Riflessioni sulle recenti tendenze del movimento operaio in Cina

RASSEGNA STAMPA Suki CHUNG –        Con la rapida crescita economica crescono in Cina anche le contraddizioni prodotte dalla strategia di sviluppo capitalistico, e producono un crescente scontento popolare. –        1993-2006, in Cina il numero degli scioperi operai e delle protese contadine è passato da 8 700 a oltre 90 000 l’anno, o secondo alcuni studiosi a oltre 180 000 nel 2010, a dimostrazione che le scelte di sviluppo economico sono antipopolari e tese al profitto. –        Scioperi, manifestazioni e scontri sono aumentati da oltre 60mila nel 2006 a oltre 80mila nel 2008; nel solo 2009 ci sono state in Cina 90mila proteste […]
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RASSEGNA STAMPA

Suki CHUNG

–        Con la rapida crescita economica crescono in Cina anche le contraddizioni prodotte dalla strategia di sviluppo capitalistico, e producono un crescente scontento popolare.

–        1993-2006, in Cina il numero degli scioperi operai e delle protese contadine è passato da 8 700 a oltre 90 000 l’anno, o secondo alcuni studiosi a oltre 180 000 nel 2010, a dimostrazione che le scelte di sviluppo economico sono antipopolari e tese al profitto.

–        Scioperi, manifestazioni e scontri sono aumentati da oltre 60mila nel 2006 a oltre 80mila nel 2008; nel solo 2009 ci sono state in Cina 90mila proteste sociali di massa, tendenza continuata negli anni successivi.

–        In questo contesto lo Stato cinese è stato costretto a cercare di regolamentare le relazioni sociali e del lavoro con nuove legislazioni nazionali (2001, Legge sui sindacati; 2007, Legge sul contratto di lavoro; 2011, Legge sulla Previdenza sociale), per creare un migliore sistema legale di protezione dei diritti dei lavoratori e di welfare.

Lo Stato cinese sembra aver imparato a meglio gestire e a rispondere alle proteste operaie, quando costretto dal dilagare dello scontento; le frequenti ondate di scioperi e proteste organizzate da lavoratori e contadini stanno però a dimostrare l’incompletezza e provvisorietà di questa legislazione, solo formalmente a favore dei lavoratori ma nella sostanza favorevole al capitale e anti-democratica.

–        In questo contesto di crescente forza delle lotte operaie per diritti e rappresentanza, abbiamo verificato che la classe operaia si è dimostrata una potente forza che ha inciso non solo sull’economia ma anche sulla politica dello Stato cinese.

Si può prevedere che i lavoratori avranno in futuro maggiore capacità di farsi valere e di avanzare ulteriori rivendicazioni, mentre per quietare i conflitti sociali il governo dovrà ricorrere più spesso a carota e bastone:promozione di negoziati salariali E penalizzazione e marginalizzazione di attivisti operai e di organizzazioni operaie non governative.

Sindacalizzazione e negoziazione

Le regioni industrializzate della Cina, come le province di Guandong e di Zhjiang, hanno di recente introdotto iniziative per autorizzare e addirittura appoggiare sindacati di fabbrica per consultazioni collettive con la direzione. Sono nel Guangdong – dove si trovano la maggior parte delle centri urbani costieri –  le iniziative di gestione democratica delle imprese considerate più avanzate.

Si tratta di una politica diretta dal governo centrale per riconciliare lo scontro capitale-lavoro-Stato.

Lo stato-partito rafforza il ruolo e responsabilità del sindacato ACFTU per incanalare le rivendicazioni operaie nel quadro istituzionale, fornendogli potere statale e risorse.

Una campagna nazionale di “sindacalizzazione”, iniziata nel 2008-2009, che prende di mira in particolare multinazionali o gruppi esteri che operano in Cina.

Molti dei 500 maggiori gruppi listati da Fortune sono stati costretti da ACFTU a creare sindacati, tra essi Walmart e Coca Cola.

