Grande capitale e piccola borghesia nazionalista

Redazione, All’’orizzonte del panorama economico italiano si sta profilando quello che può diventare uno  scontro tra le diverse classi che rappresentano il capitalismo nostrano. Da una parte la grande borghesia  industriale e finanziaria costretta a reperire ingenti capitali internazionali a cui vendere le  azioni dei propri impianti industriali e delle proprie proprietà  finanziarie per ripagare le perdite di speculazioni borsistiche andate in malora o per aumentare ancora di più la propria ricchezza. Dall’altra la piccola borghesia nazionalista sempre più immiserita dalla crisi che grida allo scandalo per la possibilità che il capitale nazionale possa cadere in fameliche mani straniere […]
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Redazione,

All’’orizzonte del panorama economico italiano si sta profilando quello che può diventare uno  scontro tra le diverse classi che rappresentano il capitalismo nostrano. Da una parte la grande borghesia  industriale e finanziaria costretta a reperire ingenti capitali internazionali a cui vendere le  azioni dei propri impianti industriali e delle proprie proprietà  finanziarie per ripagare le perdite di speculazioni borsistiche andate in malora o per aumentare ancora di più la propria ricchezza. Dall’altra la piccola borghesia nazionalista sempre più immiserita dalla crisi che grida allo scandalo per la possibilità che il capitale nazionale possa cadere in fameliche mani straniere e di conseguenza veder sparire parte dei propri profitti, frutto di contratti legati alla grande industria.
Le argomentazioni  sostenute da questo settore della piccola borghesia e dei loro rappresentanti parlamentari sono penose. Sostenere come fa ad esempio il senatore Gasparri che l’Italia possa diventare una colonia dei cinesi  e per questo possa scomparire è la dimostrazione del nazionalismo più spinto. Le tesi di Gasparri argomentate durante un dibattito televisivo arrivano a sostenere che il capitale italiano è prigioniero di contratti sindacali, norme e leggi ambientali che ne frenano lo sviluppo,mentre invece in Cina,ad esempio, queste regole non vengono  rispettate conseguentemente il capitale è più libero di aumentare i profitti senza lacci e laccioli  che rappresentano un costo in termini economici.
Come se in Italia gli operai sono garantiti da leggi del governo che impediscono loro di morire nelle fabbriche e nei cantieri, come se le nuove normative vedi il job acts o i contratti a termine o i contratti firmati dal sindacato non garantissero ai padroni un elevato aumento di plusvalore e di profitto,come se le leggi approvate dai governi che si sono succeduti puniscano con la galera chi inquina il territorio,avvelenando aria acqua e cibo,come se gli operai Italiani non siano  schiavi del padrone alla stessa stregua degli operai Cinesi.
L’estorsione del plusvalore vale in ogni nazione per il grado di sviluppo da essa raggiunto pertanto gli operai Cinesi, Italiani o Tedeschi che siano,o di qualsiasi altra nazione, riproducono se stessi in misura del salario percepito nel proprio paese di appartenenza.
Ma non è solo l ’onorevole Gasparri a sostenere la tesi della perdita di importanti marchi del made in Italy a discapito del prestigio nazionale, alla cordata nazionalista partecipa una  pletora di giornalisti imbevuti di patriottismo sciovinista, che giudica parte della vendita del capitale Italiano a imprese straniere come una vera e propria catastrofe per le sorti della nazione.
Arrivando a sostenere come nel caso della vendita della Pirelli alla ChemChina,che parte del capitale della stessa ChemChina sia dello stato e conseguentemente un aiuto da parte dello stesso stato, risultando come una sorta di concorrenza sleale nel gioco della competizione per la spartizione dei mercati internazionali, perciò anche lo stato Italiano dovrebbe correre ai ripari ripristinando le partecipazioni statali per essere più competitivi sui mercati internazionali.
Questione sostenuta tra l’altro da numerosi rappresentanti parlamentari del PD,che tentando di emulare quello che  il governo di Obama a fatto per sostenere l’industria americana, stanziando un ingente somma di danaro sotto forma di aiuti di stato alla Fiat Chrysler (impresa italianissima) per continuare la produzione negli Stati Uniti,
Dimenticandosi che parte del capitale Italiano dall’epoca fascista sino a poco tempo fa è stato a partecipazione  statale. L’istituto di ricostruzione industriale (IRI) fu fondato da Beneduce nel 1933 da un idea di Benito Mussolini per evitare il fallimento delle principali banche italiane e di conseguenza il crollo dell’intera struttura industriale.
La maggioranza dell’acciaio prodotto in Italia sino al 2002 è stato di proprietà di imprese statali collegate all’IRI sino a che il sig. Prodi non l’ha liquidata.
Gli stessi giornalisti che oggi si stracciano le vesti per gli aiuti di stato alle  imprese Cinesi e che  gridando allo scandalo per sleale concorrenza ottenuta con il sostegno dello stesso stato e che vorrebbero una partecipazione massiccia dello stato a sostegno dell’economia nazionale, fingono di dimenticarsi della storia recente del nostro capitalismo e i provvedimenti di aiuto economici al capitale nazionale, provvedimenti che  sono state una delle cause  dell’inizio della seconda guerra mondiale.
Gli operai non hanno nulla da guadagnare da questa guerra tra la grande borghesia proprietaria dei grandi gruppi industriali  e la piccola borghesia questuante che spinge al  nazionalismo prepotentemente, hanno tutto da perdere.
Che la proprietà dei mezzi di produzione sia nazionale o internazionale per gli operai non cambia nulla, la loro vita è determinata dallo sfruttamento che il capitalismo impone nella crisi, più aumenta la crisi più aumentano i ritmi di lavoro più si abbassa il salario, sia che sia pagato in euro, dollari o renminbi, sia che il padrone sia Cinese Italiano o Australiano, sia che i profitti generati vadano in tasche diverse da quelle della borghesia nazionale.
Per gli operai non cambia nulla, nelle loro tasche arriva solo fame e  miseria.
Cadere nella trappola nazionalista che per i propri interessi le classi superiori stanno tendendo agli operai significa accettare supinamente la propria rovina e questa è la strada che porta ad un nuovo massacro mondiale.
D.C. Operaio di Milano

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