La lotta è iniziata. Ora bisogna portarla avanti con unità e determinazione. La posta in gioco è molto, molto grossa!

Lavoratori, lavoratrici, con gli scioperi di lunedì e di ieri, forti, unitari, compatti, e la buona partecipazione degli operai degli appalti e degli impiegati, il ghiaccio è rotto anche a Marghera, dopo Muggiano, Riva Trigoso e gli altri cantieri a seguire. E’ la sola risposta possibile alla posizione ultra-aggressiva assunta dal padrone-Fincantieri e formalizzata con il documento aziendale consegnato ai dirigenti sindacali a Roma il 17 marzo. Questo documento è una contro-piattaforma a trecentosessanta gradi, perfettamente in linea con il metodo-Marchionne e l’operato del governo Renzi: per rendere più competitiva l’impresa e fare più profitti, i boss di Fincantieri […]
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Lavoratori, lavoratrici,

con gli scioperi di lunedì e di ieri, forti, unitari, compatti, e la buona partecipazione degli operai degli appalti e degli impiegati, il ghiaccio è rotto anche a Marghera, dopo Muggiano, Riva Trigoso e gli altri cantieri a seguire. E’ la sola risposta possibile alla posizione ultra-aggressiva assunta dal padrone-Fincantieri e formalizzata con il documento aziendale consegnato ai dirigenti sindacali a Roma il 17 marzo.

Questo documento è una contro-piattaforma a trecentosessanta gradi, perfettamente in linea con il metodo-Marchionne e l’operato del governo Renzi: per rendere più competitiva l’impresa e fare più profitti, i boss di Fincantieri vogliono passare come bulldozer sui corpi, sulla dignità e sui diritti conquistati dai lavoratori; dei lavoratori diretti e – tanto più – dei lavoratori degli appalti, facendo carta straccia dello stesso contratto nazionale di lavoro. L’obiettivo a cui mirano è politico e di lungo periodo: imporre nei cantieri l’ordine padronale incontrastato, facendo fare alla condizione dei lavoratori e alla loro libertà d’azione e di organizzazione un salto all’indietro di decenni.

Allungamento gratuito degli orari di lavoro fino a 104 ore l’anno; adozione del 6×6 come e quando vuole l’azienda; totale subordinazione del premio di produzione al livello di profitti deciso unilateralmente dal padrone (e la possibilità di perderlo tutto); taglio delle indennità dei trasfertisti; maggiore precarietà per i lavoratori Fincantieri e gli operai degli appalti (con il ricorso alle agenzie interinali); zero impegni per la protezione del lavoro negli appalti e nei sub-appalti, dove l’unico impegno “primario” è l’ulteriore riduzione dei costi; salario inferiore per i nuovi assunti; sanzioni disciplinari contro i lavoratori e gli organismi sindacali che indicano azioni di lotta… E si ventilano ulteriori colpi come dei nuovi sistemi di controllo (un microchip nelle scarpe?) e la creazione (modello Fiat) di nuove società, diverse da Fincantieri, in cui trasferire gruppi di lavoratori Fincantieri o interi reparti, con la relativa riduzione dei salari. Scrive “il messaggero veneto” del 20 marzo: Fincantieri aspetta “la scadenza del contratto nazionale di riferimento e l’introduzione del salario minimo legale per rimettere mano a tutta una serie di strumenti e di automatismi contrattuali”.

La violenza con cui l’azienda ha reagito allo sciopero di lunedì con minacce di ogni tipo, è un’altra prova che fa molto sul serio. Non sono schermaglie tattiche; è una aggressione frontale ai lavoratori. Bisogna essere dei culi di pietra, dei bonzi totalmente indifferenti al peggioramento continuo delle condizioni di esistenza dei lavoratori, come i capi di FIM e UILM, per continuare a fare come se nulla fosse, rifiutare l’unità d’azione e preparare proditoriamente un ennesimo, schifoso accordo separato. Ma non bisogna neppure mettersi nelle mani di una dirigenza FIOM che, specie negli ultimi tempi, ha messo una crescente distanza tra il dire e il fare, dimostrandosi pronta ad ingoiare rospi che si era impegnata a rifiutare (e farli ingoiare ai lavoratori) pur di ottenere il “riconoscimento del ruolo del sindacato”.

Il solo modo per contrastare efficacemente l’arroganza padronale è che la massa dei lavoratori (operai, tecnici e impiegati – di colpi ce n’è per tutti, infatti!) diventi la vera protagonista della lotta; una lotta unitaria – che rifiuti le divisioni tra sigle sindacali; saldi le rivendicazioni dei dipendenti Fincantieri con quelle degli operai degli appalti; ripristini al più presto la più stretta unità d’azione tra i cantieri attraverso un attivo nazionale di tutti i delegati e i lavoratori più determinati; e riconquisti alle assemblee dei lavoratori la prima e l’ultima parola sugli accordi.

E’ una lotta difficile, non breve, che si può e si deve vincere! Ci andammo vicini nel luglio-agosto 2013; ora – però – non siamo più soli contro l’azienda, tutti i cantieri sono in lotta!

Portiamo le nostre ragioni fuori dalle mura del cantiere! I nostri bisogni di ottenere aumenti di salario, di non vedere crescere gli orari di lavoro e la precarietà, di riconquistare i diritti strappati, questi bisogni sono sentiti da tantissimi altri lavoratori, sottoposti da altri padroni e dal governo a questi stessi attacchi. Spieghiamo a precari e disoccupati che ogni nostro passo indietro danneggia pure loro, perché più sfruttato è il lavoro nelle fabbriche e nei cantieri, più si aggraverà la disoccupazione e la precarietà, più acuta sarà la concorrenza al ribasso tra noi. E fate, facciamo tutto il possibile per entrare in contatto con i lavoratori Fincantieri sparsi per il mondo per tracciare una comune linea d’azione!

 

26 marzo 2015  (cicl. in prop.)

 

Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri – Piazzale Radaelli 3, Marghera

 

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