Proteggeva i cristiani, ora è il macellaio di Nazareth

Redazione di Operai Contro, in un mondo che applaude i bombardamenti dei macellai USA In un mondo che continua a massacrare gli immigrati ecco quello che potrà accadere in futuro Ti riporto un articolo del Corriere Un lettore Francesco Battistini DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME – Il Macellaio di Nazareth è scomparso nel nulla otto mesi fa. «Rabia Shedade era un bravo ragazzo», lo descrive un suo compagno del corso d’ingegneria: «Un atleta, un mezzo genio, il migliore in tutte le materie. Uno pacifico, amico di tutti, anche degli ebrei. Non l’ho mai sentito parlare di jihad o dei ribelli […]
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Redazione di Operai Contro,

in un mondo che applaude i bombardamenti dei macellai USA

In un mondo che continua a massacrare gli immigrati

ecco quello che potrà accadere in futuro

Ti riporto un articolo del Corriere

Un lettore

Francesco Battistini

DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME – Il Macellaio di Nazareth è scomparso nel nulla otto mesi fa. «Rabia Shedade era un bravo ragazzo», lo descrive un suo compagno del corso d’ingegneria: «Un atleta, un mezzo genio, il migliore in tutte le materie. Uno pacifico, amico di tutti, anche degli ebrei. Non l’ho mai sentito parlare di jihad o dei ribelli in Siria, dire che bisogna colpire qualcuno. Se c’era un problema, era il primo a dare una mano». Niente a che fare con gli ammazzacristiani: «Ricordo che nel 2006, quando ci fu la guerra del Libano, qualcuno uscì dalla moschea e tentò d’entrare nella Basilica dell’Annunciazione: buttò dei petardi proprio dove c’è la Grotta di Maria, spaventò i pellegrini. Rabia allora si mise di guardia, organizzò il servizio d’ordine. Diceva che bisognava garantire la pace a tutti, anche a chi veniva per pregare Gesù». Un giorno Rabia Shedade, 26 anni, arabo israeliano di Nazareth, s’è fatto crescere la barba. Ha smesso di frequentare le lezioni all’università Illit-Jezril. Ha lasciato la moglie incinta, sposata quattro mesi prima. Ed è riapparso su Facebook, in un video con la bandiera del Califfato: «Berremo il vostro sangue!», grida con una lama in mano e in bocca messaggi di morte. «Guardatelo bene – tuona subito dopo un compagno barbuto, alle sue spalle -: lui è Rabia Shedade, il macellaio venuto da Nazareth!».

L’orgoglio dei Nazareni

Di tutti gli arruolati, è forse quello che più inorgoglisce l’Isis. Perché Rabia Shedade non è solo uno dei (pochi) palestinesi che hanno lasciato Israele per costruire lo Stato islamico. E’ il primo pescato in Galilea, nella città simbolo dei cristiani. Qualcosa che sul fronte iracheno e siriano va propagandato per bene: a Mosul, i miliziani islamici passano casa per casa a segnare le porte degl’infedeli con una “n” (ن), la “nun” dell’alfabeto arabo. “N” come “nasrani”, nazareno, ovvero seguace di Cristo. Da uccidere sul posto. Questa parola è un insulto, quand’è pronunciata dai tagliagole dell’Isis. Ma nelle ultime settimane è diventata un simbolo d’identità e di resistenza, adottato anche da chi non è cristiano: una giornalista della tv libanese Lbci, Dima Sadeq, è andata in onda ai primi d’agosto indossando una maglietta nera e una grande “ن” gialla sul petto, «siamo tutti del popolo di Nazareth».

«Pregate per me»

Nessuno sa spiegare come e quando il Macellaio abbia maturato la scelta. «Negli ultimi tempi era solo più taciturno…». In giugno è nato suo figlio, che porta lo stesso nome, ma lui non l’ha visto: «Ho provato a contattarlo sul web – dice un amico -, mi ha risposto che si trova in Siria, nella zona di Aleppo, e che è felice d’aver scelto di combattere Bashar Assad. Ha detto di pregare per lui». Significato simbolico a parte, la storia di Rabia somiglia a quella di centinaia di volontari del jihad partiti da tutto il mondo. Non sono molti i simpatizzanti dell’Isis in Cisgiordania o a Gaza: su YouTube, si trova la satira sul Califfato recitata da attori palestinesi, con tagliagole imbranati e ignoranti. Però c’è un’area di consenso: uno sheik è stato fermato dalla polizia, dopo un discorso pubblico a sostegno di Al Baghdadi, e sui social network vengono postate bandiere nere sullo sfondo di Akko e di Umm al-Fahm, città arabe israeliane. «Non ci sono cose del genere nella nostra città – aveva garantito il sindaco di Nazareth, Ali Salem, a un giornalista tv che gli mostrava immagini di tifosi dell’Isis -, chi lo dice è un bugiardo e un provocatore». Pochi giorni, e il Macellaio gli ha risposto.

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