H&M: Negozi in tutto il mondo e produzione in schiavitù

Caro Operai Contro, la maggior parte  di queste aziende sono sprovviste perfino dell’uscita di sicurezza. “H&M” è un logo del vestiario presente ovunque, centri commerciali compresi. Dopo il tragico crollo del Rana Plaza, dove morirono 1.138 persone, anche H&M si era impegnata a migliorare le condizioni di lavoro nella sua catena di fornitura. Ma appena l’ondata delle proteste e dello sdegno è calata, i padroni assassini e non di meno i loro complici, proseguono con il vecchio andazzo, restii ad investire in prevenzione, sicurezza, ambienti sicuri, salubri ed idonei. Ti mando un estratto dal Fatto Quotidiano. Saluti da un […]
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Caro Operai Contro,

la maggior parte  di queste aziende sono sprovviste perfino dell’uscita di sicurezza. “H&M” è un logo del vestiario presente ovunque, centri commerciali compresi. Dopo il tragico crollo del Rana Plaza, dove morirono 1.138 persone, anche H&M si era impegnata a migliorare le condizioni di lavoro nella sua catena di fornitura. Ma appena l’ondata delle proteste e dello sdegno è calata, i padroni assassini e non di meno i loro complici, proseguono con il vecchio andazzo, restii ad investire in prevenzione, sicurezza, ambienti sicuri, salubri ed idonei. Ti mando un estratto dal Fatto Quotidiano.

Saluti da un affezionato lettore.

 Dal Fattoquotidiano

“H&M non mantiene le promesse sulla sicurezza”. Le associazioni contro la produzione in Bangladesh

Gli attivisti hanno promosso una serie di mobilitazioni da qui al 3 maggio, giorno in cui a Solna, in Svezia, si svolgerà l’Annual general meeting di H&M. In Italia mobilitazione in più città, Genova poi Milano e Torino

“H&M non mantiene le promesse”. Il brand di moda è al centro di una mobilitazione internazionale lanciata dalla campagna Abiti Puliti, dall’International Labor Rights Forum e dallo United Students Against Sweatshops, organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti dei lavoratori. Il tema è quello della sicurezza sul lavoro in Bangladesh: gli attivisti accusano l’azienda di non rispettare gli impegni presi per rendere sicure le fabbriche dei suoi fornitori. Da parte sua, la società spiega di seguire da vicino il piano di interventi di messa in sicurezza e di “riscontrare buoni progressi”.

Nel dettaglio, le associazioni hanno condotto un’analisi sulle misure correttive messe in campo dall’azienda in 32 fabbriche fornitrici di H&M in Bangladesh: il risultato mostra come “ad oggi la maggior parte di queste siano ancora sprovviste di uscite di sicurezza adeguate”. La mobilitazione fa appello a un documento firmato dal brand tre anni fa, l’Accordo per la prevenzione degli incendi e la sicurezza degli edifici in Bangladesh. Dopo il tragico crollo del Rana Plaza, dove morirono 1.138 persone, anche H&M si era impegnata a migliorare le condizioni di lavoro nella sua catena di fornitura. Anche se la società, ci tiene a precisare, non si è mai avvalsa di nessun fornitore che operava all’interno dell’edificio.

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Ora, gli attivisti chiedono all’azienda di “concentrarsi su tre interventi fondamentali: la rimozione di blocchi alle uscite di sicurezza, la rimozione delle porte e delle serrande scorrevoli e l’installazione di porte tagliafuoco e recinzioni alle scale”. In particolare, le associazioni ricordano un incendio divampato lo scorso febbraio nella fabbrica Matrix Sweaters Ltd, fornitrice di H&M: “Il report di ispezione della fabbrica realizzato nell’ambito dell’Accordo ha infatti rivelato come H&M abbia mancato diverse scadenze per eliminare i rischi di incendio e rendere la struttura sicura: centinaia di lavoratori hanno rischiato di rimanere bloccati dentro la fabbrica in fiamme”.

 

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