Marchionne: in Italia nessuno a casa

Redazione di Operai Contro, il gangster Marchionne ha capito che basta raccontare frottole. Il piano 2014-2018 di Fiat-Chrysler, presentato dall’a.d. Sergio Marchionne e dai vertici del gruppo nella sede Chrysler di Auburn Hills, piace ai sindacati, che parlano di rilancio della produzione in Italia e di investimenti vicini ai 10 miliardi. Cosa promette il gangster Marchionne? Pieno utilizzo della struttura di Pomigliano, produzione Jeep a Melfi, investimenti per Mirafiori, Grugliasco e cassino. E, soprattutto, l’obiettivo di non mandare nessun lavoratore a casa, nessun licenziamento e la reintegrazione dei cassaintegrati. Con il presidente di Fiat John Elkann, che ha parlato […]
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Redazione di Operai Contro,

il gangster Marchionne ha capito che basta raccontare frottole.

Il piano 2014-2018 di Fiat-Chrysler, presentato dall’a.d. Sergio Marchionne e dai vertici del gruppo nella sede Chrysler di Auburn Hills, piace ai sindacati, che parlano di rilancio della produzione in Italia e di investimenti vicini ai 10 miliardi.

Cosa promette il gangster Marchionne?

Pieno utilizzo della struttura di Pomigliano, produzione Jeep a Melfi, investimenti per Mirafiori, Grugliasco e cassino. E, soprattutto, l’obiettivo di non mandare nessun lavoratore a casa, nessun licenziamento e la reintegrazione dei cassaintegrati.

Con il presidente di Fiat John Elkann, che ha parlato di una giornata “più che positiva per l’Italia”. “Siamo impegnati a non mandare nessuna a casa”, a ”non licenziare”, ha detto Marchionne che, rispondendo a una domanda sul reintegro dei cassaintegrati ha aggiunto: “quando arrivera’ l’industrializzazione dei prodotti rientreranno tutti quanti”.

Marchionne afferma “S’intravede la fine del tunnel dopo la lunga cassa integrazione che ha colpito gran parte dei lavoratori del gruppo, a partire da Mirafiori. A Melfi, è previsto nel piano, verranno prodotte nel 2018 200.000 Jeep; Pomigliano, ha assicurato Marchionne, sarà completamente utilizzato. “Quando un’impresa decide e propone di fare investimenti e lavorare in Italia, dopo una discussione lunga sul fatto che questa impresa sarebbe o non sarebbe rimasta un protagonista industriale, di certo è un segnale positivo”, ha commentato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.

A Detroit mancano la Fiom e la Cgil, i leader di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Ci sono però i principali esponenti dei sindacati metalmeccanici che ci tengono tutti a ricordare il positivo effetto degli accordi firmati con il Lingotto, a partire da quello di Pomigliano. “Oggi si è chiuso un cerchio di un’azione sindacale responsabile e possiamo guardare positivamente al futuro”, ha dichiarato il segretario generale Giuseppe Farina. “Siamo riusciti – ha aggiunto il segretario nazionale Fim, Ferdinando Uliano – a difendere l’occupazione e gli stabilimenti e creare le condizioni per portare investimenti nel nostro Paese”.

“Tutto è cominciato da Pomigliano”

Redazione di Operai Contro,

2500 operai di Pomigliano sono ancora fuori

a mirafiori sono ancora in cassa

La fiat di termini Imerese è stata chiusa

L’Iribus è stata chiusa

La fiat di Cassino è in cassa integrazione

Sarà bene che gli operai rispondano al gangster Marchionne

Un osservatore

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1 Comment

  1. luigi

    Redazione di Operai Contro,
    a mio parere dovete fare pubblicità al seguente libro:
    American Dream di Marco Cobianchi, editore Chiarelettere,

    L’iperattivismo di Sergio Marchionne lo si nota soprattutto dalla frequenza con cui presenta i suo ipiani industriali. Alla Fiat, infatti, non si sono mai prodotte tante slide come con lui. Tra il 2004 e il 2013 la società presenta ben otto piani. L’inchiostro non fa in tempo ad asciugarsi che subito ne arriva uno nuovo. Tuttavia, ogni volta che ne presenta uno, nessuno si accorge che le promesse che contiene sono scritte sulla sabbia poiché pochi mesi prima ne aveva già presentato un altro e pochi mesi dopo ne avrebbe illustrato un terzo. Tutti diversi.

    Nel primo piano industriale, quello dell’agosto 2004, dal titolo The New Fiat Group: A Commitment to Execution, Marchionne promette il lancio di dieci modelli in tre anni. Passa un anno e ne garantisce 17 nei successivi quattro anni, più 13 restyling insaporiti da 9,55 miliardi di investimenti per l’auto. Alla presentazione del terzo piano (novembre 2006), vengono invitati, per la prima volta, anche operai e impiegati. I miliardi da investire salgono a 16 e i modelli scendono a 15. Inoltre, per il marchio Alfa, promette cinque nuovi modelli: ne arriveranno due e “mezzo” perché dell’8C Competizione verranno prodotti appena 500 esemplari. Il quarto piano, quello del 2009, riguarda soprattutto le attività americane della Chrysler e, sempre nell’anno, sotto Natale, Marchionne presenta lo spettacolare “Piano per l’Italia”: 30 nuovi modelli in 24 mesi e 8 miliardi di euro di investimenti nell’Auto . Ma è ancora niente: quattro mesi dopo illustra “il più straordinario piano industriale che il nostro paese abbia mai avuto”, l’indimenticabile “Fabbrica Italia”, che provocherà la spaccatura tra i sindacati, il referendum di Pomigliano e l’uscita della Fiom dalle fabbriche Fiat. Quel piano prevede 20 miliardi di investimenti per triplicare la produzione italiana di auto e arrivare a vendere, insieme a Chrysler, ben 6 milioni di vetture nel mondo con addirittura 47 novità da lanciare sul mercato. Dopo appena 14 mesi, “Fabbrica Italia” viene ritirato e Marchionne ripiega su un ben più modesto piano industriale (il settimo) che prevede il lancio di due Suv, peraltro mai visti. Con l’ottavo piano (30 ottobre 2012), si abbassano i target di vendita: da 6 milioni di auto si scende a 4,6, massimo 4,8, e i modelli da lanciare calano a 30. Sui miliardi di investimenti Marchionne preferisce soprassedere.

    A forza di programmare lo sviluppo della Fiat, Marchionne ne ha realizzato il declino. Ha mantenuto circa il 50 per cento delle promesse fatte nei suoi otto piani industriali e delle 64 nuove auto che voleva lanciare ne ha realizzate 33. Voleva produrre 6 milioni di vetture nel mondo, ma nel 2012 ne ha costruite, calcolando anche Chrysler e i camion Iveco, solo 4,4 milioni.

    Nel frattempo, nell’arco del 2013, in Europa sono state immatricolate 11.850.905 auto, di cui 724.283 vetture del gruppo Fiat, pari a una quota di mercato del 6,1 per cento. Ma questa percentuale comprende anche i veicoli venduti dalla Fiat in Italia, pari a 374.217 unità. Se si esclude il mercato interno, la quota Fiat nel resto d’Europa è di appena il 3,3 per cento. Per soddisfare la domanda del vecchio continente sarebbe sufficiente la fabbrica polacca di Tychy, che da sola produce quasi 800.000 auto l’anno.

    di Marco Cobianchi

    da Il Fatto Quotidiano del 7 maggio 2014