Eni, la protesta degli operai di Gela a Roma

Redazione di Operai Contro, dopo Gela gli operai sono saliti a roma T’invio un articolo Sono 340 i lavoratori della raffineria di Gela e dell’indotto oggi a Roma per partecipare alla manifestazione indetta dalle federazioni dei chimici di Cgil, Cisl e Uil; un’agitazione che si affianca al giorno dello sciopero generale proclamato in tutte le aziende del gruppo Eni presenti sul territorio nazionale. Sette i pullman partiti da Gela, con a bordo non solo lavoratori chimici, edili e metalmeccanici, ma anche rappresentanti del consiglio comunale di Gela.  Dopo lo sciopero e la manifestazione di ieri, nella città siciliana in provincia […]
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dopo Gela gli operai sono saliti a roma

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Sono 340 i lavoratori della raffineria di Gela e dell’indotto oggi a Roma per partecipare alla manifestazione indetta dalle federazioni dei chimici di Cgil, Cisl e Uil; un’agitazione che si affianca al giorno dello sciopero generale proclamato in tutte le aziende del gruppo Eni presenti sul territorio nazionale. Sette i pullman partiti da Gela, con a bordo non solo lavoratori chimici, edili e metalmeccanici, ma anche rappresentanti del consiglio comunale di Gela.

 Dopo lo sciopero e la manifestazione di ieri, nella città siciliana in provincia di Caltanissetta, proseguono i presidi di lavoratori alla raffineria. L’adesione allo sciopero del gruppo Eni è stato del 90% nei siti produttivi. Lo riferiscono i sindacati che hanno organizzato un presidio davanti a Montecitorio a cui partecipano i leader di Cgil, Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti insieme alle categorie dei chimici.

I lavoratori hanno incassato il sostegno anche dei senatori del Pd che chiedono un ripensamento delle strategie aziendali. Sulla vertenza domani è previsto un incontro al Ministero dello sviluppo economico. Per Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, è “un banco di prova per il governo nazionale”.

Intanto un’accusa pesante arriva dalla lettera aperta di don Luigi Petralia, parroco della chiesa Santa Lucia e consigliere spirituale del governatore della Sicilia, Rosario Crocetta: “Lobby politiche, economiche e affaristiche avrebbero interessi a lucrare sulle necessarie attività di bonifica e smaltimento” del petrolchimico di Gela, una volta chiuso. Il sacerdote di Gela si dice insospettito dalla “insistenza divenuta stringente sulla dismissione degli impianti di Gela” e, andando col pensiero al terremoto de L’Aquila, intravede il “volteggiare di sciacalli”. Questo “terremoto industriale avrebbe l’effetto di mettere in ginocchio l’economia e lo sviluppo di Gela – scrive il parroco – ma consentirebbe a questi gruppi d’affari interessati al dopo-raffineria di arricchirsi sul sangue dei caduti”.


Quando hanno annunciato la mobilitazione odierna interna al gruppo del Cane a Sei Zampe, i sindacati hanno puntato il dito contro la chiusura di tre raffinerie, “oltre alla drammatica situazione di Gela, dove rischiano il lavoro più di 3500 persone”, le posizioni rese note da Eni sul blocco di investimenti, il ridimensionamento degli assetti industriali e occupazionali e della politica energetica del Gruppo nel Paese. “L’annuncio shock dell’Eni di mettere in discussione l’intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia comporta pesanti ricadute sull’intero sistema industriale e occupazionale nel nostro paese, facendo terra bruciata sull’industria italiana”, hanno detto i segretari generali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil, Emilio Miceli, Sergio Gigli e Paolo Pirani chiedendo un incontro al premier. “Il Governo chiarisca se l’Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all’azionista di riferimento”, hanno concluso.

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