Shale gas, è giunta l’ora dello scoppio della bolla

Redazione, Obama parlava di fuoriuscita degli USA dalla crisi. E’ una balla Lo shale gas dopo essere stato il fenomeno che ha contribuito a sostenere la ripresa economica degli Stati Uniti, garantendo indipendenza dalle importazioni e energia elettrica in quantità a basso prezzo, il gas e il petrolio estratto dalla roccia stanno provocando non pochi problemi al sistema finanziario. Con le quotazioni del greggio dimezzate in sei mesi, fallimenti, licenziamenti, bancarotte e una montagna di crediti inesigibili sono all’ordine del giorno un lettore dalla repubblica Il primo fallimento è avvenuto alla fine del 2014. Ma non è giunto inaspettato: […]
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Redazione,

Obama parlava di fuoriuscita degli USA dalla crisi. E’ una balla

Lo shale gas dopo essere stato il fenomeno che ha contribuito a sostenere la ripresa economica degli Stati Uniti, garantendo indipendenza dalle importazioni e energia elettrica in quantità a basso prezzo, il gas e il petrolio estratto dalla roccia stanno provocando non pochi problemi al sistema finanziario. Con le quotazioni del greggio dimezzate in sei mesi, fallimenti, licenziamenti, bancarotte e una montagna di crediti inesigibili sono all’ordine del giorno

un lettore

dalla repubblica

Il primo fallimento è avvenuto alla fine del 2014. Ma non è giunto inaspettato: i più avveduti lo aspettavano e lo temevano, dopo il crollo del prezzo del petrolio, precipitato in pochi mesi da oltre 110 dollari al barile a meno di 50 dollari. Il fallimento di una piccola società texana più che un campanello d’allarme è stato il segnale del liberi tutti. E che la bolla dello shale oil e dello shale gas, cresciuta a dismisura nel corso dell’ultimo decennio, era matura per scoppiare.

Dopo essere stato il fenomeno che ha contribuito a sostenere la ripresa economica degli Stati Uniti, garantendo indipendenza dalle importazioni e energia elettrica in quantità a basso prezzo, il gas e il petrolio estratto dalla roccia stanno provocando non pochi problemi al sistema finanziario. Fallimenti, licenziamenti, bancarotte e una montagna di crediti inesigibili sono all’ordine del giorno.

Con il petrolio a prezzi così bassi, giacimenti nati per essere vantaggiosi con le quotazioni del barile attorno ai 90-100 dollari sono diventati improvvisamente un costo non più sostenibile. Soprattutto tenendo conto che la maggior parte dei costi di estrazione e produzione dei pozzi erano garantiti da prestiti concessi in grande quantità e con una leva che in alcuni casi raggiungeva il 90 per cento del totale. In sostanza, la stessa cosa accaduta negli anni del boom immobiliare con i mutui concessi senza garanzie alcune.

Detto in altri termini, con il crollo del greggio, in alcuni casi i costi sono aumentati del 100 per cento, perché i giacimenti hanno fermato la produzione e non c’era più la materia prima estratta per coprire le spese del debito. Per alcuni analisti ed esperti di geopolitica questo era proprio lo scopo che si erano prefissi l’Arabia Saudita e i paesi dell’Opec con la loro decisione di non diminuire la produzione per evitare la caduta dei prezzi. Mandare fuori gioco lo shale: senza più la scusa del prezzo basso sarebbero emersi tutti i rischi ambientali di un metodo di estrazione particolarmente invasivo e sarebbe esplosa la bolla finanziaria che ci stava alle spalle.

Per chi non è amante dei grandi complotti, va ricordato che lo shale è vittima anche dell’eccesso di offerta e delle previsioni sbagliate della domanda, complice l’inarrestabile successo delle energie rinnovabili e dei giacimenti progettati anche in luoghi un tempo inaccessibili, quando le quotazioni erano sopra i 110 dollari. E’ significativo che la Iea, l’Agenzia internazionale per l’energia, abbia abbassato per quattro volte le stime della domanda al ribasso nel corso del 2014.

E quando non sono le condizioni economiche a frenare lo sfruttamento del gas e del petrolio da roccia, subentrano le resistenze ambientaliste e delle comunità locali. E’ il caso della Gran Bretagna, unico paese della Ue che ha scelto di sfruttare questa risorsa assieme alla Polonia, dove è stata votata una moratoria alla Camera dei Comuni per le attività di esplorazione, in attesa di studi più approfonditi sulle conseguenze al territorio. Ma anche dell’Algeria: nella capitale c’è stata da poco una grande manifestazione degli abitanti dell’area in cui è stato scoperto uno sconfinato giacimento (200mila miliardi di metri cubi di gas, sfruttabile per il 10 per cento almeno). Il Governo ha sospeso le attività, per il momento. Ma non è detto che lo stop prosegua: i giacimenti di gas algerini sono vantaggiosi con il petrolio a 130 dollari e il budget statale si basa al 95 per cento sull’esportazione di idrocarburi.

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