Licenziati all’Expo. Disoccupati

Redazione di O.C. È di 14 miliardi il valore che avevano previsto di ricavare da expo 2015, tra vendita dei biglietti, rilancio del settore turistico e creazione di nuove imprese. 30.000 i possibili lavoratori impegnati nel nuovo evento, con una previsione di arrivare alla creazione di una cifra record di circa 200.000 nuovi posti di lavoro, che l’expo avrebbe creato dal 2016 al 2020. Questi i dati farlocchi secondo uno studio condotto dal gruppo Class ( società di consulenza di analisi economico finanziaria). Nella realtà tutto si sta sgonfiando come un pallone bucato, le cifre sbandierate ai quattro venti […]
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Redazione di O.C.

È di 14 miliardi il valore che avevano previsto di ricavare da expo 2015, tra vendita dei biglietti, rilancio del settore turistico e creazione di nuove imprese.

30.000 i possibili lavoratori impegnati nel nuovo evento, con una previsione di arrivare alla creazione di una cifra record di circa 200.000 nuovi posti di lavoro, che l’expo avrebbe creato dal 2016 al 2020.

Questi i dati farlocchi secondo uno studio condotto dal gruppo Class ( società di consulenza di analisi economico finanziaria).

Nella realtà tutto si sta sgonfiando come un pallone bucato, le cifre sbandierate ai quattro venti dalla stampa al servizio dei padroni sono “leggermente” diverse da quanto prospettato, sopratutto per quello che riguarda i lavoratori interessati al funzionamento di expo, e sopratutto per l’illusione che hanno alimentato nella prospettiva di un nuovo mercato del lavoro.

Concretamente, i lavoratori coinvolti sono quasi 13.000 ma il numero preciso di addetti non lo si conosce ( comunque molto al di sotto delle loro previsioni) .

Tranne 1000 addetti assunti direttamente dalla società expo, gli altri 12.000 sono stati assunti a tempo determinato da ben 148 società diverse.

In un intricato groviglio di retribuzioni, con stipendi diversi gli uni dagli altri e contratti differenti tra lavoratore e lavoratore.

Una vera e propria giungla retributiva e normativa , con paghe che arrivano al massimo , per gli strati più bassi (la maggioranza) a 4,6 euro l’ora.

In situazioni di lavoro micidiali, con orari assurdi, turnazioni irrazionali, senza avere nessuna forma di salario indiretto come la mensa.

Solo il 6% di lavoratori usufruisce di un contratto con un minimo di regole sindacali, sottoscritto a suo tempo tra; cgil cisl e uil ,società expo, Manpower e le istituzioni competenti.

Per i restanti lavoratori il 94 % le condizioni di lavoro erano e rimangono sconosciute, al limite del caporalato.

La cgil per bocca di Antonio Lareno, responsabile del sito expo per lo stesso sindacato, aveva espresso la speranza di aprire un tavolo con le rimanenti imprese :“Il tavolo delle agenzie interinali è vuoto, ma vediamo nelle prossime ore”. Speranza caduta nel nulla.

Ad oggi le condizioni contrattuali dei lavoratori di expo sono fuori controllo, un vero e proprio dumping salariale a tutti gli effetti, un banco di prova per le future condizioni di lavoro delle nuove generazioni.

Ma non bisogna parlarne, la borghesia attraverso i propri organi di stampa ha imposto una censura sistematica su tutto ciò che riguarda expo, la cui vetrina serve ai padroni per mettere in mostra una capacità produttiva di 162 miliardi di euro, che arrivano a 208 miliardi calcolando i servizi della ristorazione.

Una valanga di profitti per i padroni nostrani, il 13% del pil nazionale.

Ma che fine faranno i lavoratori occupati ad expo una volta finita la manifestazione?

Dove saranno collocati? In quale altra società presteranno la loro opera?

La risposta a queste domande è una sola, resteranno disoccupati.

A dispetto della tanto sbandierata campagna pubblicitaria sulla ricaduta occupazionale di expo per gli anni futuri, torneranno a rimpolpare nuovamente la lunga schiera dei disoccupati. Un esercito che forse un giorno servirà, con le stesse condizioni salariali di expo, per nuovo evento.

O forse serviranno come esercito vero e proprio, nella guerra che il capitale sta nuovamente preparando per tentare di uscire dalla crisi di accumulazione che l’attanaglia.

Saluti un operaio di Milano

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