La cupola bipartisan di Milano

Caro Operai Contro, aveva ragione l’ex Prefetto di Milano a dire che ” a Milano non c’è la mafia”. Sotto la Madunina si chiama “cupola bipartisan”, il padrino  è Matteo Renzi che, ai primi arresti per l’Expo tuonò: ” basta retate”. “Una cupola bipartisan”, come l’ha definita il pubblico ministero, Claudio Gittardi. I cinque delinquenti condannati ieri, sono patentati ladroni di vecchia data, passati indenni sin dai tempi di mani pulite. Da allora è cambiato il tariffario delle mazzette. Nonostante la recidiva non andranno in carcere. Sembra che a prevalere nel patteggiamento sia stata la preoccupazione che mettendoli in […]
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Caro Operai Contro,

aveva ragione l’ex Prefetto di Milano a dire che ” a Milano non c’è la mafia”. Sotto la Madunina si chiama “cupola bipartisan”, il padrino  è Matteo Renzi che, ai primi arresti per l’Expo tuonò: ” basta retate”.

“Una cupola bipartisan”, come l’ha definita il pubblico ministero, Claudio Gittardi.

I cinque delinquenti condannati ieri, sono patentati ladroni di vecchia data, passati indenni sin dai tempi di mani pulite. Da allora è cambiato il tariffario delle mazzette.

Nonostante la recidiva non andranno in carcere. Sembra che a prevalere nel patteggiamento sia stata la preoccupazione che mettendoli in carcere, ne potrebbero arrivare di peggiori al loro posto.

Allego l’articolo de ” La Stampa”. Saluti da un lettore.

Milano, patteggia la cupola dell’Expo

Cinque imputati ammettono i reati e, nonostante la recidiva, non andranno in carcere. Risarciti 160 mila euro

Al telefonino intercettato se la ridevano: «Noi siamo una squadra…». Più di sei mesi dopo sono diventati «una cupola». Secondo il pubblico ministero Claudio Gittardi, «una cupola con appoggi politici bipartisan» in grado di pilotare gli appalti di Expo 2015. Mancano 154 giorni al Grande Evento e un altro capitolo giudiziario si chiude. Magari non il più importante per volume d’affari. Di sicuro quello che ha destato più scalpore per il nome dei tangentisti. Tutte vecchie conoscenze fin dai tempi di Tangentopoli. Da Primo Greganti, il compagno G delle mazzette targate Pci e che oggi secondo l’accusa avrebbe giocato in proprio e che ha patteggiato 3 anni di carcere più di 10 mila euro di risarcimento. A Gianstefano Frigerio, l’uomo della Dc, che stavolta se la cava con una pena patteggiata a 3 anni e 4 mesi. Fino all’ex senatore del Pdl Luigi Grillo che risarcisce 50 mila euro e chiude la partita con una condanna a 2 anni e otto mesi di carcere ma ci tiene a far sapere che c’entra niente e il patteggiamento è solo per definire la vicenda.

Carcere virtuale si capisce. Sono agli arresti domiciliari dal primo giorno. Hanno già passato sei mesi di detenzione a casa. Hanno diritto di accedere alle misure alternative. E fa niente se sono recidivi. Dai reati di allora ad oggi sono passati molto più di quei 5 anni che per la legge sono un’aggravante. Quindi tutto in regola, nessuno abbia da ridire. Anche se l’8 maggio quando vennero arrestati, più di uno rimase colpito da quella sfilza di nomi d’antan che faceva tanto Prima Repubblica. Basito l’ex magistrato Gherardo Colombo: «Non è cambiato nulla». Basiti al Financial Times: «Stesso copione degli Anni Novanta».

Da aggiornare giusto il tariffario delle mazzette. Dal solito 3% abbassabile fino al 2,20% causa crisi. Ma su appalti stramilionari, come quello sulle Architetture di servizio che valeva ben 67 milioni di euro. A spartirsi la torta a parte «i politici» c’erano anche lì i soliti noti. Dall’imprenditore Enrico Maltauro che patteggia una condanna a 2 anni e 10 mesi all’ex esponente ligure dell’Udc-Ndc Sergio Cattozzo che se la cava con 3 anni e 2 mesi all’ex manager di Expo Angelo Paris che chiude la sua pendenza giudiziaria con una condanna patteggiata a 2 anni 6 mesi e 20 giorni e che risarcisce la stessa Expo 2015 con 100 mila euro. Alla fine fra tutti hanno restituito 160 mila euro che sembra una miseria. Rimane fuori da questa tornata di patteggiamenti Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, la società finita sotto inchiesta e all’origine di questa sottoindagine. Sta aspettando di trovare un accordo con Expo per non averla tra le parti civile. Processata la «cupola» rimane da vedere se Expo 2015 arriverà indenne al traguardo e riuscirà a sopravvivere ad altre indagini. Tra quelle note ci sono quella sui lavori della piastra e per le Vie d’acqua che ha portato in carcere Antonio Acerbo accusato di aver favorito il figlio con alcune commesse. Acerbo prima che si dimettesse era il responsabile del Padiglione Italia, la vetrina sul Grande Evento.

 

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