusso  è una venduta Un pensionato Che cosa ha in mente Boeri quando parla della generazione 1980 costretta a lavorare fino a 75 anni? Non solo i buchi contributivi, almeno due anni di salto nel versamento, come spiegava a titolo di esempio […]
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Redazione di Operai Contro,

Boeri, il presidente dell’INPS, denuncia che la generazione del 1980 andrà in pensione a 75 anni

Camusso, il capo del sindacato della CGIL, che per anni ha venduto i pensionati protesta e dichiara che Boeri fa dell’allarmismo

La Camusso fa le veci di Renzi

Pensionati iniziamo a dare la disdetta dallo SPI

La Camusso  è una venduta

Un pensionato

Che cosa ha in mente Boeri quando parla della generazione 1980 costretta a lavorare fino a 75 anni? Non solo i buchi contributivi, almeno due anni di salto nel versamento, come spiegava a titolo di esempio il presidente Inps. Ma anche una norma dimenticata della riforma Fornero che non premia le carriere intermittenti. Addirittura penalizza i redditi bassi. E accusa pure la corsa al galoppo della speranza di vita, di per sé un’ottima notizia, grazie ai progressi medici e alla migliore qualità di vita. Mixando questi tre elementi, si arriva in scioltezza ai 75 anni. E si va anche oltre, come spiega la tabella di Progetica, addirittura a 76 e 4 mesi.

Motivi tecnici che tuttavia non convincono la segretaria della Cgil. “Proporre in questo modo la previsione di pensione a 75 anni è irragionevole”, si allarma Susanna Camusso. “Rischia di sembrare un annuncio e non una criticità da affrontare. Rischia inoltre di passare un messaggio pericoloso di sfiducia ai giovani con molti che reagiscono dicendo allora non pago più i contributi”. Proprio l’effetto che Boeri voleva evitare, provando a rilanciare – anche con l’operazione della busta arancione inviata a 7 milioni di italiani – maggiore consapevolezza nei lavoratori, specie i più giovani.

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Ma vediamo perché Boeri tira fuori i 75 anni. Il segreto, se così si può dire, è in due commi dell’articolo 24 del Salva-Italia, l’articolo che contiene la riforma delle pensioni firmata Fornero-Monti del 2011. In queste due norme (comma 7 e 11) si dice una cosa molto semplice. E cioè che chi va in pensione con il sistema contributivo (dunque chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996) può uscire in modo anticipato (a tre anni dal requisito) o per vecchiaia solo se rispetta un limite di reddito. E quanto più questo reddito è basso, tanto più tardi potrà ritirarsi.

Sembra un paradosso e forse lo è. Ma la ratio dell’allora governo tecnico di emergenza era più o meno questa: non ti faccio andare in pensione se non hai una pensione dignitosa. E poiché con il contributivo contano i contributi effettivamente versati, più contributi versi prima esci. Estremizzando: più sei ricco, prima vai in pensione. Un effetto pazzesco e sottovalutato sin qui, forse per il fatto che nessuno ancora è andato in pensione con il solo contributivo.

Torniamo ai criteri di reddito. Per accedere alla pensione anticipata, la pensione lorda mensile non può essere inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale, oggi pari a 448 euro. Dunque almeno 1.250 euro. Per ottenere invece l’assegno di vecchiaia, la previsione di pensione non può attestarsi al di sotto di una volta e mezzo quell’assegno. E dunque non meno di 670 euro. E cosa succede a chi non riesce a toccare questi livelli, per esempio precari con buchi contributi o lavoratori autonomi che hanno versato poco? Rimane al lavoro 4 anni in più rispetto al traguardo della vecchiaia, addirittura 7 in più su quello anticipato. Tradotto in termini di requisiti attuali: anziché a 63 anni e 7 mesi o 66 anni e 7 mesi, si va via a 70 anni e 7 mesi.

All’ex ragazzo del 1980 va anche peggio. Perché quando lui andrà in pensione, attorno alla metà di questo secolo, la speranza di vita in base alla quale si calcola la pensione avrà spostato l’asticella ancora più in là. Come in un gioco che si allunga a dismisura. E dunque potrebbe rischiare di uscire a 76 e 4 mesi. Nella tabella, Progetica adotta due stime Istat sulla speranza di vita: la più bassa (si aggiungono al calcolo 2,4 mesi ogni 3 anni) e la più alta (5,1 mesi ogni 3 anni). Ebbene il risultato è sconfortante per chi oggi ha 36 anni e magari una carriera che per lungo tempo è stata precaria e intermittente. L’ex ragazzo nato negli Ottanta, se non ha i requisiti di pensione presunta prima descritti, va in pensione a 72 anni se gli va bene, 76 e rotti se gli va male.

Al di là delle critiche che si possono fare a Boeri, questa è la realtà dei numeri. A meno che le norme cambino.

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