STORIE DI VITA

STORIE  DI DISAGI, PRECARIETA’ E DISPERAZIONE DALLA SICILIA. Qualche settimana fa ho raccontato le vicissitudini politiche siciliane, colmate con il governo regionale Crocetta Ter, adesso invece voglio raccontare vicende di disagi e disperazione che fanno solo delle apparizioni fugaci sulle cronache locali, ma raccontano la vita reale delle persone. Voglio precisare che tutti i dati riportati derivano da organi informativi ufficiali e convenzionali dell’Isola, perciò la situazione “sul campo” potrebbe essere peggiore da quanto raccontato. VERSO LA DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE? Delle vertenze industriali siciliane si è parlato spesso anche su queste pagine, quando chiudono, o rischiano di chiudere delle fabbriche […]
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STORIE  DI DISAGI, PRECARIETA’ E DISPERAZIONE DALLA SICILIA.

Qualche settimana fa ho raccontato le vicissitudini politiche siciliane, colmate con il governo regionale Crocetta Ter, adesso invece voglio raccontare vicende di disagi e disperazione che fanno solo delle apparizioni fugaci sulle cronache locali, ma raccontano la vita reale delle persone. Voglio precisare che tutti i dati riportati derivano da organi informativi ufficiali e convenzionali dell’Isola, perciò la situazione “sul campo” potrebbe essere peggiore da quanto raccontato.

VERSO LA DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE? Delle vertenze industriali siciliane si è parlato spesso anche su queste pagine, quando chiudono, o rischiano di chiudere delle fabbriche è sempre un dramma, ma quando questo avviene in un contesto socioeconomico come quello siciliano è una tragedia! Per capirci, da dove abito nel raggio di 100 kilometri non ci sono fabbriche degne di questo nome. Al di la dei dati statistici, la produzione industriale siciliana è data dalla raffinazione dei prodotti petroliferi, ma anche dalla produzione della chimica di base. Le industrie manifatturiere e quella trasformative, sono  assolutamente marginali. Allora difendere le industrie siciliane significa, nei fatti, combattere contro la desertificazione industriale incipiente, anche se ci sarebbe bisogno di una totale riconversione industriale, ma questa è un’altra storia. Delle tante vertenze, però, quella delle Acciaierie Siciliane di Catania, l’unica industria siderurgica dell’Isola, è veramente paradossale. L’acciaieria, che recupera e lavora i metalli riciclati,è in sofferenza per i costi energetici eccessivi. Come e perché ciò avviene in un territorio che raffina la maggior parte del petrolio utilizzato in Italia è veramente un mistero!

PERDETE OGNI SPERANZA VOI CHE CERCATE. È un dato diffuso recentemente dall’Istat: in Sicilia ci sono cinquecento mila giovani che non studiano ne cercano un lavoro, da anni,vivono con le pensioni o altri proventi delle loro famiglie. Il peggior dato italiano, sia in termini assoluti che relativi! Questo dato fa sfalsare la percentuale della disoccupazione, calcolata su gli inoccupati che un lavoro lo cercano ma non lo trovano. Se si tenesse conto di questi giovani la disoccupazione  schizzerebbe alle stelle, anche in questo modo si altera la realtà facendola apparire diversa.

LA FORMAZIONE NON PAGA. Per parlare delle vicissitudini della formazione in Sicilia ci vorrebbe un libro, tralasciando le innumerevoli inchieste giudiziarie che hanno investito questo settore, io voglio,invece, occuparmi degli aspetti sociali dei lavoratori della formazione: ci sono ottomila lavoratori, con vario titolo, che non percepiscono lo stipendio con regolarità. Alcuni di loro non vengono pagati da ventiquattro mesi! Allo stesso tempo ci sono cinquemila alunni che non possono assolvere all’obbligo scolastico perché i molti corsi non vengono attivati. Spesso questi lavoratori hanno inscenato proteste anche molto accese, ma poi arrivano le elemosine e le acque si calmano, come dopo la venuta del messaggero di Renzi, un caso? Una curiosità: il 60% dei corsi sono per parrucchieri ed estetisti, forse la Sicilia è troppo ventosa e scompiglia i capelli?