Di fronte alla crescente ondata di proteste operaie (ad es. quello nel 2010 presso Honda) ha costretto governo e ACFTU  a riconoscere la forza delle rivendicazioni operaie; ACFTUsta cercando di costringere un maggior numero di fabbriche a firmare contratti collettivi e creare sindacati locali, concentrandosi però sui gruppi esteri.

Secondo un esperto, sotto pressione di ACFTU, nel 2010 sono stati siglati contratti collettivi in quasi 100 grandi imprese, riguardanti circa 3,8 milioni di lavoratori; la maggior parte di questi contratti sono stati però firmati dopo che si erano intensificate proteste radicali operaie nella regione del Guandong.

Gli scioperi e le lotte operaie degli ultimi anni hanno fatto registrare un balzo qualitativo nel movimento dei lavoratori cinesi, in quanto hanno costretto il partito di Stato a rispondere alle rivendicazioni operaie con leggi nazionali e istituzionalizzando i negoziati salariali al fine di prevenire gli scioperi.

Diversamente dai modelli negoziali collettivi del Guandong, che sono il risultato dell’attivismo operaio, la sindacalizzazione e i negoziati collettivi della provincia del Jiangsu (regione del delta dello Yangtze) sono meno frutto di lotte che espressione della forte presenza dei sindacati gialli a vari livelli, i quali dall’alto danno il via e gestiscono i negoziati  contrattuali, dai grandi gruppi statali cinesi, a quelli privati esteri, a quelli municipali; il tutto obbedendo alla politica di ricerca della “stabilità sociale”, regolamentando la competizione del capitale e le relazioni del lavoro.

I quadri negoziali collettivi sono finalizzati soprattutto alla creazione di uno stabile meccanismo di adeguamento salariale, il che non è altro se non un “matrimonio di necessità” tra lo Stato-partito, l’AFCTU e imprese per istituzionalizzare il modello di negoziati salariali al fine di evitare gli effetti di contagio del malcontento operaio.

Nel cosiddetto processo negoziale sono assenti in Cina tre fattori essenziali: un sindacato indipendente con capacità negoziali; rappresentanti eletti dai lavoratori; il diritto di sciopero.

Anche nel Guangdong, nonostante lo sciopero o le lotte operaie abbiano un peso, il nodo cruciale della sindacalizzazione rimane nelle mani del partito.

Le nuove sfide per le ong locali: cooptazione o coercizione

Lo sviluppo delle Ong del lavoro in Cina è solo in fase iniziale a causa di una serie di restrizioni istituzionali e di risorse.

Lo Stato cinese per motivi di stabilità sociale può arbitrariamente riprendersi lo spazio che apre alla società civile.

Il governo sorveglia strettamente, limita o addirittura impedisce lo sviluppo delle ong che forniscono servizi ai lavoratori e li organizzano le questioni inerenti i lavoratori invece, data la valenza politica delle questioni del lavoro.

 

In Cina ci sono 4 tipi di Ong:

  1. quelle che si occupano dei diritti dei lavoratori e sono protette dal governo;
  2. quelle che utilizzano la denominazione di Ong per ottenere fondi da fondazioni estere etc.
  3. quelle create da individui di istituzioni, come docenti, ricercatori o professionisti legali, che, pur indirettamente, sono in vario modo collegate al governo.
  4. E infine quelle formate soprattutto da lavoratori o vittime del lavoro, attivisti o che hanno esperienza di lotte operaie. Molti di questi gruppi hanno un sostegno esterno (anche da Hong Kong) per sopravvivere. Alcuni si registrano al ministero degli Affari Civili come “impresa privata”, molti operano a livello informale, con il rischio di repressione da parte del governo perché “illegali” e “indipendenti”.

I due centri rurali nel Sichuan e nel Chonging di Labour Action China (LAC) sono registrati formalmente presso l’Ufficio Affari Civili, ma la sede di collegamento nello Shenzen può operare sono informalmente, se non clandestinamente.

