I rifiuti pericolosi dell’Ilva smaltiti nella discarica siciliana interdetta per mafia

dal corriere La storia di nove mila tonnellate di «polverino», uno scarto di lavorazione pericoloso delle acciaierie Ilva di Tarano, che sono state mandate allo smaltimento a Melilli, in Sicilia. In una zona – di Saul Caia /Corriere TV «Sussiste nei confronti della società Cisma Ambiente il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata». Questa la motivazione con la quale la Prefettura di Siracusa, basandosi su informazioni del medesimo ufficio di Catania, ha interdetto nella prima decade di aprile la Cisma Ambiente Spa, società proprietaria della discarica in contrada «Bagali» nel comune di Melilli, in provincia di Siracusa. […]
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La storia di nove mila tonnellate di «polverino», uno scarto di lavorazione pericoloso delle acciaierie Ilva di Tarano, che sono state mandate allo smaltimento a Melilli, in Sicilia. In una zona – di Saul Caia /Corriere TV

«Sussiste nei confronti della società Cisma Ambiente il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata». Questa la motivazione con la quale la Prefettura di Siracusa, basandosi su informazioni del medesimo ufficio di Catania, ha interdetto nella prima decade di aprile la Cisma Ambiente Spa, società proprietaria della discarica in contrada «Bagali» nel comune di Melilli, in provincia di Siracusa. Una settimana più tardi, dall’Ilva di Taranto passando per il porto di Augusta, arrivano tramite la nave «Rita Br» 9 mila tonnellate di «polverino d’altoforno», uno scarto di lavorazione dell’acciaieria classificato non pericoloso, diretto proprio nella discarica melillese che con i suoi 550 mila metri cubi è da considerarsi tra i più tecnologici impianti d’Italia per il ricondizionamento e recupero di rifiuti industriali, pericolosi e non.

Le quote di maggioranza del gruppo Cisma, ovvero più del 53%, sono in mano alla Paratore Srl, società riconducibile all’omonima famiglia imprenditoriale di Catania, che tramite altre due quote nominali arriva a controllare complessivamente il 63% del pacchetto totale. Il domus del gruppo è Antonino Paratore, amministratore unico della Paratore Srl e responsabile della Paradivi Servizi Srl, altra società di famiglia che opera nel trasporto e smaltimento dei rifiuti, nonché fornitore delle multinazionali del petrolio che operano nel polo industriale siracusano. Quando la Cisma formula, il 9 marzo scorso, l’offerta all’Ilva non ha ancora l’interdizione, che arriverà in concomitanza con la stipula del contratto, avvenuta il 26 marzo. L’Ilva, contattata da il Corriere.it per avere un chiarimento, fa sapere che il rapporto con Cisma è stato siglato «dopo le dovute verifiche autorizzative, finanziarie e di sicurezza fatte nell’ordine da ECO, dal Commerciale e da vigilanza Taranto», inoltre è «possibile che tali eventi non risultassero ancora nella documentazione verificata».

Una delle motivazioni che ha portato all’interdittiva antimafia, riguarda la testimonianza del collaboratore di giustizia Santo La Causa, agli atti del processo Iblis tenutosi a Catania, che definisce Nino Paratore «socio di Maurizio Zuccaro». Il boss Zuccaro, detenuto all’ergastolo, è una delle figure di spessore dell’organizzazione mafiosa etnea oltre ad essere il nipote di Nitto Santapaola, esponente della cupola di Cosa nostra. Secondo la ricostruzione del collaboratore La Causa, quando Paratore controllava la Tecnoservice, società amministrata dalla moglie e specializzata nel settore delle pulizie, decise di «cedere l’attività, perché si stava dedicando insieme a Zuccaro, al settore delle discariche di rifiuti speciali». La procura di Catania guidata da Giovanni Salvi ritiene La Causa attendibile, ma l’avvocato difensore della Cisma e della famiglia Paratore, smentisce categoricamente ogni tipo di collegamento. «Il signor Paratore -afferma il legale- ha denunciato per calunnia Santo La Causa per le sue dichiarazioni infondate. Ci sono stati anni e anni d’indagine su Paratore, ma non risulta un’intercettazione, una telefonata, un contatto o che altro tra il Paratore e tale Maurizio Zuccaro».

All’interno della documentazione prefettizia di Catania e di Siracusa, è stata allegata anche una denuncia nei confronti di Paratore per associazione a delinquere risalente al 2004, che però non ha dato seguito a nessun provvedimento giudiziario. Inoltre si fa anche riferimento al caso di due dipendenti assunti e poi licenziati dalla Tecnoservice, che risultano essere cognato e nipote del boss Zuccaro. Salvatore Platania è marito della sorella di Zuccaro, conosciuto come«‘Turi u salaru», e il suo cognome e la sua utenza risultano appuntate, come riscontra la Dia di Catania già nel 2004, nell’agenda di Nino Santapaola, fratello del boss Nitto, sequestrata qualche anno prima dalle forze dell’ordine. «Paratore non lo sapeva assolutamente», puntualizza l’avvocato Barreca sulla possibile parentela tra il boss e il dipendente della Tecnoservice, ribadendo inoltre che: «Siamo a Catania, purtroppo non siamo ad Oxford, prenda qualsiasi azienda a Catania che può avere 500 dipendenti, faccia lo screening sui parenti e possibilmente trova qualche parente mafioso o sospettato, o con precedenti penali». A fine giugno, dopo aver impugnato al Tar l’interdittiva, i legali di Paratore hanno ottenuto dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia la sospensione in via cautelare delle richieste delle informative prefettizie di Siracusa e Catania. «Al momento stiamo verificando se questo carico ingente di polverino proveniente da Taranto poteva essere trasportato a Melilli», spiega Francesco Paolo Giordano, procuratore capo di Siracusa.

Contemporaneamente alla vicenda dell’interdittiva, la magistratura aretusea sta indagando per capire se i rifiuti dell’Ilva potevano arrivare nell’impianto Cisma. In quanto, dalle prescrizioni relative alla fase di gestione della discarica imposte dalla Regione, secondo i pareri dell’assessorato regionale territorio ambiente, dell’Ufficio speciale aree ad elevato rischio di crisi ambientale (Aerca), e in seguito ribadite nel VIA e AIA, si spiega che «occorrerà dare priorità di trattamento/smaltimento a quei rifiuti provenienti dal territorio dei comuni di Augusta, Floridia, Melilli, Priolo Gargallo, Siracusa e Solarino», in quanto l’area è considerato già «ad elevato rischio ambientale». «La limitazione non esiste e sarebbe antigiuridica – replica l’avvocato Barreca – Le norme ambientali non consentono di mettere queste limitazioni, c’è soltanto questo impegno a garantire la priorità dei rifiuti del territorio siracusano».

Di diverso avviso gli ambientalisti e alcuni politici siciliani che avevano segnalato l’interpretazione della prescrizione agli organi regionali e ministeriali. Nel corso del question time nel maggio scorso alla Camera, il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti aveva rassicurato che «i rifiuti condotti in Sicilia dall’Ilva non sono pericolosi» e che «si tratta di una soluzione temporanea in attesa che all’interno dell’Ilva venga completato l’impianto di smaltimento già autorizzato».

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