L’ISOLA DEI PRECARI. Quantificare il precariato in Sicilia è veramente un’impresa, un esercito mantenuto in perenne ricatto. Spesso, in periodi di ristrettezze (per il popolo), loro sono i primi a pagare, allora presi dalla disperazione inscenano proteste anche molto plateali, ma poi si trovano le risorse per tappare dei buchi, si elargiscono le elemosine, si accontentano dei disperati ma se ne creano altri da qualche altra parte. Un ciclo senza fine. E così che si regge il potere che sostiene tanti porconi ben pasciuti. Adesso è il turno dei precari dei Cantieri dei Servizi di Barrafranca, non pagati da mesi: hanno occupato i locali del comune, sono saliti sui tetti e hanno minacciato gesti inconsulti. Anche la chiesa,guarda caso,ha sostenuto la protesta, cercando le sovvenzione tra i parrocchiani, quali saranno i nuovi disperati di turno? Per non parlare dei lavoratori dei CALL CENTER, un altro esercito di disperati! In Sicilia ci sono migliaia lavoratori “dietro le cornette” che lavorano per molte imprese anche del Nord Italia, ma anche gli uffici della sanità lombarda, sono sbarcati in Sicilia in cerca di disperati disposti a lavorare per pochi spiccioli.

UN TERRITORIO IN VENDITA. Nel ragusano si sta delineando una vera emergenza sociale: migliaia di case e terreni con serre sono state pignorati  per debito non saldati. Un intero tessuto economico si sta sbriciolando sotto il rullo compressore della crisi economica. Le banche, ma anche la grande distribuzione, si stanno accaparrando di case e terreni fertili tolti a chi si era illuso di vivere del proprio lavoro. In un’occasione una famiglia si è fatta murare in casa da un muratore per non farsi pignorare la casa!

MA C’E’ LA VITA DELLE PERSONE. Al di la di tutte le parole scritte e dette vi è la vita reale con tutti i suoi drammi: dopo il caso della torcia umana raccontato da me su questo telematico, ci sono stati altri tre suicidi e altre quattro torce umane salvate all’ultimo momento. Un operaio disoccupato si è suicidato con accanto all’immagine di CHE GUEVARA e con il tasto dell’articolo uno della costituzione, lasciando una lettera di commiato con scritto: “Questo è un omicidio di stato, perché non rispetta il primo articolo della sua costituzione”. Oppure, nel mio paese ci sono degli alunni che percorrono otto chilometri al giorno per raggiungere la Scuola Media perché la famiglia non può pagarsi l’autobus, oppure non frequentano le attività pomeridiane perché non hanno i due euro per la mensa. Sempre dalle mie parti a mio nipote, operaio presso un centro commerciale, il proprietario, dopo averlo assunto a part-time per un certo tempo, gli ha proposto: “Se vuoi continuare a lavorare con me, con gli stessi soldi (500 euro il mese!) mi devi lavorare a tempo pieno per sempre!”.  Che cosa dire poi dei tanti pensionati, soprattutto a Catania, che razzolano tra i resti della frutta e della verdura nei mercati rionali per recuperare qualcosa di commestibile?

I “POMPIERI” IN AZIONE.  Come mai questa devastante situazione socioeconomica non produce proteste organizzate e durature, ma quasi solo gesti isolati? Be perché qui i “pompieri”, coloro attrezzati a spegnere i fuochi delle proteste sanno ben fare il proprio mestiere: appena si delinea un disagio sociale c’è qualcuno, o qualche istituzione che “mette una mano sulla spalla” e indirizza ad una soluzione tampone individualistica. L’importante evitare le aggregazioni e le proteste organizzate. Svolgono molto bene questo ruolo la chiesa e il movimento dei forconi: le parrocchie a Milazzo a un mese dall’incendio hanno organizzato una fiaccolata con veglia di preghiera finale! Cosi a Gela ci sono parroci che si sono fatti portavoce degli interessi operai; mentre Mariano Ferro gira l’Isola mettendo mani sulle spalle evocando “Una regolamentazione del mercato”!

CONCLUSIONI. Anche in Sicilia l’unica soluzione sarebbe un vero partito operaio, ma prima il popolo si deve liberare degli abbracci dei finti amici.

PIERO DEMARCO

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