I gruppi operai indipendenti nel Sud urbano (ad es. Guangdong) rischiano maggiormente la repressione sociale o politica di quelli delle regioni rurali (ad es. Sichuan).

Nonostante la loro condizione di precarietà, essi rappresentano un’importante forza di base che appoggia le lotte collettive dei lavoratori migranti, offrendo sostegno paralegale, istruzione, formazione, mediazione nella contrattazione e riunioni con i compagni lavoratori. Le Ong di Hongkong forniscono sostegno finanziario, informazioni, idee e modelli di lavoro per la maggior parte di questi ONG, soprattutto nella regione del Fiume delle Perle.

LAC ha organizzato attività per promuovere la cooperazione e il reciproco sostegno tra i vari partner Ong sia nel Guangdong che nelle province interne. L’integrazione campagna città è un punto chiave dei suoi obiettivi organizzativi.

Negli ultimi mesi il governo ha introdotto misure che sembrerebbero diminuire il controllo delle Ong; in realtà sta seguendo un approccio duplice: cooptazione della maggioranza e repressione la minoranza per rafforzare il controllo statale.

Lo Stato sta mobilitando enormi risorse affinché le organizzazioni della società civile cadano sotto l’influenza del partito, “impiantando” l’apparato del partito nelle organizzazioni e cooptando le Ong di base tramite il finanziamento dei loro servizi.

Il nuovo compito assegnato dal governo a GDFTU è di “guidare” le organizzazioni sociali e le Ong del lavoro; per fare ciò essa deve collegarsi alle Ong operaie finanziandone i servizi sociali, bilanciare gli interessi delle parti e conciliare i conflitti sociali.

Diverse organizzazioni in difficoltà per mancanza di fondi sono costrette a scegliere tra essere cooptate dal governo o essere represse perché non cooperative. È in questo modo che il sindacato di Stato mantiene il proprio monopolio.

Per lo sviluppo delle organizzazioni sociali nella Cina continentale, oltre all’apertura da parte dei gruppi di Hongong, è fondamentale che cresca in essa la consapevolezza e il sostegno materiale.

Il lavoro di LAC, risultati e effetti

Negli ultimi 8 anni LAC ha operato per organizzare i lavoratori migranti e le vittime di malattie professionali, dando sostegno alle loro lotte e alle azioni legali. Puntiamo a costruire una coscienza politica e la solidarietà dei lavoratori tra le vittime di incidenti e malattie, e a sostenere i loro sforzi organizzativi.

La campagna per i diritti delle vittime del lavoro è stata condotta non tanto a livello di luogo di lavoro quanto su una piattaforma più ampia a livello sociale, per sollecitare i lavoratori migranti ad esprimersi e mobilitarsi come forza.

Oltre l’assistenza per le rivendicazioni di indennizzo, LAC ha mobilitato diversi partner sociali (ad es. sindacati e Ong internazionali) perché forniscano maggior spazio, risorse e solidarietà ai lavoratori cinesi. Abbiamo organizzato i lavoratori per le trattative con il capitale, non solo i diretti datori di lavoro in Cina ma anche le associazioni commerciali e industriali a livello internazionale. Data la tendenza di rilocazione di capitali e fabbriche dal Sud urbano al Nord più rurale, alla ricerca di forza lavoro a minor prezzo, LAC considera sia molto importante perseguire una strategia di integrazione rurale-urbana. I due centri del Sichuan e del Chongqing parteciperanno direttamente alla gestione di dispute del lavoro e all’organizzazione di giovani lavoratori, data la crescente presenza di industrie a intensità di forza lavoro.

Nei prossimi anni nelle province nordoccidentali coesisteranno “vecchi” lavoratori migranti che tornano a casa nelle province rurali e “nuovi” lavoratori di fabbrica. La sfida consisterà nell’organizzare sia l’esercito di riserva di giovane forza lavoro che le vittime del lavoro che tornano a casa.

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