Licenziato Fiat Pomigliano sulla ciminiera dell’Italsider

“Da qui non me ne andrò. Ci starò oggi, domani e fino a quando ce la potrò fare. Si, è vero: qui è terribile e pericoloso. Non ci sono spazi adeguati dove stare e poi tutto traballa, le scale sono staccate, i bulloni spezzati. Non c’è un posto dove poter riposare. Insomma, ho paura: certo. Intanto anche se volessi scendere sento che non ce la farei proprio. Soltanto i vigili del fuoco potrebbero riportarmi giù sano e salvo. Ma Renzi deve vedere che fine hanno fatto gli operai in Italia, grazie a lui e grazie al suo amico Marchionne”. […]
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“Da qui non me ne andrò. Ci starò oggi, domani e fino a quando ce la potrò fare. Si, è vero: qui è terribile e pericoloso. Non ci sono spazi adeguati dove stare e poi tutto traballa, le scale sono staccate, i bulloni spezzati. Non c’è un posto dove poter riposare. Insomma, ho paura: certo. Intanto anche se volessi scendere sento che non ce la farei proprio. Soltanto i vigili del fuoco potrebbero riportarmi giù sano e salvo. Ma Renzi deve vedere che fine hanno fatto gli operai in Italia, grazie a lui e grazie al suo amico Marchionne”. Parole strappate a Mimmo Mignano a cento metri dal suolo. L’operaio licenziato dalla Fiat da stamattina si trova infatti su una ciminiera dell’Italsider di Bagnoli. E’ riuscito a raggiungere la sommità della struttura grazie a uno sforzo notevolissimo e non privo di rischi, anzi. Da lì sta consumando la sua idea di protesta: azioni clamorose che abbiano la giusta eco mediatica. L’operaio ha steso sulla balaustra un telo, scritta rossa in campo bianco, che parla di “licenziamenti politici”. Sta comunicando con il cellulare. Una volta le contestazioni operaie a centinaia di metri di altezza erano “mute”. Ora però grazie alla tecnologia, ai telefonini che scattano foto e le mandano nel web da qualsiasi posto, è possibile intervistare anche uno che come Mignano è il protagonista di una vera e propria scalata. L’arrampicata sulla ciminiera della ex acciaieria è stata uno sforzo fisico enorme per un cinquantenne consumato dalla fatica della fabbrica e dallo stress di una serie di licenziamenti scaturiti dai ripetuti scontri con l’azienda. Intanto Mignano è lì sopra. Ci vuole restare almeno fino a quando Renzi sarà a Napoli, mercoledì, proprio per la cabina di regia sulla riconversione di Bagnoli. Mimmo sta lottando anche per altri quattro suoi compagni di lotta. Lui, Antonio Montella, Marco Cusano, Massimo Napolitano e Roberto Fabbricatore furono licenziati dopo aver manifestato contro i suicidi di alcuni operai cassintegrati che lavoravano al reparto logistico di Nola della Fiat. Davanti all’impianto esposero un manichino impiccato a un patibolo raffigurante Sergio Marchionne. L’anno scorso il tribunale di Nola non ha accolto il loro ricorso per il reintegro, finalizzato alla  bocciatura del licenziamento. Ma domani ci sarà l’udienza di riesame, sempre a Nola. “Mi ha chiamato Giorgio Cremaschi – fa sapere nel frattempo Mignano – mi ha detto che interpellerà il famoso comico Crozza: quello nostro è un caso di satira che viene censurata e punita con i licenziamenti, con la perdita a vita del salario, del sostentamento”.

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